Sogno d’inverno
È la mattina del 4 febbraio, molto presto, ancora sonnolenti, si parte per la montagna. Una giornata di sole, un buon viaggio. Arrivati in albergo accendo la TV, è in programma RAI Sport. Si parla di sport, di tutto lo sport, dal Rugby al Basket, la Pallavolo, lo Sci, l’Atletica, persino ginnastica e Ping Pong. Cosa succede, ho sbagliato canale? Altra anomalia, la sigla finale non invia immagini concernenti il calcio.
Il calcio, uno sport che non è più tale da tantissimi anni, bensì un’industria, che si comporta come un’associazione di dilettanti. Tutti i costi sono a carico della società, sicurezza, ordine pubblico, controllo dei tifosi. I guadagni appartengono ai Presidenti, familiari e a giocatori ed allenatori miliardari. Interessi pubblicitari e d’immagine inducono dirigenti e giocatori a comportamenti da star, dove il pubblico funge da cassa di risonanza, e il tifo organizzato da valvola di sfogo per una società ed organismi politici repressi. Tutto alla luce del giorno, per la difesa d’interessi societari indefinibili. È l’anormalità in una condizione sociale ordinaria.
Una giornata di sport, di passeggiate con la famiglia, di giochi e carnevale con i bambini. Ciò nonostante non è una bella giornata, il ricordo di una tragedia legata al calcio non è indice di festa. Siamo al fondo o, come di solito, nell’ipocrisia di un mea culpa che confinerà l’episodio come sintomo di un’esigua minoranza?
I giorni passano, ed i bla… bla occupano i media, dai giornali alle TV. È l’11 di febbraio, molto presto, stanchi e sonnolenti si parte dalla montagna, si torna a casa. Una giornata nuvolosa, un viaggio discreto, la radio trasmette “tutto il calcio minuto per minuto”. Dove sono i propositi? Gli interessi economici sono superiori alla dignità umana. Viene spontaneo chiedersi: perché per 20 Euro una persona deve prestare servizio, con relativo rischio della propria incolumità, per garantire la sicurezza di rampanti giovani miliardari attori in un campo di calcio? E perché la società deve pagare un servizio d’ordine per manifestazioni dove si sperperano miliardi per interessi privati, senza che nulla sia investito per la sicurezza della manifestazione? Se un’associazione sportiva può permettersi di spendere miliardi per individui che corrono dietro un pallone, perché non può garantire dei servizi per i propri sostenitori ed atleti? È sufficiente la scusa della proprietà degli stadi?
Ed il pullman corre, lungo l’autostrada che ci sveglierà da un sogno d’inverno.
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