“Senza Swing” – Intervista a Flavio Insinna
Flavio Insinna torna al teatro dopo quattro anni di assenza, con lo spettacolo “Senza Swing”, prodotto da Ballandi Entertainment, di cui è autore insieme a Pierpaolo Palladino, Manfredo Rutelli, Andrea Lolli e Giampiero Solari che ne cura la regia. Il testo racconta l’esperienza vissuta da Virgili un giovane militare, che per sfuggire le fatiche della leva, fa di tutto per entrare a far parte della banda della caserma, rimanendo affascinato e coinvolto nello swing e dall’incontro con il Maresciallo Bellini, napoletano, direttore di un gruppo di strumentisti decisamente sui generis. Lo show prende forma sulle note di “In the mood” di Glenn Miller; un’orchestra di nove validissimi elementi accompagna un Flavio Insinna strepitoso, una forza della natura, protagonista della scena per ben due ore, senza esitazione né pause, di una bravura e professionalità senza pari, che sprigiona un’energia contagiosa ed incontenibile che fa vibrare le platee. Un attore affabulatore, che spazia fra racconti divertenti, con l’assoluta padronanza dei dialetti, si è passati infatti da quello napoletano al sardo, dall’altoatesino, al ragusano, fra manie, tic, gesti, espressioni del viso, con una mimica facciale che ha dell’inverosimile. I momenti di riflessione non sono mancati, per non fare tacere la sensibilità di chi recita e di chi ascolta, evocando storie anche toccanti.
Insinna è un «one man show» assolutamente geniale, trascinatore di un pubblico divertito dalla sua giocosa simpatia e dalla meravigliosa capacità di coinvolgere anche il più scettico degli spettatori. Un “artigiano” come ama definirsi, che ha il fuoco della passione che gli brucia dentro e l’amore per un mestiere, ragione della sua stessa esistenza, che lo spinge a guardare oltre, dove tutto è possibile, ad ascoltare il continuo grido di un cuore, il suo, che pulsa delle più intense emozioni, di quell’entusiasmo bambino vivo, presente, con l’intelligenza di chi ha l’umiltà di sapere togliere ed aggiungere dalle proprie esperienze, per ottenere sempre il meglio!
Nonostante la stanchezza, Flavio Insinna ci riceve nel camerino del Teatro Mancinelli di Orvieto per una breve, brevissima intervista:
D. Flavio, manchi dal teatro da quattro anni; oggi riproponi un testo ritoccato da Giampiero Solari e dagli altri autori, che undici anni fa portava il titolo: “La Banda”.
R. Se questo spettacolo fosse stato fatto in un altro momento, magari cinque anni prima, lo avremmo sicuramente messo in scena, ma non avrebbe avuto questo tipo di consenso di pubblico, d’altronde è vero come dicono gli orientali, che le cose succedono fuori quando sono pronte dentro. È stato un sogno che si è realizzato, che avevamo e abbiamo nel cuore, nella testa; quello che andiamo a raccontare ci riguarda, la cosa meravigliosa è che siamo fondamentalmente noi, con tutta la nostra passione, la rabbia, la gioia di fare mille chilometri per arrivare qui, stremati ma è un sogno da far stare in piedi comunque. Nello spettacolo, tutto quello che dico non è scritto, improvviso, se non dico niente parla la musica in questo caso di Glenn Miller, come ad “Affari Tuoi”, con la musica di Ennio Morricone che ho deciso di inserire nel programma, perché sapevo che con le sue colonne sonore puoi raccontare anche stando in silenzio.
D. Cos’è il vero sulla scena? (da “Il Paradosso dell’attore” di Diderot)
R. Sicuramente è un luogo imprecisato, dove possono succedere dei miracoli. Prima di una rappresentazione teatrale, si può essere tesi, arrabbiati. Sul palco è diverso, se ami quel mestiere, fai una cosa che ti piace e che piace anche al pubblico; in quelle due ore, ti dimentichi di te, si va in una dimensione irreale, dove non mi ricordo neanche come mi chiamo, per fortuna mi ricordo le battute.
D. Se l’attore fosse sensibile, gli sarebbe possibile recitare due volte di seguito lo stesso ruolo, con lo stesso calore e il medesimo successo? (da “Il Paradosso dell’attore” di Diderot)
R. No, ogni sera c’è una magia nuova che si sprigiona, lo spettatore ride in un punto dove la sera prima non ha riso, o ride di più o di meno, o si commuove dove altri non hanno pianto. La meraviglia, è che le parole sono le stesse, di sicuro tutte le sere non si potrebbe fare l’”Otello”, altrimenti si rischierebbe di impazzire. Questo tipo di spettacolo invece, è possibile portarlo in scena più sere di seguito, riscrivendo il testo e la musica in mille modi diversi, che se sono giusti, portano alla stessa linea di traguardo.
Tra lo stupore e l’ammirazione ci congediamo…ciao Flavio, grazie, tu sì che di swing ne hai da vendere!
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