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Sfogliando la storia degli ultimi sessant’anni – 1

Sfogliando la storia degli ultimi sessant’anni – 1
Ottobre 31
23:00 2010

Sezione elettorale 1948Dalle libere elezioni alla “Campagna dei Cento Fiori”

Il 2 giugno del ’46 nasce la Repubblica Italiana e viene eletta l’Assemblea Costituente (Presidente Giuseppe Saragat) che avrebbe redatto la nuova Carta Costituzionale. Furono le prime elezioni libere e democratiche dall’Unità d’Italia che, abbattendo tutte le limitazioni imposte dal passato regime, introducono il suffragio universale e per la prima volta votano anche le donne.

Gli italiani si recarono in massa alle urne. Le prime elezioni politiche nel 1948 furono una vera crociata contro il comunismo ateo; per il clero votare contro il partito cattolico era peccato mortale. La DC ottiene la maggioranza assoluta dei seggi, leader democristiano De Gasperi che mantiene la precedente coalizione – socialdemocratici, repubblicani e liberali -, un sistema politico che sarebbe durato quaranta anni grazie all’abilità di adattamento.
Dopo la ricostruzione, con gli anni dello sviluppo economico prende l’avvio una lunga fase di crescita che durerà fino al 1973. Per il Giappone, Italia e Germania si parlò di miracolo economico. Non mancarono i momenti di rallentamento e di recessione, come amavano definirli gli economisti, e quelli di crisi o depressione, associati agli avvenimenti degli anni ’30, ma furono di breve durata e non interruppero la tendenza di fondo. In Italia i prezzi al consumo furono contenuti fino al 1965 poi assunsero carattere inflazionistico. Traino della crescita economica fu l’industria. Cresce anche il settore terziario. Si riduce l’agricoltura e aumenta la produttività dovuta alla diffusione della meccanizzazione del lavoro. Favorito il libero scambio, ridotte le tariffe doganali. In Italia fra il ’47 e il ’63 si succedono 16 governi, undici dei quali durano meno di sette mesi. Ma l’instabilità politica non influisce sullo sviluppo economico. Lo sviluppo industriale riguardò solo alcune aree dell’Italia settentrionale, mentre tutto il Mezzogiorno rimase confinato in una economia povera, per lo più agricola, senza prospettive future. Industrie più avanzate e industrie tradizionali: nord e sud. Fra il ’56 e il ’70 le automobili in circolazione passarono da uno a dieci milioni, forte contributo degli investimenti pubblici nel settore delle autostrade. Il sud forniva manodopera a basso costo specialmente in Lombardia e Piemonte. Questo flusso migratorio non interrompe l’emigrazione dalle regioni meridionali e dal Veneto verso altri Stati europei – Germania, Francia, Svizzera, Belgio – e Oltreoceano. Le retribuzioni si mantennero basse finché dopo l’ondata di scioperi – nel ’61, ’62 – si ebbero aumenti consistenti. In tale periodo avviene la svolta politica col passaggio dei governi centristi a quelli di centro-sinistra – a cui il partito socialista dette il suo appoggio – fermo restando il ruolo egemone della Democrazia Cristiana. Seguirono alcune riforme tipiche del Welfare State, a partire dalla nazionalizzazione dell’energia elettrica. Dopo la seconda guerra mondiale, la povertà del Terzo Mondo e il sottosviluppo veniva espressa come arretratezza dei paesi che non erano riusciti a sorpassare le soglie dell’industrializzazione per resistenza di strutture sociali arcaiche, con l’incapacità della cultura tradizionale di assimilare la scienza e la tecnica occidentali. L’espressione ufficiale voluta dall’Onu fu “paesi in via di sviluppo”. L’Onu distingueva tra paesi a medio e basso reddito da altri definiti il “Sud del mondo”, con relativa graduatoria del sottosviluppo: 1) malnutrizione e denutrizione generalizzata, 2) mortalità infantile, malattie infettive e parassitarie, analfabetismo, 3) incremento della popolazione, 4) dipendenza economica da altri paesi. “Campagna dei cento fiori” in Cina fra il ’56 e il ’58. Mao Zedong impose nel maggio del 1958 la politica del “Grande balzo in avanti” indicando una “via cinese” diversa da quella sovietica, basata sul rifiuto dei vincoli economici e sulla fiducia della volontà rivoluzionaria in grado di “smuovere le montagne”. Parola d’ordine: “essere rossi ed esperti”. Si trattava in pratica di raddoppiare la produzione dei cereali e dell’acciaio con il solo lavoro umano mobilitato da propaganda politica e slogan rivoluzionari. Lo sviluppo agricolo sarebbe stato assicurato dalle “Comuni popolari” che integravano decine di villaggi. Spariva con esse ogni forma di possesso familiare. Secondo Mao le comunità contadine oltre che produrre dovevano realizzare la collettivizzazione della vita contro le sfere della vita privata. “Contare sulle proprie forze” era il principio. Il “Grande balzo in avanti” partì alla grande. Utopia insensata, quella di Mao, che costò alla Cina milioni di morti fra i comunisti rurali. Mao non ammise gli errori commessi. Nel 1960 si mise fine agli esperimenti sociali del grande balzo in avanti. Tornarono i piccoli campi privati e i mercati liberi, come in URSS. Alcuni anni dopo Mao dette vita al movimento della rivoluzione culturale che segnò tragicamente la Cina e continuò a rendere instabile la vita politica del paese, fino alla morte di Mao nel ’76. Il movimento era stato aperto nel maggio-giugno ’66 da gruppi di studenti universitari che protestavano contro i privilegi a favore dei funzionari del partito e dello stato, e Mao lo usò come strumento di pressione contro l’opposizione interna. “Fuoco sul quartier generale” era il titolo del manifesto indirizzato il 5 agosto ’66 da Mao agli studenti: un esplicito invito a passare dalla protesta alla rivolta. Le scuole e le università vennero chiuse. Cosa significò la rivoluzione culturale? Al di là delle esasperazioni di Mao e delle sue vendette personali, la lotta si presentava diversa da quella dello stalinismo: Stalin aveva distrutto i vertici del partito e si era servito di metodi segreti e non di manifestazioni di massa, al contrario di Mao.
Una ondata di follia anarchica scosse la Cina. Si paventò nel 1968 il pericolo di una guerra civile. Intervenne allora l’Armata Popolare di Liberazione comandata da Lin Biao, istituzione della Cina rivoluzionaria che era riuscita a sfuggire al movimento iconoclasta. Il IX Congresso del partito comunista pone fine nell’aprile del ’69 alla rivoluzione culturale riconsegnando il potere a un partito rifondato posto sotto il controllo dell’Armata Popolare.

(continua)

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