SOSTENIBILITA’ E CONSUMI ALIMENTARI
Il consumo annuale di carne delle società occidentali è mediamente di 100 chilogrammi a persona. Il consumo di carne è piIù alto nei Paesi ad alto reddito, con i maggiori mangiatori di carne in Australia, che consumano circa 116 chilogrammi a persona. Le tendenze di consumo in tutta l’Africa sono varie; alcuni Paesi consumano circa 10 chilogrammi a persona, ma le nazioni ad alto reddito come il Sud Africa consumano tra i 60 e i 70 chilogrammi a persona.
La maggioranza dei dati usati in questa News sono derivati dalla pubblicazione “Environmental Impacts of Food Production” https://ourworldindata.org/environmental-impacts-of-food
Nutrire il mondo in modo sostenibile è una delle nostre sfide più importanti per i prossimi decenni. La carne gioca un ruolo fondamentale in questo. La carne è un’importante fonte di nutrimento per molte persone in tutto il mondo. La domanda mondiale di carne è in crescita: negli ultimi 50 anni la produzione di carne è più che triplicata. Il mondo ora ne produce più di 340 milioni di tonnellate ogni anno.
Ma la produzione di carne ha un grande impatto ambientale: tra i fattori più impattanti citiamo l’aumento delle emissioni di gas serra, l’uso di terreni agricoli, l’utilizzo di acqua dolce. Una delle sfide più urgenti del mondo è: come produrre e consumare carne, latticini e altri prodotti proteici in modo da ridurne l’impatto ambientale?
Quali sono gli impatti ambientali dell’alimentazione e dell’agricoltura?
- La produzione di cibo rappresenta oltre un quarto (26%) delle emissioni globali di gas serra;
- La metà della terra abitabile del mondo (senza ghiaccio e/o deserto) è utilizzata per l’agricoltura;
- Il 70% dei prelievi globali di acqua dolce viene utilizzato per l’agricoltura;
- Il 78% dell’eutrofizzazione globale degli oceani e delle acque dolci (l’inquinamento dei corsi d’acqua con inquinanti ricchi di nutrienti) è causato dall’agricoltura;
- Il 94% della biomassa dei mammiferi (escluso l’uomo) è costituito dalla biomassa del bestiame per uso alimentare.
Mangiare carne di manzo o agnello, anche di produzione locale, ha una impronta ecologica superiore alla maggior parte degli altri alimenti. Che siano cresciuti localmente o spediti dall’altra parte del mondo, conta molto poco per le emissioni totali di gas serra. I trasporti in genere rappresentano meno dell’1% delle emissioni di gas serra attribuibile alla carne bovina: la scelta di mangiare carne locale ha effetti minimi sulla sua impronta ecologica totale. Che tu l’acquisti dal contadino della porta accanto o da lontano, non è il luogo che fa grande l’impronta ambientale della tua cena, ma il fatto che sia carne di manzo.
Quanta acqua serve per produrre un chilo di carne? In Italia una media di circa 11.500 litri di acqua per produrre 1 kg di carne, e solo il 13% di questa viene effettivamente “consumato”. Il restante 87%, è costituita dall’acqua impiegata nella coltivazione delle materie prime per l’alimentazione degli animali. Sulla base della tipologia di carne i consumi di acqua variano molto. A fronte dei 15.415 litri che servono per realizzare un chilo di carne di manzo, ci sono 6.000 litri per un chilo di carne di maiale e 4.300 litri per un chilo di carne di pollo.
Quando si tratta di affrontare il tema del cambiamento climatico, l’attenzione tende a concentrarsi sulle diverse fonti energetiche e le possibili soluzioni di “energia pulita”: tra queste la diffusione di energia da fonti rinnovabili; miglioramenti nell’efficienza energetica; passaggio al trasporto a basse emissioni di carbonio. In effetti, l’energia, sotto forma di elettricità, calore, trasporti o processi industriali, rappresenta la maggior parte delle emissioni di gas serra. Ma anche il sistema alimentare globale, che comprende la produzione e i processi di lavorazione e distribuzione, contribuisce in modo determinante alle emissioni. Ed è un problema di cui si parla molto poco e per il quale non abbiamo ancora soluzioni tecnologiche praticabili. Abbiamo bisogno di fertilizzanti per soddisfare la crescente domanda di cibo e non possiamo impedire al bestiame di produrre metano. Avremo bisogno di un insieme di soluzioni: modifiche alle diete; riduzione degli sprechi alimentari; miglioramenti nell’efficienza agricola; e tecnologie che rendono le alternative alimentari a basse emissioni di carbonio scalabili e convenienti.
Il dibattito che oggi anima il mondo agricolo sul piano scientifico ruota intorno al tema tecnologia e innovazione per una agricoltura sostenibile. Il binomio agricoltura-innovazione è ormai una equazione inderogabile. L’innovazione in agricoltura è sempre stato il maggiore fattore di sviluppo e di cambiamento. Introdotta in maniera empirica nei millenni, per tentativi e grazie alla capacità di osservazione e di sintesi dei nostri avi, oggi si rende necessaria per fronteggiare il binomio produttività e sostenibilità ambientale.
“Il clima visto dal mio piatto” è la prospettiva molto concreta scelta dagli esperti sul clima delle Nazioni Unite per allarmare classi politiche e cittadini sulle conseguenze dirette del riscaldamento globale, che ipoteca la sicurezza alimentare di tutto il pianeta. “Cambiamento climatico, desertificazione, degrado dei terreni, gestione sostenibile dei suoli, sicurezza alimentare e flusso dei gas ad effetto serra degli ecosistemi terrestri“, è una verosimile traduzione del titolo del rapporto del Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC) delle Nazioni Unite, pubblicato nel 2019 e che all’epoca tanto clamore suscitò nei media di tutto il mondo. Titolo originale “Climate change and land: An IPCC special report on desertification, land degradation, sustainable land management, food security, and greenhouse gas fluxes in terrestrial ecosystems”, scaricabile da Internet.
Velletri 2030, insieme a CREA -Velletri (Cantina Sperimentale), ITIS Giancarlo Vallauri, IISS Cesare Battisti indirizzo Tecnico Agrario, aveva intuito l’importanza dell’innovazione tecnologica in agricoltura già nel 2015, promuovendo un’azione in questa direzione, successivamente riproposta agli inizi del 2019 alla luce delle nuove tecnologie disponibili. A Velletri ci sono tutte le risorse necessarie per un progetto specifico. Oggi è diventato un cammino imprescindibile che bene si sposa con la promessa di Programma dell’Ammininstrazione in carica. ” ……… Una visione di agricoltura moderna in grado di conciliare la sapienza con l’innovazione sarà il filo centrale del programma specifico per un settore che assume un ruolo strategico crescente………..”. Suggeriamo di partire nel fare qualche esperienza nel campo degli impianti agrivoltaici. Quali sono le caratteristiche minime e i requisiti che un impianto fotovoltaico dovrebbe possedere per essere definito “agrivoltaico”? A rispondere sono le Linee Guida in materia di Impianti Agrivoltaici diffuse dal Ministero della Transizione Ecologica (MiTE). E i soldi? È pubblicato sul sito del MiPAAF (Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali) l’avviso recante le modalità di presentazione delle domande di accesso alla realizzazione di impianti agrivoltaici a cui sono destinati 1,5 miliardi di euro nell’ambito della misura PNRR “Parco Agrisolare”. Per gli interessati, l’avviso e i suoi allegati sono disponibili al seguente link:
Pubblicato l’Avviso per la misura M2C1-I.2.2 “Parco Agrisolare”
Il tema “agricoltura e produzione alimentare sostenibile” è molto controverso e rappresenta una sfida per l’intera umanità, forse superiore al tema degli approvvigionamenti energetici. Secondo il nuovo studio pubblicato recentemente da Oxfam “Fixing our Food“, aumentare la produzione di cibo, come proposto da molti sostenitori dell’agricoltura industriale, a prescindere dai costi ambientali che ne deriverebbero, non aiuta ad azzerare la fame nel mondo. Abbiamo quantità di cibo sufficiente a sfamare l’intera popolazione mondiale. Serve al contrario garantire una distribuzione più equa rimuovendo i fattori che determinano l’aumento dei prezzi alimentari, come l’uso fuori controllo dei terreni agricoli per scopi diversi dalla produzione di cibo. La soluzione non è produrre sempre più cibo, che ha un costo ambientale enorme. Invece, dobbiamo distribuire il cibo che produciamo in modo più equo, ridurre gli sprechi alimentari, e utilizzare meno prodotti alimentari per produrre biocombustibili.
Non ci sono commenti, vuoi farlo tu?
Scrivi un commento