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Siamo veramente strani

Siamo veramente strani
Giugno 24
22:00 2013

Milano, 1958. Foto di Mario de BiasiSiamo un popolo che definire strano è un eufemismo. Uno degli sport nazionali, oltre al calcio, è il gusto di criticare tutto e tutti: non ci sta mai bene niente! Ma soprattutto ci divertiamo sempre a fare scelte da disfare nel più breve tempo possibile. La cartina di tornasole di quanto affermo è, in questi giorni, rappresentata dal neocostituito Governo che, per poter solo pensare di nascere, deve distruggere o quasi le scelte di quello precedente.

Si sta scegliendo di eliminare, almeno in parte, la tassazione sulla prima casa, che è stata una delle scelte operate dal governo Monti per (almeno così fu detto) impedirci di precipitare nel famoso baratro, rimettere l’Italia in un percorso virtuoso e soprattutto convincere l’Europa che ce l’avremmo fatta da soli. Non pretendo di giudicare, non ne ho titolo, ma solo di raccogliere gli elementi per poter riflettere, come credo sia doveroso per tutti quelli che vogliano usare la materia grigia. Ecco quindi che i rappresentanti di quegli stessi partiti che hanno sostenuto l’esecutivo precedente si stanno accingendo a, quanto meno, rivedere le loro scelte, se non addirittura a rimangiarsele, dimostrando una notevole coerenza! Ma allora c’è da chiedersi: hanno sbagliato prima o stanno sbagliando ora? Si tratta di incapacità di governare oppure di colpevole superficialità? In ogni caso ci sono tutti gli elementi per stare preoccupati, anche perché dalla crisi non si esce con le chiacchiere e le mezze misure. Sia ben chiaro, non appartengo al partito delle tasse a tutti i costi, anzi! Andando indietro con la memoria, però, ci accorgiamo che quella delle tasse è sempre stata la leva più facile per ogni governo, di qualsiasi colore politico, e si continua ad esercitare la stessa scelta. Non sarà per caso che i politici sono sempre gli stessi o i loro discendenti hanno ben imparato la lezione? E non mi si venga a dire che sono le regole dell’economia a dettare queste scelte, non è affatto vero. Se nel passato si è avuto un atteggiamento supino nei confronti di scelte sgradite è forse dovuto anche ad un tenore di vita diverso o comunque alla speranza di un futuro migliore. L’aumento delle tasse costituisce l’ultima soluzione da adottare nei confronti di problematiche complesse e di difficile soluzione e comunque solo dopo aver tentato tutte le strade disponibili. Ed è su questo terreno che si vede il valore del buon governatore che voglia e sappia operare per il vero bene dei suoi elettori/connazionali. Guardandoci bene intorno saltano agli occhi almeno due sensazioni: la confusione e l’egoismo. La confusione è determinata dall’enorme mole dei problemi evidenziati dalla crisi economica e dall’incapacità di molti amministratori, che spesso si trovano (grazie all’appartenenza politica) ad occupare inadeguatamente posti di responsabilità che prevedono competenze ben più alte. L’egoismo è quello di una classe politica che antepone le proprie prerogative, acquisite subdolamente ed ormai esercitate con spudoratezza, all’interesse collettivo ed al bene comune. Necessitano perciò delle scelte drastiche, chiare e soprattutto urgenti. Drastiche perché non ci si può più accontentare di adottare delle mezze misure che, invece di risolvere i problemi, rischiano di aggravarli. Chiare perché diano certezze di continuità sia a chi le vive (il popolo) che a chi osserva e giudica (l’Europa). Urgenti perché ormai si è perso anche troppo tempo a causa anche dell’astio politico e man mano che il tempo trascorre lievitano non solo le difficoltà ma anche si riducono le possibilità di scelta. A supporto di quanto sopra, mi fa riflettere una notizia che, di per sé, è anche positiva: un grande Istituto bancario nazionale torna ad assumere, mettendo sul mercato 500 posti di lavoro, riservati a giovani di 24/25 anni entro 18 mesi! Detto così è una buona cosa, ma poi ci si scontra con i dettagli: solo una parte (un centinaio) di posti è a tempo indeterminato, altri 350 a tempo determinato con l’obiettivo (speranza) di trasformarlo in definitivo e una cinquantina (i “migliori”?) avviati a carriera manageriale. Ho riflettuto sulla “drasticità” (si assumono veramente 500 persone?), sulla “chiarezza” (quanti e quando avranno la certezza di un lavoro?) e sull'”urgenza” (scaglionati in 18 mesi). Ho voluto solo riflettere, non criticare, perché, pur di fronte ad una buona notizia, si percepisce quel senso d’incertezza che ormai aleggia come un fantasma sul mondo del lavoro e sui nostri giovani in particolare, ma che non sta a me stigmatizzare. Non so se e quando usciremo da questo tunnel d’indeterminazione che assume anche aspetti di frustrazione, disperazione e ribellione, ma vorrei essere ragionevolmente ottimista e sperare che qualcuno finalmente rispetti con le azioni quei programmi che finora sono stati solo parole.

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