Scempio e imbarazzo alla Snia di Pavia
In questo periodo di risparmi che non ci sono più, di difficoltà ad arrivare a fine mese, di disagi relazionali, sociali e politici, moltiplichiamo per dieci la nostra insofferenza per quanto siamo costretti a sopportare non condividendone l’assunto.
Non si riesce a dire che siamo ormai troppi, in quest’italietta del pago per due e ne prendo tre, senza ricevere di contro umiliazioni o sberleffi. Non si riesce a esprimere un pensiero comune per questa inondazione di multiculturalità a basso prezzo, se ne ricava la sensazione di non essere più in grado di sentirci italiani in casa propria, italiani con orgoglio, con il dubbio di non possedere più il diritto di affermare quel che si pensa, a esempio sul problema della densità, delle sempre nuove presenze, sulla logica dello sviluppo, senza per questo correre il rischio di essere etichettato come “razzista”.
Ma cosa c’è di male ad avere timore di qualcosa, a esprimere preoccupazione per ciò che non si comprende, soprattutto a non condividere ciò che non intende essere civile, solidale, emancipato.
Nella città di Pavia, come del resto in altre sparse per la penisola, vi sono realtà indescrivibili, sprazzi di inumana sopravvivenza, agglomerati urbani che nulla hanno da spartire con i principi universali dell’accoglienza e della promozione umana.
Vi sono permanenze subumane che si protraggono nei tempi, di volta in volta più numerose, di volta in volta meno comprensibili e quindi accettabili.
Esistono situazioni di inciviltà tali che non possono autorizzare alcuno a spendere parole di rimando, arzigogolate di speculazioni filosofiche, quando l’urgenza sta alla necessarietà di un intervento determinato e non più rinviabile, per porre fine allo scempio e all’imbarazzo di una intera città, la quale non abbisogna dei soliti acquartieramenti alla prima linea delle ideologie, ma di una cooperazione fortemente presente e compatta, per riuscire finalmente a demolire architetture sgangherate e pericolanti, divenute rifugio di persone relegate in un angolo, per l’incuria di qualcuno che……nei secoli ha lasciato fare.
Aree fuori controllo come quella della SNIA di Pavia, sono dimensioni intollerabili, perfino la com…..passione fa resistenza a ergersi diritta.
Non possono bastare le solite accuse-giustificazioni a destra e a sinistra, per dare un nome al carico di irresponsabilità politiche che hanno creato innominabili recinti chiusi con il conseguente indotto di illegalità.
Decenni sono trascorsi nel gioco del salto alla cavallina, allora di fronte alle miriadi di risposte, ai veri interrogativi mancanti, sarebbe bene non porre ulteriori vincoli alla provvidenza pressoché ridotta allo stremo.
Occorre evitare le parole valigia, speculazioni su chi lavoro non ne trova, ma pomodori non intende raccoglierne
Sarebbe bene formare insieme lo sbarramento all’incultura, ancora insieme atterrare quello spazio reso impraticabile alla vita ( i piani regolatori possono essere modificati dalla unanimità alla giusta causa), sempre insieme consegnare forza e decisione partecipata a quella autorità che finalmente s’è addossata l’onere del fare, baipassando la comodità delle tante parole che non dicono niente, per evitare ancora una volta di non fare niente.
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