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Siria: morte nel silenzio

Siria: morte nel silenzio
Aprile 24
08:55 2013

Un quartiere di Aleppo, dopo una battagliaSono fin troppe le guerre dimenticate nel mondo. In Siria, invece, sembra che i riflettori della stampa mondiale siano più o meno presenti ma, nonostante la tragedia a cui assistiamo giorno per giorno, pare che il vortice di sangue continui a scorrere in modo inarrestabile e che sia impossibile porvi barriera alcuna.

È evidente come gli equilibri internazionali siano tali da paralizzare qualunque sviluppo della guerra sia in un senso che nell’altro. La “primavera araba” ha rovesciato i regimi in diversi paesi; in Libia, però, il cambiamento ha richiesto persino l’intervento militare dall’esterno (vedi i bombardamenti aerei della NATO). Ma in Libia ci sono risorse importantissime, invece in Siria no. Tale è l’evidenza dei fatti e questi dovrebbero scuotere la coscienza di qualsiasi osservatore. Per un attimo l’opposizione interna al regime siriano sembra che abbia sperato che la “primavera araba” si potesse ripetere anche nel proprio paese ma, verosimilmente, si è trattato di una tragica illusione perché la Siria riveste una posizione strategica troppo importante per rimanere in balia dei movimenti interni dei cittadini.
Certo è che chi avesse caldeggiato questa illusione, anche dall’esterno, sia che lo avesse fatto in buona fede, in nome di una presunta democrazia, sia che lo avesse fatto per cinici motivi strumentali, ha contribuito ad aprire la porta ad un tragico destino per una moltitudine di innocenti. In primis le categorie più deboli dei bambini, delle donne e degli anziani, di cui si parla sempre poco, come se fossero una vittima sacrificale inevitabile o, peggio, una zavorra di cui disfarsi in vista solo della vittoria, cioè l’unica cosa che possa avere importanza per delle menti tanto spregiudicate quanto criminali. Purtroppo il contesto è troppo complesso per poter offrire una via d’uscita: c’è il perenne dualismo tra sciiti e sunniti, un equilibrio geopolitico fragile e pericolosissimo da toccare che coinvolge potenze come l’Iran, Israele, ma anche indirettamente la Russia, gli USA, persino la Cina, mentre l’Europa è alle prese con la crisi. D’altra parte il regime siriano è apparso da subito chiuso e trincerato in una sorta di torre d’avorio, grondante di sangue, incapace di dialogo, ma solo di repressione brutale. Un atteggiamento cinico che si commenta da solo e che pare farsi beffa persino delle regole più elementari della democrazia e del rispetto dei diritti umani, mentre la comunità internazionale rimane a guardare: ma considerate com’è grande la differenza con la Libia!
Occorre chiedersi: può avere un futuro un regime come quello siriano? È imbarazzante soltanto l’idea che tra non molto tempo le acque dovessero calmarsi e tutto dovesse ricominciare come prima, con le migliaia di morti sulla coscienza, il suk medioevale di Aleppo distrutto, le memorie storiche ammirate dai turisti di tutto il mondo andate irrimediabilmente danneggiate. Tutto questo in nome di cosa? Della difesa di un regime sordo, ottuso e dello status quo? O di una presunta democrazia da conquistare a costo di troppi morti e che serve, in realtà, non proprio a beneficio dei cittadini, ma soltanto a rovesciare gli equilibri geopolitici nell’intera area geografica contro l’Iran o contro altre potenze maggiori? Ma i belligeranti hanno un barlume di preoccupazione per le vittime innocenti? Sinceramente mi risulta troppo difficile, non saprei proprio da quale parte voltarmi…Intanto la situazione rimane nello stallo più completo, come fosse in balia di una tragica trappola, mentre la comunità internazionale sembra non voler fare nulla… e in Italia cosa si dice? Poco o niente. Sangue, morte, indifferenza e silenzio: vuol dire uccidere e morire due volte.

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