Sospesi
Tra fiducia e speranza, rifiuto e disperazione
L’Italia in questo periodo assomiglia molto al famoso studente intelligente e dalle grandi potenzialità, ma che non ‘si applica’, o alla mitica Citroën Dyane che «se c’avesse una carrozzeria migliore, un motore più potente, una tenuta…, sarebbe una bomba».
Tutti ci dicono che è una grande Nazione che ce la può fare a risollevarsi: il made in Italy, i tesori dell’arte, l’artigianato, prodotti agricoli e specialità alimentari senza pari, le bellezze naturali, la cultura, ed anche l’industria che, nonostante il calo, resta una delle prime al mondo, scienziati e professionisti di grande valore. Queste belle considerazioni, però, anziché confortare allarmano.
Come mai, con tutto questo bendidio, siamo da tanto una delle ultime ruote del carro? Ognuno si da la risposta che più gli piace, sono tutte valide: la politica corrotta e incapace, una burocrazia che sembra studiata apposta per inceppare ogni cosa, ragioni storiche, ambientali e caratteriali, e via di questo passo. Forse sarebbe il caso di considerare due elementi, più che altro di natura psicologica: la scarsa attitudine alla sincerità e la enorme attitudine al masochismo. E infatti, come nelle gare sportive, quasi sempre la colpa è della racchetta che ‘non risponde’, della bici poco adatta, del pallone che rimbalza male; difficilmente qualcuno riconosce, come è nella maggior parte dei casi, che la colpa sta nel ‘manico’.
E d’altra parte accade quasi sempre che appena le cose, dopo tanti sacrifici, sembrano aggiustarsi, c’è l’impulso fortissimo a distruggere e a farsi del male. Gli ultimi accadimenti politici, straordinari nel senso di fuori dalle regole – dimissioni a scoppio programmato di parlamentari e ministri – manifestano proprio una volontà distruttiva cieca e mirata al particulare di basso profilo. Queste continue docce fredde non possono che aumentare il senso di interdizione e spaesamento che assale i cittadini, i quali sentono arrivare il puzzo dalla testa del pesce e si preoccupano per la sorte delle loro povere code. Alle grandi difficoltà concrete della vita quotidiana si aggiunge così un malessere sotterraneo che trattiene ogni slancio positivo, in una sorta di attesa infinita e senza indirizzo. Scema la voglia di lottare, che pure è positiva di per sé. La situazione è grave, ma determinata da tante stoltezze e piccolezze di piccoli uomini, che non merita neanche il nobile lutto “delle cetre appese alle fronde dei salici” come recitano il salmo e la poesia di Quasimodo. Se non torna a scattare qualche molla c’è un serio rischio di apatia esiziale.
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