Sessant’anni di guerra alla droga. Una sconfitta epocale?
Il 30 marzo si è tenuto, a cura di Science for Democracy, una piattaforma lanciata nel 2018 (Home Page – Science for Democracy), un webinar dal titolo “The 1961 Single Convention on Narcotic Drugs: Sixty Years of an Epic Fail?”, con l’adesione di numerose associazioni.
Il programma dei lavori virtuali era, come ben spiegato sul sito di Science for Democracy, la discussione di sessant’anni di politiche proibizioniste e di guerra alla droga dopo che, nel 1961, con la Convenzione unica delle Nazioni Unite sugli stupefacenti, gli Stati membri si erano prefissati l’obiettivo di eliminare la produzione illegale di oppio entro il 1979 e quella della cannabis e della coca entro il 1989. Nel 1998 si sono proclamati pronti a realizzare un mondo senza droga entro 10 anni.
È andata davvero così? Viviamo in un mondo senza droga?
Da quello che risulta dai fatti, l’uso di sostanze illecite è, invece, aumentato al doppio del tasso della popolazione mondiale e oggi la produzione e il traffico di stupefacenti sono completamente fuori controllo.
Al webinar hanno partecipato esperti e attivisti di tutto il mondo.
Grazia Zuffa, Presidente della Società della Ragione, ha evidenziato che, ponendosi l’obiettivo dell’eliminazione totale del consumo di droga, si è seguito soprattutto uno schema morale. La salute pubblica, invece, dovrebbe puntare a ridurre i modelli più rischiosi di consumo di stupefacenti e proporne di più moderati. Infatti, ha aggiunto Martin Jelsma, politologo specializzato in politica internazionale in materia di droga, è importante garantire la disponibilità delle sostanze per uso medico. La tolleranza zero sulle droghe non ne ha fermato l’uso illegale ma ha impedito, invece, che ci fossero le risorse per la terapia del dolore e le cure palliative. Miliardi di persone non sono state aiutate a non soffrire dolori atroci a causa di terribili malattie.
Marie Nougier, responsabile ricerca e comunicazione di IDPC, Consorzio Internazionale per la politica in materia di droga, ha rilevato che, negli ultimi anni, la situazione è un po’ migliorata. È stato depenalizzato l’uso medico di droghe e anche il modico uso personale. Purtroppo, chi subisce maggiormente la detenzione e le politiche punitive per piccoli reati connessi alla droga, sono gli individui più deboli come le donne e le minoranze.
Secondo Francesco Thoumi, ex membro dell’International Narcotics Control Board – Drug Policies and Human Rights, le politiche dure hanno violato i diritti umani, come normalmente fanno i regimi autoritari. Inoltre, non c’è trattamento delle dipendenze nei luoghi di detenzione, ha aggiunto Rebecca Schleifer, consulente internazionale per i diritti umani. (www.humanrights-drugpolicy.org)
Una relazione particolarmente coinvolgente è stata quella di Neil Woods, un ex poliziotto del Regno Unito. Egli si era infiltrato in un gruppo di criminali che, oltre allo spaccio, usavano persino lo stupro per aumentare la loro reputazione delinquenziale. Per riuscire a infiltrarsi, ha rischiato la sua stessa vita e, una volta inserito, ha manipolato gli elementi più vulnerabili, ha creato loro anche dei danni psicologici pur di arrivare ai suoi obiettivi, cioè la guerra alla droga. Egli pensava che il fine giustificasse i mezzi. Dopo sette mesi di investigazione, è riuscito ad avere, finalmente, le prove dell’attività criminosa e tutti gli elementi del gruppo, oltre ad altre 90 persone, sono stati arrestati. Egli credeva di aver così eliminato lo spaccio nella sua città. Invece, lo spaccio di crack, eroina, ecc. è ricominciato solo 42 ore dopo perché un gruppo rivale, altrettanto criminale, approfittando dell’opportunità, si è aggiudicato la zona. Praticamente, tutto quel lavoro pericoloso, calpestando i diritti umani altrui, era servito solo a far vincere un altro gruppo. Woods ha compreso, allora, che questo modo di combattere è inutile.
La guerra alla droga, del tutto perdente, ha calpestato i diritti umani delle persone, ha incarcerato invece di recuperare, ha fomentato il sessismo, il razzismo, ha penalizzato maggiormente le minoranze.
Mi viene in mente il caso di Cucchi, ma se ne potrebbero citare molti altri e numerosi saranno quelli i cui parenti non hanno protestato e, quindi, sono spariti senza che ne sapessimo nulla.
Alle volte, chi fa uso di droghe, magari, non ci piace e allora, diventa un essere senza diritti a cui si può fare di tutto.
Alle volte, la Polizia o i Carabinieri, quando controllano una persona, si sentono gli unici padroni e si rivolgono con dispregio al controllato perché, per loro, quella persona non ha diritti.
Io penso che le persone che, purtroppo, fanno uso di droghe debbano essere aiutate ma che, in ogni caso, non abbiano perso i diritti umani stabiliti per tutti gli esseri umani. Penso anche che le forze dell’ordine e i funzionari pubblici (per nostra fortuna non sono tutti così) dovrebbero imparare a non credersi onnipotenti, moderare il comportamento vessatorio e ricordare che tutti siamo esseri umani che possono sbagliare (pure i Carabinieri, la Polizia, le guardie e chiunque altro, anzi, come vediamo continuamente nei fatti di cronaca, molti di loro sbagliano!).
Il webinar completo è visibile su youtube:
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