Se la carta rimane all’interno del bancomat
In molti sarà capitato di non riuscire a prelevare presso uno sportello bancomat a causa di un malfunzionamento dello stesso. Sarà certamente capitato almeno una volta di visualizzare la scritta “carta illeggibile” o “sportello fuori servizio”. Ebbene un episodio del genere ha portato la Cassazione a riconoscere la responsabilità della banca per mancata diligenza nell’ovviare all’inconveniente.
Nel caso di specie difatti il correntista, pur comunicando immediatamente che la sua carta era rimasta all’interno del bancomat al vice direttore, viene invitato a presentarsi presso la filiale il giorno successivo, a ragione del fatto che senza dubbio si trattava di un blocco tecnico ripristinabile. Il problema che viene a porsi però è non solo che, recandosi come consigliato il giorno seguente alla filiale, la carta era sparita, ma per lo più con la stessa erano stati fatti ingenti prelievi da ignoti. Ovviamente a tal punto il correntista procede con denuncia presso l’autorità giudiziaria.
Inizialmente la responsabilità dell’accaduto viene attribuita allo sfortunato correntista, in virtù del fatto che tramite le telecamere apposte presso la filiale si poteva palesemente notare come un terzo sconosciuto gli si fosse avvicinato e che, con la scusa di prestargli un aiuto, aveva evidentemente visto il PIN immesso, ed avendo presumibilmente manomesso precedentemente l’apparecchio era poi riuscito a recuperare la carta. Si pone in evidenza quindi l’imprudenza del soggetto che aveva tranquillamento digitato il suo PIN alla presenza di uno sconosciuto, limitandosi poi a comunicare al vice direttore la non restituzione della carta.
Il correntista non si arrende a questa prima prospettazione della vicenda e decide di ricorrere, rivendicando come la banca avesse violato il 2 comma dell’articolo 1176 del codice civile, per cui “nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata”. Non solo il funzionario di banca non si era attivato in alcun modo per impedire eventuali ulteriori danni a scapito del cliente, ma addirittura lo aveva tranquillamente invitato a presentarsi il giorno successivo al fatto. Facilmente si sarebbe potuta scoprire la truffa, avvalendosi delle telecamere.
Ai fini della decisione si fa riferimento anche all’articolo 34 delle condizioni generali di contratto il quale prevede espressamente che in caso di smarrimento, furto o sottrazione della carta o del PIN, il titolare deve darne immediata comunicazione. Entro le 48 ore deve seguire conferma scritta da presentare direttamente o mediante lettera raccomandata, corredata da copia della denuncia presso le autorità competenti. Se la comunicazione avviene dopo l’uso indebito od illecito le conseguenze pregiudizievoli restano a carico del cliente fino a 300 euro. Inoltre il titolare risponde di tutti gli utilizzi se ha agito con dolo o colpa grave.
Non bastando, la Corte si rifà anche ad una precedente sentenza, precisamente la n. 13777/2007 in cui si stabilì che “ai fini della valutazione della responsabilità contrattuale della banca per il caso di utilizzazione illecita da parte di terzi di carta bancomat trattenuta dalo sportello automatico, non può essere omessa, a fronte di un’esplicita richiesta della parte, la verifica dell’adozione da parte dell’istituto bancario delle misure idonee a garantire la sicurezza del servizio da eventuali manomissioni, nonostante l’intempestività della denuncia dell’avvenuta sottrazione da parte del cliente. La diligenza a carico del professionista ha natura tecnica e deve essere valutata tenendo conto dei rischi tipici della sfera professionale di riferimento ed assumendo quindi come parametro la figura dell’accorto banchiere”.
Risulta così evidente la responsabilità della banca, e quindi del funzionario, che, nonostante l’immediata comunicazione da parte del correntista in merito alla sottrazione della carta,non aveva provveduto ad assicurarsi della causa e lo aveva rassicurato giustificando l’episodio come dovuto ad un blocco o malfunzionamento.
Cassazione civile, sezione I, sentenza 806/2016
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