Sergio Coppotelli: Ottanta voglia di fare Jazz…
Innanzitutto, buongiorno e tanti auguri per il suo importante traguardo anagrafico…
Il suo recente DVD del concerto che ha tenuto alla Casa del Jazz di Roma il 4 dicembre 2005, ha per titolo “Sergio’s Birthday, Celebrating A Live In Jazz”: ma è stato ed è veramente così importante per lei il jazz?
Sì. L’amore per il jazz ha condizionato la mia intera esistenza… Mio padre, cantante e chitarrista dilettante, mi insegnò i primi accordi, come fece con tutti i miei fratelli. A dodici anni, poi, il maestro Pirolli, residente, allora, come me, nel quartiere romano di San Lorenzo, venne a sapere, attraverso i suoi allievi, delle mie doti musicali. Così, un giorno, mi convocò nella sua casa insieme ai suoi allievi per verificare le mie capacità: accompagnando perfettamente la melodia di un brano di cui assolutamente non conoscevo le armonie, lo colpii a tal punto tanto da prendermi da esempio per i suoi allievi e da offrirsi come mio primo insegnante di musica. Più tardi, seppur preso dallo studio approfondito della chitarra classica col maestro Ricchi Modesto, decisi, però, di virare proprio verso il jazz. Un giorno, infatti, mi capitò un disco fra le mani del sommo chitarrista jazz Django Rheinardt: il suo stile mi fulminò ed iniziai ad approfondire questo nuovo stile musicale, cominciando a trascurare la chitarra classica ed interessandomi alla musica di Charlie Christian, autentico mentore della chitarra jazz. Quando, poi, il Bar Novecento, vecchio noto locale di San Lorenzo, allestì un palco per l’esibizione di giovani musicisti, potei conoscere finalmente altri ragazzi come me interessati al jazz, tra cui il trombonista Luciano Fineschi ed altri. Da allora, il mio amore per il jazz non è mai venuto meno, anzi.
Eppure, la sua carriera è stata sempre aperta a nuove esperienze musicali, anche assai diverse da quelle del jazz…
In effetti ha ragione, ma bisogna pensare che è sempre stato difficile sopravvivere di solo jazz. Grazie al grande Bruno Martino, che nel 1948, impressionato dalle mie doti chitarristiche, mi fece entrare nella sua formazione, ho potuto avviarmi ad una carriera professionale completa. Certo, la professione mi ha rubato, mio malgrado, molto tempo che avrei volentieri dedicato totalmente al jazz; tuttavia, sono pienamente soddisfatto della mia carriera che ha saputo donarmi moltissime soddisfazioni: basti pensare che ho potuto lavorare con Gianni Ferrio, Bruno Canfora, Enrico Simonetti, Nino Rota, Dino Piana, Lelio Luttazzi, Armando Trovajoli, Pino Calvi, Piero Piccioni, Ennio Morricone, Giovanni Tommaso, Enrico Pieranunzi, Maurizio Giammarco, Massimo Urbani e tantissimi altri.
La più grande di queste soddisfazioni?
Nel 1974, vinsi il concorso bandito dalla Rai per professori d’orchestra nel ruolo di prima chitarra solista dell’Orchestra Stabile di Roma. Con questa, presi parte, presso il Teatro dell’Opera di Roma, ad importanti concerti spesso diretti da veri e propri mostri sacri del jazz, come Lee Konitz, Archie Shep, Gorge Russel, Stev Lacy, Enrico Rava e Gil Evans. Proprio quest’ultimo, impressionato dal mio stile, mi omaggiò, dinanzi ai miei colleghi, del più bel complimento della mia carriera: «Sergio, I am Glade to hear you!».
Nel 1985, però, la svolta…
Sì. Nel 1985, decisi di dimettermi dall’orchestra Rai per dedicarmi definitivamente al mio più grande amore musicale: il jazz. Sino ad ora ho realizzato sei dischi, più il DVD del mio concerto alla Casa del Jazz di quattro anni fa, scoprendo e lanciando tanti giovani talenti: da Rita Marcotulli a Giampaolo Ascolese, da Massimo Moriconi a John Arnold, da Pino Sallusti a Cinzia Gizzi, da Stefano Di Battista a Giancarlo Maurino.
Dopo l’ultimo lavoro, il CD del 2008 “Goin’ Solo”, in cui duetta col grande Jim Hall, ci sono nuovi progetti in vista?
Ce ne sono due: con la Fondazione Adkins Chiti – Donne In Musica sto preparando un concerto per il febbraio prossimo nell’ambito della rassegna Donne In Jazz in cui suonerò brani di importanti compositrici nelle Scuderie Aldobrandini di Frascati in compagnia di Cristiana Polegri e Pino Sallusti; sto pensando, poi, ad un nuovo CD da realizzarsi in compagnia dei più importanti musicisti che già hanno collaborato con me, registrando le mie composizioni più recenti ed alcuni miei particolarissimi arrangiamenti di alcuni standard jazz come “My favorites things” di R. Roger, “Airegin” di S. Rollins e “Giant Steps” di J. Coltrane.
Per finire, una curiosità: come mai ha scelto di stabilirsi proprio a Monte Compatri?
Io sono originario di Monte Compatri: mio nonno e mio padre erano monticiani; sono nato a Roma perché mio padre dovette trasferirsi nella capitale per motivi di lavoro. Nel 1974, seppur ancora residente a Roma, acquistai qui una casa nel cuore del paese in occasione di una convalescenza di mia moglie reduce da un’operazione. Da circa nove anni, però, mi sono trasferito definitivamente a Monte Compatri, nella bella zona di via delle Pedicate. Come dire, il richiamo delle origini…
Grazie per l’ospitalità e ancora tanti auguri…
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