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Spirali ‒ Appunti di un vissuto di Maria Lanciotti

Spirali ‒ Appunti di un vissuto di Maria Lanciotti
Giugno 19
07:34 2024

Spirali ‒ Appunti di un vissuto di Maria Lanciotti

 Erano i giorni della lunga veglia/ e dei fiori lanciati/ a denti stretti

Fin da ragazza Maria Lanciotti scriveva per giornali e riviste locali. Ma forse nessuno allora immaginava, e probabilmente neppure l’autrice, che quella vena creativa sarebbe diventata col tempo un flusso copioso che non si sarebbe più arrestato.

Quante pubblicazioni sono venute fuori dalla sua penna e che sotto certi aspetti rappresentano la sua memoria storica ma anche collettiva.

Serena Grizi, che ha curato l’introduzione al recente libro della Lanciotti “Spirali ‒ Appunti di un vissuto” Edizioni Controluce 2022, ad un certo punto nella sua interessante disamina dice di Maria:  “… una donna che ha vissuto tante vite, fra cui quella della scrittura declinata nelle forme della poesia, della narrativa, della drammaturgia, fra decine di registri diversi, e in una forma, spesso, ‘politico/sociale’: lo sguardo è, insiste, dentro le cose ed interviene non solo per fare arte ma per dire la propria opinione fino in fondo. Un mistero per me  resta anche il ‘dove’ attinga la forza di prodursi in tante direzioni”. E nella brevissima nota in quarta di copertina si legge riferito all’autrice: “Ama la parola scritta  e se ne serve, rispettosamente, per indagare la vita e il mondo e prima ancora se stessa”.  

Di fronte a tante energie  e creatività,  non so perché, ma forse per la voglia istintiva di fare accostamenti e confronti, m’è venuta in mente la Dickinson, la grande poetessa americana, che in tutta la sua vita è stata sempre in casa senza mai sentire l’interesse per la vita sociale e senza mai affrontare la realtà; la sua poesia è per questo un discorso immaginario, mentre al di là della sua abitazione si stava costruendo una società puritana, un grande capitalismo.  Maria Lanciotti, invece, ha voluto affrontare la vita in tutte le sue manifestazioni e problematiche. E “Spirali” nasce senza dubbio dalle tensioni, dalle sofferenze, dai disagi, dal pensare e toccare con mano le ingiustizie e i drammi della vita. Il libro fa riferimenti alla guerra, alle grandi svolte storiche, alle trasformazioni sociali, del mondo del lavoro, delle abitudini, del modo di pensare, un susseguirsi di vicende che hanno cambiato il mondo.

Improvvisi squarci di storia: Hiroshima, Nagasaki, Vietnam (da Nuvole e fumo) scritti nel testo a lettera minuscola e tra parentesi. Forse perché ormai fanno parte del mucchio incalcolabile delle vicende umane. Tutto alla fine diventa pallido ricordo la cui drammaticità viene dal tempo stemperata. Lo scorrere veloce del tempo, l’avvicendarsi tumultuoso degli eventi, suggeriscono alla poetessa anche versi brevi, taglienti, pieni di sospensione e allusioni. La narrazione perciò varia di toni  e di attese: dallo stupore si può passare alla tristezza, dal dolore alla gioia, dalla sorpresa al previsto.

Un vissuto variegato e sorprendentemente complesso:

Dura la legge del Creato e meravigliosa: nulla mai si riposa, nulla mai concede riposo;/percezioni attinte all’esistenza, incessantemente la mente elabora e trasmuta;” (da Ecclèsia).

“Va sempre in alto/ e lontano/ quest’anima inquieta/ perdendosi spesso/ per ritrovarsi” (da Brevemente). E ancora: “Apro il cuore al bacio della notte/ e il pianto raccolgo/ e la promessa/ d’uno sbocciare nuovo”;  “Ho tutto dentro agli occhi./ Anche se li chiudo, non è mai buio”; “La nonna non verrà più a trovarci./ Davanti alla sua foto è acceso un lume”.

Il dolore è dell’essere umano e come la fede non ammette distinzioni e differenze. La ‘musulmana’ in ospedale in attesa di un trapianto: “‘Domani mio turno’/ e prega/ prega prega/ ché torni salva ai suoi figli”.

L’artista è come un radar che capta presenze invisibili. Ungaretti e Montale per questo sono considerati i testimoni dell’angoscia del loro tempo. Il filosofo Bauman sostiene che la globalizzazione ci ha resi così vulnerabili che o nuotiamo o affoghiamo tutti insieme. E il professore Pastorino, medico chirurgo,  osserva che la globalizzazione ha schiacciato l’uomo rendendolo un bullone nell’ingranaggio economico da lui stesso costruito.

La nostra poetessa dice che la vita è lotta, mistero, sofferenza, ricerca continua. La rinuncia, l’alienazione, il lasciarsi andare è morte. “Libertà: sei in questo mio anelarti, cercarti senza fine?/ (…) non nell’isola ti trovo, Libertà, ma nella dipendenza in armonia”.

“Comparsa/ d’una farsa millenaria/ m’innamoro del Cristo/ che andava per le strade/ a seminare dubbi”. La ricerca, il dubbio creano tensioni e benessere dell’animo. Senza di essi non si risale la china: “Scacciare lontano/ l’ombra del male/ ‒ lontano lontano ‒/ che la dissolva/ la luce/ delle forze benigne”.

I versi richiamati indicano la linea di pensiero della poetessa, una creatura nata con una forte vocazione artistica continuamente in dubbio, desiderosa di conoscere se stessa, la vita, le ansie, le sofferenze del mondo, ma anche la gioia che può venire dalla conoscenza. E l’essere sempre presente a se stessa e nella vita sociale l’ha resa partecipe, tra l’altro, del disagio psicologico derivante dal dominio di una realtà virtuale, in cui è difficile mantenere la barra diritta: “I bambini non ci guardano/ non vogliono più saperne di padri/ e di lezioni a catena./ Vivono da eroi il loro tempo/ senza leggende e utopie”. E il dramma dei profughi: “Fuggono,/ senza direzione, cercando/ il primo approdo,/ una coperta e un pane,/ una parola buona”.

Il discorso qua e là si fa spesso drammatico come quando parla dei “Ragazzi del ’99” (E pensavo a te) mandati al fronte da cui solo pochi torneranno indietro; o dei “Paisà” (Inverno 1944) dello sbarco alleato sulle nostre coste: la guerra ha sempre il volto della barbarie: “E dire del tramonto infuocato/ che accende mura bombardate/ e il carbone degli alberi scheletriti/ e mozzi,/ e quel ronzare nero di mosconi/ sui corpi scomposti in mezzo ai sassi,/ e dire dello sguardo scolorato/ dei fuggiaschi/ estranei quasi al soffrire disumano”. (I colori della barbarie).   

 

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