Si rimpiazzano gli uomini, poi si riforma
In nessun paese esiste la corruzione di un settore vitale e di un altro no. O esiste una corruzione occasionale o esiste una corruzione sistemica. Se in Italia la politica è, come si dice, corrotta, essa non può essere corrotta da sola. Essa vive e appassisce in un humus culturale corrotto che riguarda per intero le sfere del sociale. Non esitono, in una società moderna, corruzioni di settori singoli, ma corruzioni capillari, che riguardano tutti i settori strategici per la vita sociale. In questo, l’Italia di oggi non rappresenta una novità, ma una delle tante occorrenze di sistemi che si sono corrotti a macchia d’olio. In genere questi sistemi o si riformano o muoiono da sé.
Riformare non vuol dire cambiare questa o quella cosa, ma cambiare totalmente interi settori proprio in ragione di una salvaguardia del sistema proiettata verso la collettività. In Italia, nell’immobilismo più totale, si parla da decenni di riforma del sistema politico e di quello elettorale, della magistratura, del lavoro, dell’istruzione, della sanità, della finanza, dell’industria, della pubblica amministrazione, tutti settori che qualunque osservatore, guardando l’Italia dalla Luna, troverebbe ad un tale grado di corruzione da necessitare queste riforme.
Nei regimi totalitari la corruzione viene generalmente risolta in modo drastico, ossia con l’eliminazione fisica di tutti i vertici statali da parte del dittatore e dei suoi più fidati collaboratori (le purghe staliniane e nordcoreane sono un tipico esempio in questo senso). Nei paesi autoritari e liberali la soluzione avviene attraverso la rimozione di tutti coloro che rivestano cariche di rilievo, rimpiazzati da altri (è il tipico metodo britannico, austro-ungarico, zarista e americano). In un caso come nell’altro, vengono rimossi tutti gli uomini che sono ritenuti inadeguati al benessere dello stato, prima ancora di riformarne le strutture. Nei paesi illuminati, le persone esautorate dai loro incarichi, inclusi i re che abdicano, vengono mandate a casa con un contentino, ma non le si lascia minimamente metter mano nelle questioni dello stato (in questo sta l’esautoramento del potere), se non in forma consultiva gratuita.
Quando le riforme necessarie, col rimpiazzo degli uomini che dovrebbero realizzarle in luogo dei precedenti, vanno in porto, il sistema progredisce recuperando se stesso, si aggiorna, si rinnova, non perde lo spirito unitario nazionale; quando non va in porto, si ha una crisi che comporta il crollo di una nazione. Il sistema autoritario austro-ungarico e zarista, così come quello dell’ultimo periodo sovietico e della Francia del 1789, 1830 e 1848, non producendo le dovute riforme nei lunghi tempi che gli erano stati consentiti, è crollato, per esser sostituito da un nuovo stato, di altra natura: la corruzione ha finito per sgretolare le giunture di una macchina arrugginita e autoreferenziale per pochi che non reggeva più nel paese reale dei molti. Nel Regno Unito ha prevalso invece la via delle riforme, di riforme su riforme su riforme, garantendo finora una continuità statale monarchica che non è detto che non diventi un giorno repubblicana senza colpo ferire. Gli USA sono più adatti a sopravvivere alla corruzione sistemica, avendo molta agilità nel rimpiazzare le persone nei luoghi strategici di potere, siano essi politici o di carriera interna: loro già lo sanno da prima, e ne escono quasi sempre con onore. Ricordo che come stato l’Italia è più giovane degli USA.
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