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Simona Morbelli vince la 100km del Tor des Chateaux in relax totale

Simona Morbelli vince la 100km del Tor des Chateaux in relax totale
Maggio 28
06:38 2017

Alla 100km del Tor des Chateaux non è un atleta di sesso maschile a vincere la gara ma la signora Simona Morbelli, e questo è successo in occasione della festa della mamma. L’unico avversario che poteva impensierirla era Giuliano Cavallo che si è dovuto fermare quando mancavano meno di 20 km per problemi di crampi.
Di seguito la classifica femminile e maschile della 100km. 1° Simona Morbelli (1° Assoluta), 2° Annalisa Faravelli, 3° Alessandra Joly, 4° Enrica Bosonin, 5° Alide Foudon, 6° Carmela Vergura, 7° Benedetta Grisone, 8° Federique Trumeau, 9° Rina Gemelli, 10° Lolita Bizzarri.
Il vincitore tra gli uomini è Nicolas Statti che precede 2° Maxim Neganov, 3° Fabrizio Fiorito & Ugo Perucca, 5° Angelo Ferrari, 6° Rudi Perruquet, 7° Sergio Minoggio, 8° Gian Andrea Schiavi, 9° Enrico Colajanni, 10° Fabrizio Galloni.
Sempre socievole e sorridente, alimentata da una forte passione e sostenuta da famiglia e amici, Simona sta riempiendo i serbatoi emozionali di gioia e soddisfazione molto utili per il suo percorso verso prossimi obiettivi importanti e sfidanti come la 100 miles Leadville Race Series.
Di seguito approfondiamo la sua conoscenza attraverso risposte ad alcune mie domande.
Ciao Simona, gara di 100km in casa cosa significa per te? Pressioni, relax? “Se vogliamo escludere l’arrancabirra, gara goliardica corsa agli inizi delle mie esperienze di corsa insieme ad una quasi passeggiata con marito a quella che allora si chiamava Valdigne (2011), questa è stata la mia prima gara in valle. Ero molto emozionata proprio perché, complice un carattere molto chiuso nonostante le apparenze, il non essere valdostana di nascita e gare sempre in giro per il mondo, a parte gli addetti ai lavori, pochi conoscevano quello che nella vita faccio oramai da più di 6 anni. Nonostante questo, il Tor de Chateaux è stata una delle pochissime gare corse con zero pressioni, in relax totale, ero a casa, un pre gara così mai avuto.”
Oramai tu e la tua famiglia siete una squadra, decidete insieme obiettivi e strategie di gara? “Sarebbe bello fosse anche così, in realtà loro possono seguirmi raramente proprio perché gareggio quasi sempre all’estero e spesso parto giorni prima per rendermi conto a cosa andrò incontro in gara.
Il futuro programma stagionale lo stabilisco già alla fine della stagione in corso con il mio allenatore Fulvio Massa, il mio team manager Salomon Italia Andrea Callera e con Gregory Vollet, team manager di Salomon International. Lo sponsor mi propone gare, io e Fulvio altrettante ed alla fine raggiungiamo sempre un accordo.”

Dietro un atleta c’è tanto, non solo passione, motivazione, preparazione, ansie, attese, ma ci sono anche persone, figure professionali, un team e più è performante il livello dell’atleta e più sono richieste figure specifiche di professionisti qualificati per curare i diversi aspetti che concorrono al benessere e alla performance dell’atleta, dalla preparazione psicofisica, dalla preparazione del materiale e attrezzature, nutrizione e tanto altro. Importante diventa la pianificazione degli allenamenti, degli obiettivi, dei viaggi con o senza famiglia.
Ti senti ancora di valere un posto in Nazionale Ultratrail, sono previste convocazioni? “Dopo due partecipazioni ai passati campionati del mondo con la maglia azzurra, 2015 ad Annecy e nel 2016 a Geres, anche quest’anno ho ricevuto l’invito da parte dei tecnici della nazionale a partecipare alle gare di selezione per i prossimi mondiali che si terranno in Italia a Badia Prataglia il prossimo 17 giugno ma ho dovuto rifiutare seppur a mio malgrado. Proprio in virtù della stagione che ho condotto fino ad ora, mi sento molto performante su distanze medie di 50 km, forse, al momento, più che su quelle da 80/100, ma essendo il mondiale a giugno, non potevo permettermi di arrivare in quel periodo con “soli” 50 km nelle gambe, avrei compromesso la stagione delle ultra nonché il mio obiettivo annuale, alla 100 miglia Leadville.”

Quando si ha un obiettivo importante in testa, diventa importante focalizzarsi per la riuscita di quello a cui si aspira, bisogna prendere la direzione che porta alla meta stabilita. Importante mobilitare le energie per trasformare sogni in realtà, certo per ogni scelta ci sono rinunce, importante è essere sereni e consapevoli.
Come mai la scelta di Leadville in California, tua scelta? Sei stata invitata? “Leadville è la mia nemesi. Proposta da Greg già nel 2015 e non corsa perché mi ruppi il quinto metatarso due mesi prima, anche quest’anno, il mio TM ha voluto inserirla nella stagione. Ci crede più lui di me, sono onorata da tanta fiducia nelle mie capacità, Leadville è una delle gare più importanti e dure al mondo, parterre di atleti dal valore assoluto che riescono a correre a 4000 metri per 170 km a temperature torride in meno di 16 ore (basta confrontare i tempi con l’UTMB) ed io che non ho mai corso una distanza del genere accetto proprio di cimentarmi in quel circo. Una pazzia, mi metterò in gioco e vedremo cosa uscirà.”

Nella vita si sceglie il meglio per noi, si cerca di superare muri e barriere, ci si mette in gioco partecipando a competizioni considerate ai limiti della pazzia, ma tutto ciò si affronta dopo un percorso e una maturazione di atleta che gara dopo gara sonda le proprie capacità, incrementa autoefficacia e resilienza, si fida e affida a persone esperte e professionali che ti possano consigliare, guidare e stimolare.
Con l’avanzare dell’età come è cambiato il tuo modo di allenarti? “Ho iniziato tardi a correre, avevo quasi 39 anni, sarà per questo che nonostante passino gli anni, finora ad ogni stagione scopro di essere migliorata in qualcosa. I miei allenamenti sono gli stessi, quello che è cambiato sono i giorni precedenti dove lavoro più mirata nei richiami e nei post gara dove, un po’ perché non sono più una bambina ed un po’ perché con l’esperienza non ho più l’ansia di prima, mi godo giorni di totale relax senza mettere ne scarpe da corsa né da bike. Terme, saune, massaggi e camminate. Ah dimenticavo! Cibo, tanto cibo.”

Autoprotezione e coccole non devono mancare per atleti di sport di endurance che mettono corpo e mente sotto stress, per lunghi periodi e lunghi percorsi, pertanto è indispensabile prendersi cura di sé.
Coccole e autoprotezione hanno posto nella tua preparazione o nel post gara? “Le coccole nel periodo della preparazione le vivrei come una violenza. Non riesco ad avere spazi mentali per coccolarmi, cerco di rilassarmi, di evitare tensioni legate a questioni esterne, ma la focalizzazione sulla gara escludendo tutto il resto è per me l’unico modo per auto proteggermi. Nel post gara invece, divento una bambina di 10 anni. Richiedo coccole da tutti, famigliari, allenatore, amici ma soprattutto mi coccolo attraverso la cura del corpo e mente a 360 gradi. Brevi vacanze, terme, cibo, massaggi.”
In che modo curi la preparazione mentale? “Nota dolente, a sentire allenatore, azienda e famigliari le mie ansie pre gara rasentano l’isterismo. Io nego e ricordo che vivo di ansie a prescindere. Scherzi a parte, conoscere il percorso mi aiuta molto. Mi basta anche fare brevi tratti, capire prima dello start dove mi trovo, il contesto in generale.”

Importante è documentarsi, conoscere, studiare, programmare e pianificare, importantissimo sarebbe farlo con tecniche immaginative di visualizzazione per simulare e arrivare più sicuri e consapevoli.
Qual è una tua esperienza che ti dà la convinzione che ce la puoi fare? “Il nostro cervello cerca sempre di auto proteggersi, ci lancia messaggi, ci dice che il nostro corpo non può più andare avanti, cerca di convincerci che siamo già oltre le nostre umane capacità di sopportazione. I dolori, lo sfinimento, la disidratazione, l’esperienza mi ha insegnato invece che non è sempre così anzi, che non è quasi mai così. Quando credo di non averne più, quando il mio corpo ha “dato il giro”, so che c’è ancora qualcosa dentro di me, qualcosa che nemmeno il mio cervello conosce, quella capacità di resistere, di evolvere all’interno dei cambiamenti, quella che ci ha permesso di essere ancora qui dopo milioni di anni. Se così non fosse, non mi capaciterei del fatto che le crisi passano e dopo mi sento meglio. Basta crederci.”

Con l’esperienza si riesce a comprendersi meglio e di più, si riesce a distinguere se i messaggi sono auto sabotatori o veri messaggi che comunicano l’eventuale compromissione della salute, pertanto ci si comporta di conseguenza superando limiti e barriere mentali ed essendo cauti, attenti e osservatori.
Hai un modello di riferimento, ti ispiri a qualcuno? “No, mai avuti, non ho mai cercato di imitare nessuno per quanto bravo/a fosse, mai desiderato diventare quel qualcuno. Per quanto possa stimare un altro essere umano con grande talento, credo nella soggettività, nell’individualità. Quello che vale per me spesso non vale per qualcun altro.”
C’è una parola o una frase detta da qualcuno che ti aiuta a crederci ed impegnarti? “C è una frase di Usain Bolt che ripeto istintivamente durante gli allenamenti di qualità e sento di non poter più andare avanti a quel ritmo: ‘è quando senti che le tue gambe non possono più reggere il ritmo che devi in qualche modo addirittura accelerare perché solo così potrai migliorare’. Un atleta invece a cui spesso penso in gara è Andre Agassi, il suo libro mi colpì molto.”

Per approfondimenti è possibile consultare, a pag. 141-148, il libro “Ultramaratoneti e gare estreme”, Prospettiva Editrice. Collana: Sport & Benessere, 2016. EAN: 9788874189441.
Mentre è di prossima uscita il libro Maratoneti e ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida.
https://www.edizioni-psiconline.it/anteprime/maratoneti-e-ultrarunner-aspetti-psicologici-di-una-sfida.html

Matteo SIMONE

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