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Scienze della natura e dello spirito – 1

Maggio 30
23:00 2008

Lo storicismo tedesco.
La metodologia weberiana trova la sua ragion d’essere nelle discussioni e nelle polemiche che verso la fine dell’Ottocento impegnarono la cultura tedesca in merito al compito delle scienze storico-sociali e alla validità dei loro metodi d’indagine.Tale cultura mostra il suo volto più caratteristico e diffuso nella polemica condotta contro la filosofia positivista, tacciata di materialismo e determinismo. Alle correnti filosofiche del tempo risultava, infatti, assurda e quanto mai semplificatoria la concezione cardine dell’intero sistema positivo: la pretesa di ricondurre la complessa realtà umana a rigidi schemi di causa-effetto (determinismo). Su queste premesse prende vita la corrente storicista, che si sviluppò specialmente in Germania, dove era più viva e radicata la tradizione kantiana. Evitando ogni posizione dogmatica e metafisica (come il culto della scienza da parte del positivismo), lo storicismo si propone, sulle orme del criticismo kantiano, di definire le condizioni che rendono possibile la conoscenza storica e ne fondano la validità. Wilhelm Dilthey, Wilhelm Windelband e Heinrich Rickert affrontano questa stessa tematica e, pur giungendo a soluzioni divergenti, poiché provenienti da concezioni diverse – legati alla scuola storica il primo e al movimento neokantiano i secondi – si dimostrano, però, concordi nel rifiuto totale della dottrina positivista. Questa, infatti, sulla base della stretta analogia tra sociologia e fisica, sosteneva la possibilità di previsioni infallibili anche nel campo dei fenomeni sociali. Pertanto la polemica antipositivista finiva per condurre gli storicisti tedeschi a definire su un altro piano la funzione delle scienze storico-sociali, restituendo innanzitutto a queste quell’autonomia di ricerca e metodi che il positivismo aveva loro sottratto.
Scrive Dilthey nell’Einleitung: “E finchè qualcuno non asserirà di essere in grado di derivare dalle strutture del cervello di Goethe e dalle qualità del suo corpo – e di rendere così meglio conoscibile – l’insieme di passioni, figure poetiche e d’invenzioni concettuali che noi indichiamo come la vita di Goethe, non potrà essere contestata la posizione autonoma di questa scienza.”.
L’autore difende con vigore l’autonomia delle scienze dello spirito da quelle naturali e si spinge oltre, nel momento in cui cerca, al contempo, di dimostrare la superiorità delle prime sulle seconde. Secondo il filosofo tedesco, tutta la questione va valutata alla luce del rapporto tra soggetto conoscente e oggetto conosciuto, dunque da un punto di vista prettamente gnoseologico. Per quanto riguarda la conoscenza della natura tale rapporto è di estraneità, poiché la stessa trascende l’uomo e quindi può essere da lui compresa solo in maniera indiretta e limitata, servendosi di costruzioni ipotetiche. Ben diverso si presenta il caso del mondo dello spirito, che non sussiste al di fuori dell’uomo, ma gli appartiene, tale che egli è in grado di penetrarlo nella sua completezza e immediatezza. Queste direttive di ordine gnoseologico consentono a Dilthey di definire le diversità di procedimento e di scopo tipiche di ciascuna delle due forme di conoscenza: le scienze della natura si limitano a spiegare i fenomeni ricorrendo a leggi generali di causa-effetto, mentre le scienze dello spirito cercano di comprendere il significato di un particolare evento, mediante l’Erlebnis (intuizione interna), che ci permette di ricrearlo nella mente in tutta la sua vivacità e forza espressiva. Dunque, l’oggettività delle scienze culturali è garantita dall’Erlebnis, perché quanto più si rivivrà un fatto storico, tanto più lo si sarà colto nella sua realtà.
Sempre in merito alla fondazione critica delle scienze storiche, risultano sostanzialmente diverse dalle conclusioni di Dilthey quelle di Windelband e Rickert, che si muovono sul piano logico del neokantismo tedesco, anziché su quello storico.
Per Windelband la dicotomia tra scienze fisiche e morali si fonda esclusivamente su questioni metodologiche e di scopo; per questo egli preferisce adottare i termini di scienze nomotetiche e scienze ideografiche. Entrambe ricavano i propri dati dall’esperienza, ma mentre le prime sono orientate alla costruzione di un sistema di leggi generali universalmente valide, le seconde ricercano, invece, fatti storici particolari, che sono accaduti nel passato e non si ripresenteranno più. La contrapposizione diltheyana tra natura e spirito perde la sua importanza, poiché per Windelband lo stesso oggetto può essere sottoposto sia ad un’indagine nomotetica che ideografica, anzi entrambe sono valide e si completano a vicenda, tanto che nessuna delle due prevale sull’altra(storia e scienza della natura).
Le tesi dello stesso confluiscono, non prive di elementi nuovi, nella filosofia di Rickert. Questi prosegue nell’analisi dello spirito windelbandiano, ma aggiunge che lo studio degli eventi culturali si diversifica da quello dei fenomeni naturali, poichè contiene sempre il riferimento della realtà empirica al mondo dei valori. In tal modo Rickert deduce l’oggettività delle scienze culturali dalla validità incondizionata e assoluta dei valori etici, estetici e metafisici.

(continua)

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