Sindaco, no, non vendere
Un pittore conosciuto ed apprezzato, che sin dagli anni ’50 aveva portato la pittura buona, di livello, a Rocca di Papa, con mostre ed estemporanee patrocinate dalla Pro Rocca e negli spazi dell’Associazione ospitate.
Non ci voleva molto a capirsi, bastava rivolgersi a uno che le cose nostre le sa, uno come me. Che della pittura rocchiciana so da Tojetti all’avvocato Siri, da Remo La Banca a Giulio Croce, da Uruk a Pizzi Cannella. In quel concorso del 1964 stavo in giuria, non da consigliere comunale (ero di minoranza), Cavaldesi mi coinvolse come intenditore. Con lui mi rapportavo, sapeva della mia passione. Aggiungo: per strutture complesse da tempo esiste un elenco numerato chiamato inventario, entro al quale ad ogni numero corrisponde un oggetto con descrizione e collocazione. L’inventario non è una buona abitudine, è obbligatorio. Se manca, succedono sparizioni e sottrazioni o ricerche alla Ridolini come avvenute per il quadro in questione. Quadro che assolutamente non può vendersi. Essendo di proprietà comunale per alienarlo andrebbe avviata una procedura codificata. E non può vendersi perché sta nel patrimonio pubblico. Disfarsene sarebbe dequalificante. Come se la parrocchia per far cassa vendesse San Carlo. E poi, chi fisserebbe la “cifra adeguata”? Di Carfagna non sappiamo cosa pensi dell’espressionismo astratto di Pollock né dello spazialismo di Fontana. D’altra parte, il quadro è buono, molto buono. Chi garantisce che da “altre interessanti manifestazioni artistiche” con la vendita finanziabili provenga un risultato all’altezza? Cedere il certo per l’incerto, non è stato mai affare consigliabile.
Il Comune si tenga il quadro. Deve tenerselo, non può venderlo. Se lo facesse, mi risentirei, ricorrerei in tribunale, a Velletri. Chi lo vuol comprare se ne può fare, invece, una fotografia, evitando così che il quadro esca dall’ufficio nel quale è sempre stato, da quando l’Anagrafe fu lì trasferita.
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