Simone Giustinelli porta in scena “Girotondo”
Nei primi due weekend di ottobre, presso lo spazio teatrale “Carrozzerie n.o.t.” a Ponte Testaccio, andrà in scena lo spettacolo tratto dall’opera dell’austriaco Arthur Schnitzler diretto dal giovane regista romano Simone Giustinelli. Un’opera scritta tra il 1897 e il 1900, ma portata in scena per la prima volta solo nel 1920, che vede coinvolti 10 personaggi provenienti da estrazioni sociali eterogenee ma che allo stesso tempo sono molto vicini e simili, proprio in quanto esseri umani, per la natura dei bisogni che hanno, per i sentimenti che provano e per gli stati d’animo che di volta in volta entrano in gioco nella fitta e complessa rete dei rapporti interpersonali e delle dinamiche scaturenti dai rapporti di coppia. Questi ultimi infatti sono
caratterizzati da un incontro, cui fa seguito un contatto e quindi un atto sessuale, per poi finire con un ineluttabile distacco, sempre presente, seppur momentaneo e quasi mai indolore. L’emergente regista mette sapientemente in scena gli istinti più reconditi e turpi della natura umana non tralasciando la metafora dell’opera stessa, di un ciclo inesorabile cioè, un girotondo appunto, che vede il continuo ritorno di situazioni che si reiterano nel tempo portando tristemente in luce le fragilità e le miserie umane che non lasciano via d’uscita al fallimento.
In cerchio come in un girotondo anche gli spettatori che vengono coinvolti e resi partecipi delle emozioni che riescono a percepirsi in modo deciso e forte, come se anch’essi facessero parte della scena, della commedia, che assume a tratti la connotazione di un dramma, che i personaggi interpretano.
La realizzazione dell’opera è curata dalla Justintwo, nuova realtà del teatro romano fondata dallo stesso regista, che benché ventitreenne ha un passato nel teatro classico e vanta già significative esperienze a fianco di personaggi come Pierpaolo Sepe e Baracco, il quale afferma:
“Girotondo è un testo per due attori. Almeno, questo è quello che ho sempre pensato – e che continuo a pensare – di questa particolare operazione drammaturgica. In scena sempre due personaggi, due super-marionette inchiodate dall’autore e costrette a ripetere la stessa storia infinita per dieci quadri, cambiando solo l’abito, la condizione sociale, ma mantenendo inalterato il loro coefficiente di solitudine e disperazione. I personaggi di Girotondo – continua Giustinelli – non hanno speranze, non vogliono concedersele; giocano a prendersi in giro, a muoversi bene, a parlare la lingua dei borghesi – quel vuoto ciarlare su cui Schnitzler, con straordinaria ironia, fonda il suo testo – ma si ritrovano irrimediabilmente soli, frastornati, dimentichi di se stessi. È un testo straordinario la cui riflessione ruota attorno alle relazioni dei cosiddetti esseri umani, alle disparità su cui si fondano i loro rapporti, alle disuguaglianze e alle menzogne che ne costituiscono la spina dorsale.
Una spirale, questa, che nella lettura di Schnitzler non stenta a esaurirsi.”
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