Shilpa Ray, armoniche al femminile dalla grande mela.
Shilpa Ray sbarca a Roma direttamente da New York City, aprendo le finestre capitoline ai suoi armonici spifferi taglienti dell’indie rock in evoluzione oltreoceano.
Le Mura a S. Lorenzo in città, ospitano questa band della grande mela, nelle notti trascorse di un dolce aprile sempre pieno di proposte e slanci sonori, strada per strada.
Il concerto è aperto da un nascente gruppo di volenterosi ragazzi di Torino, la band “Il terzo istante”, recentissima per nascita, che ci presenta il cd “Il fine giustifica i mezzi” del 2011, un incontro con nove brani rockettari in madre lingua.
Poi si passa a Shilpa, donna d’origini mediorientali, che si presenta al suo folto pubblico in grossa percentuale forestiero, in veste dismessa, arieggiando malinconicamente in apertura, melodie dalla sua armonica a mano elettrificata, in accolito con la band, che si diletta nell’interscambio tra basso e chitarra, cosi come nell’utilizzo d’una particolare chitarra in orizzontale, che il chitarrista, Jon Catfish DeLorne,ama letteralmente pizzicare, chiamandola in arte “Pedal Steel”, munito di particolari anelli a mò di plettro.
Queste le originalità della formazione, nata nel 2007 e già al terzo disco, “Last years savage” del 2015, album che la band sta portando in questa primavera, in tourneè europea tra l’Italia e la Francia.
E l’album, così come le boccheggiate manuali dei teneri e suadenti arti di Shilpa sull’armonica, impenna su stilemi urlati per poi ritornare di nuovo a tenere litanie malinconiche, e tra alti e bassi, scivolano i brani, raccontandoci, in uno slang americano, le storie di tutti i giorni delle periferie newyorkesi, ed i magici sentimenti di questa donna, che filtra le sue emozioni con seducente voce sul suo particolare strumento che assume i toni d’un elettrica danza ossessiva alla maniera dei gitani antichi.
Questi gli scenari di quello che si ama definire l’evoluzione del grunge, il tema di certo parte da quello, ma nel caso di Shilpa, è così personificato in carattere di donna suadente, che pesca dalle sue sconosciute, forse anche a lei stessa, origini indoeuropee, liriche quasi balcaniche, ed ispeziona in musica, l’universo dimenticato delle danze d’un tempo, o perché no, delle notti dei tempi.
E’ un disco tutto da sentire l’ultimo lavoro di Shilpa Ray, il cd nella serata è andato letteralmente a ruba tra gli istanti, ma probabilmente, per chi desiderasse ascoltarlo, se ne troverà certamente più d’un anteprima su internet, nei usuali circuiti e motori di ricerca varii ed eventuali.
Vittorio Renzelli.
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