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Sikh, fotografia delle quotidiane difficoltà di una comunità migrante invisibile

Sikh, fotografia delle quotidiane difficoltà di una comunità migrante invisibile
Febbraio 27
14:57 2013

sihkSono 7000 circa gli indiani stanziati in provincia di Latina:
la seconda comunità più grande d’Italia

In Migrazione onlus: “servizi dedicati e volti all’inclusione, la zona di Latina può diventare un laboratorio virtuoso di convivenza interculturale”

Sono circa 7000 gli indiani di religione sikh (raggiungono le 30000 persone tra regolari, irregolari e clandestini) provenienti dalla regione del Punjab che si sono radicati nell’agro pontino. Una comunità enorme, la seconda d’Italia per dimensioni, che insiste su un territorio provinciale esteso e che comprende, ad esempio, le città di Sabaudia e San Felice Circeo.

In Migrazione ha incontrato alcuni di loro per indagarne lo stato di inclusione sociale. Le interviste nel dossier “Punjab, fotografia delle quotidiane difficoltà di una comunità migrante invisibile”, offrono un’istantanea dello stato, soprattutto lavorativo, di queste persone. Uomini di tutte le età, alcuni dei quali in Italia da diversi anni, impiegati per lo più in agricoltura come braccianti e molto spesso vittime di sfruttamento e discriminazioni. Come Hardeep, trentenne da sette in Italia, che come tanti suoi concittadini lavora anche dieci, dodici ore al giorno per 3/4 € l’ora. O Madanjeet, bracciante di ventotto anni da due in Italia, che viene retribuito solo quando il “padrone” (così vengono comunemente chiamati i datori di lavoro dai braccianti sikh) lo ritiene opportuno, arrivando a contare ritardi fino a 6/9 mesi.

La realtà degli indiani sikh è poco conosciuta, eppure comuni sono le sorti di questi lavoratori agricoli che arrivano in Italia pagando prezzi altissimi, sia in termini economici che sociali. Arrivano in Italia già vittime di una perversa triangolazione tra loro, quali parte debole e ricattabile, alcuni trafficanti indiani e imprenditori italiani, vengono impiegati come braccianti, alle condizioni di lavoro e salariali che decide in via eslusiva il datore di lavoro italiano. La non conoscenza della lingua italiana certamente non li agevola, ed anzi pesa sulle loro condizioni sociali e economiche.

“La comunità sikh vive una situazione di pesante isolamento – spiega Simone Andreotti Presidente di In Migrazione Onlus – che amplifica sfruttamento sul lavoro e preoccupanti fenomeni di razzismo. Accrescere i servizi dedicati a questa comunità, a partire dall’insegnamento della lingua italiana, rappresenta una priorità per invertire la tendenza, permettendo tar l’altro a questi nostri concittadini di accrescere il già forte contributo alla vita sociale e all’economia di questi territori”.

Nanda Singh, sindacalista sikh in Italia da 12 anni, spiega bene il meccanismo dei trafficanti della forza lavoro degli indiani del Punjab e denuncia da tempo la rete perfettamente organizzata tra gli sfruttatori di origine italiana che cercano lavoratori a basso costo e i trafficanti di origine indiana procacciatori di giovani braccia.

Di contro, la comunità sikh nella provincia di Latina è particolarmente organizzata, garantendo ai suoi membri indirizzo, sostegno e solidarietà. Ma non è sufficiente quando le condizioni sociali non sono minimamente favorite per un’inclusione che possa definirsi tale e civile: la carenza di servizi dedicati lascia la comunità unico referente per l’assistenza alla persona.

Di questo se ne rendono conto soprattutto i giovani, come Ravi uno studente di sedici anni arrivato in Italia quando ne aveva dieci: “Questo è un problema che è legato agli italiani che non fanno sforzi verso noi, ma anche ai sikh che sono troppo chiusi e non va bene”.

“La provincia di Latina ha tutte le carte in regola – aggiunge Marco Omizzolo responsabile area studi e ricerche di In Migrazione Onlus – per candidarsi come laboratorio virtuoso di inclusione e convivenza interculturale. La volontà della comunità sikh di fare la propria parte per quello che considerano il loro Paese e il possibile sviluppo di un’agricoltura e di un turismo di qualità, sono ingredienti unici, che andrebbero valorizzati, insieme al riconoscimento di fatto di diritti inalienabili della persona. Garantire e stimolare la convivenza, la conoscenza reciproca e legalità sono – conclude Omizzolo – condizioni irrinunciabili, tanto più in un territorio dove continuano a dilagare fenomeni diffusi di ecomafia e sfruttamento”.

L’ufficio stampa In Migrazione Onlus

(Flavia Giannoni 339.6135371)

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