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SCIPIONE DETTO ANCHE L’AFRICANO GENESI DI UN FILM

SCIPIONE DETTO ANCHE L’AFRICANO GENESI DI UN FILM
Luglio 29
11:13 2020

La lettura recitata dell’adattamento teatrale del celebre film di Luigi Magni Scipione detto anche l’africano scritto da Massimo Castellani ci offre la gradita occasione di ripercorre la storia dell’opera cinematografica uscita 50 orsono nelle sale

 

Il film, “Scipione detto anche l’Africano”. Il terzo di Luigi Magni, vede impegnato un cast d’eccezione. Marcello Mastroianni è il condottiero romano, descritto nella fase declinante della sua vita militare e politica, mentre Vittorio Gassman interpreta la figura di Catone, il senatore che accusò Scipione di essersi appropriato indebitamente di 500 talenti avuti da Antioco di Siria come bottino di guerra. Nel ruolo di Emilia, la moglie dell’Africano, Silvana Mangano, mentre Ruggero Mastroianni, fratello di Marcello è nel film Scipione l’Asiatico fratello dell’Africano. Wood Stroode, l’attore di colore americano impersona Massinissa, Re di Numidia: Turi Ferro è Giove Capitolino, mentre Fosco Giacchetti che nell’edizione di “Scipione l’Africano” realizzata nel ’36 da Carmine Gallone impersonava la figura di Massinissa questa volta è il senatore Aulio Gallio. Scipione detto anche l’Africano è stato un film di grande impegno produttivo, l’attenzione di Magni si sofferma ancora su Roma: non quella moderna, miscuglio di razze e di lingue, proposta nel suo primo film Faustina (1968), né la Roma risorgimentale, popolana e sanguigna de “Nell’Anno del Signore (1969), ma una Roma di oltre duemila anni fa, impegnata all’esterno ad estendere i propri confini e la propria potenza e all’interno a contenere le lotte più o meno sordite che si combattevano nella stessa classe dirigente.  Magni ebbe a dichiarare : “ con questo film, intendo proseguire quel discorso civile e politico che era alla base delle mie opere. Il personaggio di Scipione mi sembra particolarmente interessante, giacché racchiude in se e nella sua storia tutte le contraddizioni che caratterizzano la vita di un uomo, e quindi di una società; in ogni tempo, senza distinzioni di civiltà e di regimi politici. Scipione era stato indubbiamente un uomo importante, aveva salvato la Patria in un momento decisivo per le sorti di Roma, ma purtroppo come sempre accade, gli uomini importanti alla fine risultano scomodi, danno fastidio: uno stato come quello romano, aveva bisogno di Scipione per vivere e di eliminarlo per sopravvivere”. Un film dal sapore amaro verrebbe da pensare ma Luigi Magni stesso spazza via ogni dubbio: “ Nient’affatto dichiara Magni è un film comico, come nella mia natura di scrittore ancor prima che di regista. Una comicità, però, che nasce, paradossalmente, da un considerazione amara: la inutilità delle persone utili. Mi spiego: il tono del racconto è rigorosamente serio, i personaggi che descrivo non sono mai visti in una luce caricaturale, falsata, ma quando mostro, per esempio, Scipione l’Africano, il trionfatore di Zama, l’eroe delle battaglie puniche, con i panni di un povero pellegrino con il sacco al collo lascia Roma per un esilio volontario, l’effetto che ne deriva è sottilmente ironico, fa ridere” Lo Scipione di Magni si differenzia da quello di Gallone, qui viene descritto non come il guerriero impegnato nel Ticino o a Cartagine ma l’uomo politico ormai avanti negli anni, costretto a difendersi, lui che aveva sempre attaccato, da un nemico ben più pericoloso dei cartaginesi: la calunnia. Prendendo a pretesto i 500 talenti che Scipione aveva avuto da Antioco Re di Sirioa come bottino di guerra e di cui egli non riteneva di dover da conto, gli avversari del vecchio generale, capeggiati da Catone, gli intentarono un processo che costringe l’Africano ad andarsene da Roma pronunciando la frase consegnata alla storia “Ingrata patria non avrai le mie ossa” In Scipione detto anche l’Africano c’è un preciso impegno politico del suo autore che per far politica si affida a pagine storiche  già consacrate e non a fatti di attualità. Dirà in una intervista: “ Ebbene io ritengo che soltanto la storia può essere d’esempio e soltanto attraverso un episodio di storia, ricostruito con la fantasia quanto vuoi ma pur sempre vero, si possono meglio cogliere le analogie che legano il passato al presente, le cose di ieri a quelle di oggi” Marcello Mastroianni era al suo primo film in costume  per meglio aderire al personaggio Mastroianni fece un gesto che pochi altri avrebbero fatto si è sottoposto alla completa rasatura dei capelli. Sarebbe stato sufficiente l’impiego di un parrucchino, ma Mastroianni non ha avuto un attimo di esitazione. “E’ un fatto psicologico spiega il mio Scipione è un uomo stanco, deluso, carico di tristezza; io posso sentirmi completamente nei suoi panni soltanto se riesco a vivere le sue stesse emozioni, le sue stesse sensazioni: quello della rasatura è soltanto un particolare, ma mi è servito molto” Accanto a Marcello, c’è nel film un altro Mastroianni, suo fratello Ruggero, il quale si è lasciato convincere ad esordire sullo schermo da Luigi Magni di cui era molto amico. E’ sempre Magni a parlare: “Per la parte di Scipione detto l’Asiatico, fratello di Scipione l’Africano, mi serviva un tipo particolare, un attore che avesse un aspetto come dire? Un po’ lazzarone, da sfrontato: Ruggero Mastroianni pur essendo una delle persone più squisite che io conosca, mi è sembrato particolarmente adatto; così l’ho convinto ad abbandonare momentaneamente la sua professione di montatore (abbandonare per modo di dire, giacché sarà lui stesso a curare il montaggio di Scipione) e a vestirsi da condottiero. Scenografia e costumi vennero affidati a Lucia Mirisola, al quale non volle prendere in considerazione le colonne laccate, i grandi sfondi coloratissimi e luccicanti, i marmi preziosi dei Kolossal americani, dato il carattere suggestivo e lo spirito malinconico e fatalistico del film. Il progetto quindi era o ricostruire una Roma tutta nuova, felice e ricca per poi invecchiarla e impoverirla per renderla simile alla “città fangosa di Romolo”come fa notare un personaggio famoso del film. Durante lo studio di questa idea, Magni e la Mirisola furono d’accordo nel prendere in considerazione gli scavi di Pompei quella Roma già c’era. E facendosi aiutare dagli artigiani e tecnici di Cinecittà resero la location abitabile ed abitata. Angelo Zamboni un pittore veneziano ha ricreato delle pareti affrescate in perfetto stile pompeiano tanto da ingannare i turisti giapponesi che le fotografano per autentiche. Per i costumi e l’arredamento Lucia Mirisola si è adeguata allo sfondo che aveva ricreato. Ha espresso i costumi adeguandosi ai colori che il Vesuvio e il tempo avevano offerti facendo diventare Pompei un’opera d’arte di una autenticità e bellezza straordinarie. Le stoffe usate hanno colori rubati alla stessa natura: allegri ma mai violenti e un po’ stinti su tessuti che sembravano fatti al telaio forti e morbidi alcuni realizzati e tinti grazie alla sartoria Tirelli. Tutta l’attrezzatura di scena è opera della Rancati che con i suoi operai ha preparato corazze e armi come disegnate dalla Mirisola. Tutte le donne del film sono vestite con colori tenui e comunque leggermente sbiaditi, mai il nero e mail bianco; quest’ultimo se mai abbassato di tono. In una sola scena Emilia Silvana Mangano è vestita tutta di bianco è il personaggio chiave della storia che apre gli occhi a Scipione: “sei fastidioso – gli dice perché troppo grande e incorruttibile”

 

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