Il segreto di Dante e Francesco
Per dare conto di questa densa appassionata e appassionante indagine esegetica di Aldo Onorati “Dante e san Francesco” (Edizioni Controluce) giova dire preliminarmente dell’autore.
Poeta narratore e critico letterario di lungo corso, Onorati è accreditato a un ruolo culturale di rilievo da una pluralità di opere in volume e da interventi realizzati a ventaglio prima quale direttore editoriale della casa Armando e poi quale fondatore e responsabile dell’editrice Anemone Purpurea ultimamente costretta a chiudere per l’invasiva concorrenza della stampa on line. Il dato connotativo che autentica il suo lavoro nel presente della post-cultura, ossia della non-cultura, è la fedeltà testimoniale che si contrappone in frontiera a smentire e svuotare di senso le avventure del provvisorio, dell’effimero, del velleitario.
Su questa premessa appunto va innestata la lettura della sua recente ricognizione, sottotitolata “Il segreto di madonna Povertà”. Si tratta di una serrata illuminante interpretazione dei canti gemelli XI e XII del Paradiso, nei quali Dante evoca e rappresenta la radicalità di Francesco innamorato e sposo della Povertà che azzera la sete terrena di possesso e potere e per riflesso sublima in luce evangelica la castità delle epifanie spirituali.
Ma c’è di più, intercetta Onorati. Nel fraticello insorge una fame di martirio che il sommo Dio esaudisce alla Verna con stimmate sanguinolente, e in seguito con progressive malattie del corpo, tracoma cachessia e idropisia, che lo portano alla morte sulla nuda terra: “e al suo corpo non volle altra bara” scrive Dante (Pd., c. XI, v. 117).
Bisogna calarsi nello spirito del Trecento per avvistare l’eccelsa vetta toccata dalla voce serafica nel “Cantico delle creature”, per sentirne il vigore profetico che canta i segni della Creazione e insieme condanna i manipolatori, i guastatori, i sordi alla pìetas, coloro che per lucro di pecunia manomettono e snaturano il dono ecologico elargito all’uomo, e l’uomo deve abitarlo, custodirlo e consegnarlo integro di generazione in generazione.
“Dante e Francesco hanno alcuni sentimenti in comune – conclude Onorati. Sanno entrambi che il rimedio alle sciagure umane passa per tre punti: “amore francescano per tutto il creato, niente escluso; povertà quale rifiuto dello sfruttamento perpetrato ai danni di altri esseri; tensione verso Dio, riconoscendosi creature imperfette e inquinate dai vizi capitali”.
A rendere prensile la scrittura contribuiscono l’acutezza filologica e la cucitura delle trame con richiami e rimandi che ne tengono coesa l’estensione.
(Articolo pubblicato sul quotidiano “Roma” di Napoli il 26 marzo 2016 nella pagina “Cultura&spettacoli”)
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