(Sguardi) “Marcello mio”: da Chiara Mastroianni con umorismo e leggerezza
Marcello mio di Christophe Honoré con Chiara Mastroianni colpisce per la leggerezza, la franchezza, la fragilità dell’artista di fronte alla vita che, a volte, ne fa ‘un divo/una diva’.
Dopo l’ennesima richiesta (passaggi spinosi, stressanti e divertentissimi!) di essere, a turno, Anita Ekerbg, Catherine Deneuve e suo padre Marcello Mastroianni, Chiara, stufa di fare ‘la figlia’ e ‘l’erede’, indossa definitivamente i panni di suo padre in modo da mandare finalmente in corto circuito la realtà che le sta intorno; decisa a fare i conti, una buona volta, con la se stessa attrice e figlia, idea sulla quale s’innesta perfettamente la qualità del cinema francese di essere leggero e allo stesso tempo saper dire esattamente ciò che è. Infilati i panni di scena di Guido Anselmi nel film di Federico Fellini 8 e ½ , con tanto di occhialoni e cappello nero a falde strette (che può donare solo ai bei visi regolari dei Mastroianni!), Chiara è Marcello! Sistemati i capelli corti e il completo nero, s’aggira per set e case di amici, o di ex come il musicista e cantautore Benjamin Biolay, esercitandosi nelle movenze maschili e mutuando a tratti un linguaggio scurrile che può dare più corpo al personaggio. Si ripresenta anche alla regista che la voleva più Marcello e al collega attore Fabrice Luchini (volto amato del cinema francese, geniale interprete di Il meglio deve ancora venire, Gemma Bovery, Alice e il sindaco), unico a comprenderla davvero nel suo sforzo di cercarsi cercando suo padre: quell’uomo e attore, a suo modo tenero e disponibile, affascinante, epperò sfuggente, bugiardo, come le dice sua madre (splendida Commuove, a sorpresa, il riapparire di Mastroianni in carne e ossa, portato da sua figlia, mentre s’aggira in situazioni più o meno metafisiche con le movenze conosciute: le scene ci appaiono come una collezione preziosa di pose dell’attore, fra i più enigmatici eppure divertiti del nostro cinema, (più divertito di lui forse solo Ugo Tognazzi, più enigmatico forse solo Enrico Maria Salerno); un Marcello inter-nazionale fra ricordo e nuove possibilità regalategli dalla vita contemporanea. Chiara incontra parte del suo mondo di amici e da figlia tenterà il possibile per essere solo Chiara, senza ricorrere alla visualizzazione dell’essere madre a sua volta (sua figlia infatti non compare nella pellicola), e qui tutti appaiono interpretando se stessi. Questa è una questione che deve/vuole risolvere col passato e non col presente, nel quale, in ogni caso ritrova i suoi preziosi affetti, che alla fine comprendono il suo affanno, la sua vivace ricerca. E in una vacanza corale la seguono su una spiaggia dorata da ‘dolce vita’, davanti all’azzurro mare laziale, in uno dei suoi scorci più felici, dove Chiara, dopo aver percorso l’arenile come Marcello Rubini (La dolce vita), senza angosce, decide di prendere anche lei una giusta pausa riposando la mente dopo aver dismesso i ‘panni di scena’. Bella la fotografia dalla luce estiva e contemporanea di Rémy Chevrin. Divertente ed evocativo! “belle de jour” Deneuve). (Serena Grizi)
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