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Saxa Rubra-Togliatti-Laurentina. Un desiderio chiamato tram

Febbraio 04
20:35 2016

L’attualità di un progetto, ignorato per 10 anni dalle amministrazioni di centrosinistra e centrodestra, che riqualificherebbe le periferie interne al GRA dando un ancoraggio alla trasformazione policentrica della città verso est
di Aldo Pirone – 3 febbraio 2016

Il 6 febbraio di dieci anni fa l’allora Consiglio comunale di Roma approvò all’unanimità una delibera d’iniziativa popolare, la 37/2006, che stabiliva di dare avvio a un progetto partecipato per la creazione di una grande infrastruttura di moderna mobilità ecologica da Saxa Rubra a Laurentina, chiamata Tram per comodità comunicativa. La delibera era stata promossa da una fitta rete di comitati di cittadini che, nel 2005, in 90 giorni di mobilitazione, erano riusciti a raccogliere quasi undicimila firme certificate per portare in discussione il progetto nell’aula di Giulio Cesare.
La delibera d’iniziativa popolare n. 37/2006

Fra le delibere d’iniziativa popolare fu l’unica che riuscì ad entrare nel Consiglio capitolino ed uscirne viva, approvata, vista l’oggettiva bontà della proposta, all’unanimità dal centrosinistra, allora governante con la giunta Veltroni, e dall’opposizione di centrodestra.

Nello stesso tempo, però, l’amministrazione Veltroni realizzò, sul tratto di viale Togliatti, l’impropriamente detto corridoio di mobilità. Impropriamente detto, perché fu fatto istituendo delle corsie preferenziali esterne al grande square, largo più di 25 metri, del viale. Solo il primo tratto, quello appartenente all’ex X municipio, fu costruito al centro per mancanza, fortunatamente, di alternative. Al centro dello square, in alcuni tratti attraversanti popolosi quartieri come Centocelle, Quarticciolo, Colli Aniene, furono invece realizzati i parcheggi per automobili, tanto per significare, malgrado i tanti stentorei proclami dicessero il contrario, che la cura dell’auto veniva prima “cura del ferro”.

I cittadini che si erano battuti per ben altro, battezzarono subito l’opera come il “corridoio Tafazzi”. Perché invece di agevolare e risolvere i problemi della mobilità lungo quell’arteria di 7 km li avrebbe resi più gravi e persino più pericolosi. Per abbellire l’opera e renderla più digeribile alla cittadinanza fu realizzata, questa volta sullo square, una pista ciclabile non priva di vari problemi; e per questo scarsamente frequentata dai ciclisti.

Poi della delibera non se ne ebbe più notizia. Giacque, riposando in pace, in qualche cassetto della giunta Alemanno, a parte qualche propagandistico accenno fatto al “Tram su viale Togliatti” dal sindaco medesimo i cui tecnici prospettarono, fra le tante scemenze, addirittura un sovrappasso teleferico dell’Acquedotto Alessandrino.

L’inesorabile scorrere del tempo e degli anni fu punteggiato solo dal Comitato promotore della delibera che ne ha ripetutamente sollecitato l’attuazione con lettere, richieste di incontro, documenti, indirizzate personalmente ai diversi sindaci ed assessori competenti. Tutte regolarmente protocollate e tutte rimaste senza alcuna risposta, né da destra e né da sinistra. Le tre giunte succedutesi (Veltroni, Alemanno, Marino) hanno calpestato e svuotato concretamente non solo il diritto alla partecipazione che era l’anima della delibera 37/06, ma anche il ruolo di dare indicazioni per il governo della città da parte del Consiglio comunale, che ha votato, inascoltato, ben 2 mozioni all’unanimità per rinnovare la richiesta di attuazione di quell’atto.

La questione della grande infrastruttura di mobilità tornò brevemente alla ribalta un paio di anni fa, sindaco a tempo determinato Marino, quando l’assessore Caudo diede il suo patrocinio a un progetto dell’archistar Renzo Piano appena nominato senatore a vita e, per questo, voglioso di dare una mano gratuitamente a un qualche progetto che ridesse un po’ di qualità alle periferie romane. Piano aveva pensato, con un gruppo di giovani architetti, di utilizzare il cosiddetto “viadotto dei presidenti” all’altezza del quartiere Talenti, dopo Ponte Mammolo, predisposto a suo tempo per l’infrastruttura tramviaria, per trasformarlo in una hig line verde. Una sorta di percorso pensile ciclopedonale sul tipo di quello realizzato positivamente a Monte Mario sul vecchio sedime del tratto dismesso della ferrovia Roma-Cesano-Viterbo. Senza ricordare ciò che sul viadotto si era già stabilito per volontà esplicita dei cittadini. E senza che lo ricordassero i cronisti che batterono le mani e la grancassa sui loro giornali, da “la Repubblica” a “La Stampa”, al progetto dell’archistar.

La reazione del comitato promotore della delibera 37/06 spinse Annamaria Cesaretti, Presidente della commissione mobilità capitolina, a portare a ottobre del 2014 nel consiglio comunale, diventato più pomposamente Assemblea di Roma Capitale, una mozione, anche questa approvata all’unanimità, che impegnava il sindaco “a dare immediata attuazione alla deliberazione del Consiglio Comunale n. 37 del 6.02.2006” e “ a mettere in atto tutte le procedure per reperire i fondi necessari formalizzando, inoltre, la presentazione del progetto alla ‘European Commission’ nell’ambito del Progetto ‘Horizon 2020’ “.

Ovviamente, visti i tempi che correvano verso “Mafia capitale”, non ci fu alcun seguito. Anche perché Marino, che nel suo programma elettorale aveva messo il tram su viale Togliatti fra le tre priorità di questo tipo da realizzare a Roma, nel frattempo aveva moltiplicato, insieme all’assessore Improta, i tram da fare a Roma. Arrivarono a partorirne, con la mente s’intende, ben sette, ma non ne misero mano a nessuno.

Questi i fatti principali intercorsi nel decennio.

Un tempo uguale a quello della leggendaria guerra di Troia, senza il pathos di quell’evento. Perché sulla Saxa Rubra-Togliatti-Laurentina non c’è stato alcun scontro epico nel fuoco di una progettazione partecipata. Più che il clangore del ferro delle armi impugnate dagli eroi dal volto ceruleo sotto il cimiero crinito e sventolante, ha fatto premio il muro di gomma delle amministrazioni rimandante molte facce toste coperte di bronzo di politici dediti ai consueti annunci di spot pubblicitari.
tramvia-saxa-laurentina

Il caso ha voluto che il decennale della dimenticata delibera 37/06 cadesse all’inizio di una nuova campagna elettorale, dentro una città stremata da “Mafia capitale” e da una classe politico-amministrativa impresentabile. Come se niente fosse è ricominciato il defilé dei candidati che, indovinate un po’, da dove cominciano i loro giri turistici elettorali? Ma, diamine, dalle periferie! Come da 20 anni a questa parte. E più le girano e più le periferie arretrano in servizi e qualità della vita dei residenti. E per fare cosa? Perbacco, ma per ascoltare i cittadini! Più che candidati sembrano pellegrini del Giubileo che chiedono ai passanti dove siano le chiese monumentali dell’Urbe. Le cose che servono a questa città le dovrebbero già sapere, ma non le sanno, non le conoscono, non le immaginano.
Cosa significa realizzare un’infrastruttura come la Saxa Rubra-Togliatti-Laurentina

Se hanno voglia di imparare, potrebbero sapere che cosa significa realizzare un’infrastruttura come la Saxa Rubra-Togliatti-Laurentina. Significa fare una linea di trasporto ecologica che da nord a est a sud intersecherebbe, mettendole in rete, penetrazioni ferroviarie, tram e metro: Ferrovia Roma Nord, Fl1, Metro B1, Metro B, Fl2, Tram sulla Prenestina, Metro C, Tramvia Termini–Pantano, Metro A, Fl4-6-7-8 Metro B.

Insieme al ferro connetterebbe in rete anche la cintura dei Parchi: la Riserva naturale della Marcigliana, il Parco delle Sabine, il Parco Talenti, il Parco Petroselli, il Parco Urbano di Aguzzano, la Riserva naturale della Valle dell’Aniene, il Parco Giovanni Palatucci (Tor Tre Teste), il Parco di Centocelle, il Parco degli Acquedotti e quello che lo comprende dell’Appia antica, tutti ricchi anche di presenze archeologiche e storiche di grande valore. L’infrastruttura di mobilità attraverserebbe tangenzialmente quartieri popolosi, aree archeologiche e paesaggistiche. Potrebbe essere affiancata completamente da una pista ciclabile protetta. Unendo mobilità dolce e “cura del ferro.” In alcuni tratti, come su viale Togliatti, potrebbe innervare un grande boulevard urbano per poi diventare nel Parco degli Acquedotti e dell’Appia antica il trasporto ecologico su cui attraversare la “Grande bellezza”.

Se si parla di riqualificazione delle Periferie, la Saxa Rubra-Togliatti-Laurentina ne sarebbe lo strumento principe e, insieme, l’architrave su cui poggiare la trasformazione policentrica della città nelle grandi centralità urbane metropolitane pubbliche costituenti il polo di Roma est: Pietralata, Ponte Mammolo, Tor Vergata. Già la realizzazione del primo tratto su viale Togliatti, dove si addensa la maggior parte delle linee radiali su ferro (Fl2, metro B, C, A, tram di via Casilina e di via Prenestina) darebbe il segno consistente di una grande riqualificazione delle periferie interne al GRA.

C’è poi da considerare che le tecnologie oggi consentono di realizzare in superficie, come in altre capitali europee, infrastrutture trasportistiche altamente efficienti in grado di essere competitive con qualsiasi mezzo privato e a costi molto contenuti rispetto a quelli faraonici delle metropolitane.

Infine, ultimo ma non per ultimo, una progettazione partecipata, se fatta bene, seguendo le metodologie sperimentate negli altri paesi, può costare qualche migliaio di euro: una bazzecola nel bilancio capitolino. In cambio si avrebbe un’opera condivisa e radicata nella coscienza della popolazione. La delibera chiedeva quest’atto necessario e propedeutico alla progettazione attuativa vera e propria e alla realizzazione dell’opera. Perciò, in tutti questi lunghi anni, non si è trattato di mancanza di soldi, ma solo di volontà politica da parte sia del centrosinistra che del centrodestra, risultati affetti dalla stessa allergia alla partecipazione civica e popolare.

I promotori della 37/2006, benché sia passato un decennio, non sono disposti a mollare. Cercheranno in occasione della ricorrenza di riproporre a tutta la città, alle forze politiche che si apprestano a sfidarsi per governarla, ai cittadini che reclamano un trasporto decente e non da terzo mondo per la Capitale d’Italia, la realizzazione di questa grande opera infrastrutturale di mobilità ecologica. Non si tratterà di commemorare un defunto, ma di rilanciare un progetto ben vivo e necessario. Sperando che non ci vogliano altri dieci anni per cominciare a metterci mano. Perché dopo la non conclusa guerra di Troia non sarebbe il caso di avere pure l’Odissea

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