Scuola, educazione, istruzione: più democrazia meno profitto?
(Serena Grizi) Sul quotidiano la Repubblica del 12/07/2019 nell’articolo Perché siamo tornati analfabeti Silvia Ronchey, commentando gli ultimi dati Invalsi, scrive il requiem alla scuola e al ‘laureificio’ inaugurato non troppi decenni fa, informandoci che abbiamo iniziato ad essere più ignoranti già dagli anni ’70. La ‘democratizzazione’ della scuola, la gratuità del sapere (quello che vuole essere gratuito s’intende), non hanno ancora portato i frutti sperati: ovvero un maggiore accesso c’è stato, ed è ancora auspicabile, ma con risultati negativi come scrive la giornalista: «Il 35 per cento degli adolescenti che hanno appena affrontato la maturità, uscendo da un più che decennale cursus studiorum, non riesce a comprendere un testo di media complessità: leggono ma non capiscono. (…) Il diritto all’educazione rischia di trasformarsi sempre di più in un processo di diseducazione evidente agli occhi di chi è dotato, a ogni livello sociale, di buon senso».
Ma l’aver abbassato le aspettative scolastiche, oltre ad essere stato un errore di cui solo nel tempo si sarebbero visti gli effetti, è anche la realizzazione di parte del sogno sessantottino che fa il paio con servizi e cultura gratuita per tutti. Senza accusare nessuno, le proposte di dare scuola, sapere e servizi culturali e affini a tutti è un bellissimo proposito, peccato che mentre dal basso si approvava la scuola più facile e la gratuità di musica, testi e la possibilità di dire la propria sui social ad ogni ora del giorno e della notte come accaduto negli ultimi quindici anni, nessuno ha avvisato che le classi sociali invece, quelle, restavano come prima. Così la scuola tutta, fino all’università, per i più si è facilmente livellata al meno, al netto di esperienze valide e costruttive che pure esistono, mentre le fasce più abbienti continuano a frequentare istituti privati multilingue e università prestigiose in grado di preparare la futura classe politica e dirigente; e gli autori, quelli considerati di serie A, di musica, testi, idee, ideatori di festival e mostre continuano a vivere di diritto d’autore, pur con qualche difficoltà in più, mentre molti ‘nessuno’ cedono al compromesso di pagarsi e promuovere la diffusone della propria produzione intellettuale (spesso più che valida) perché in assenza di reti di promozione culturale autentiche tessute da critici/che ed esperti/e, uscire dal cortile di casa è quasi impossibile. La massificazione continua ad essere auspicata, anche dal capitalismo, a discapito della qualità, ma le élite hanno davanti a sé ancora molti sonni tranquilli. Ovvero è rimasto tutto come prima pur sembrando le condizioni tanto diverse e favorevoli a tutti e ad ognuno.
Poi la Ronchey fa il caso del figlio di un muratore che pur laureatosi e ancora disoccupato, lavora con il padre ma si rifiuta di seguire le raccomandazioni tecniche di questi credendo che ‘rifare una parete’ significhi soltanto passare la tinta. Ogni mestiere in realtà, anche il vivere, ha bisogno di livelli di educazione.
Film: Come un gatto in tangenziale di Riccardo Milani con Paola Cortellesi e Antonio Albanese: due famiglie di diversa estrazione sociale si confrontano per mezzo dei rispettivi figli. Hanno tutte e due da imparare lasciandosi dietro le spalle idee preconcette, razzismo. (genere commedia)
Libri: Pagare o non pagare di Walter Siti, Nottetempo; Teoria della classe disagiata di Raffaele A. Ventura, Minimum fax (li trovate nella pagina letture). Vignetta di Chaunu Immagine web
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