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Santa Maria della Rotonda ad Albano Laziale

Santa Maria della Rotonda ad Albano Laziale
Maggio 29
22:00 2013

Santa-Maria-della-rotondaInteressante visita quella organizzata dall’Associazione culturale “Amici della Rivista Castelli Romani” il 23 marzo scorso: appuntamento ad Albano Laziale presso il Sagrato della Chiesa della Rotonda per visitare il luogo sacro e successivamente il Museo Diocesano di recente istituzione. Guidati dal professor Claudio Mannoni, competente collaboratore della storica Rivista, i visitatori hanno ascoltato con vero interesse la storia del Santuario, sorto sui resti di un ninfeo appartenente alla villa dell’imperatore Domiziano.

Si tratta di un edificio a pianta cubica all’interno del quale è iscritta una sfera, molto somigliante al Pantheon di Roma e per lungo tempo si è pensato fosse un tempio dedicato alla dea Minerva. In seguito il Ninfeo, ai tempi dell’imperatore Settimio Severo, venne adattato a luogo di culto pagano. Abbandonato poi per lungo tempo, con il crollo di alcuni edifici circostanti, iniziò ad interrarsi. Il luogo fu consacrato a chiesa cristiana, non ai tempi di Costantino, bensì intorno all’VIII secolo per opera di monaci orientali fuggiti dall’Impero bizantino poiché non seguaci dell’iconoclastia. L’immagine della Madonna della Rotonda è un’opera occidentale risalente tra il VI e il XII secolo, gli studiosi hanno pareri discordanti in proposito. La prima consacrazione del santuario avvenne il 7 dicembre 1060 – regnante Papa Niccolò II – intitolato alla Santissima Madre di Dio. Si ipotizza che prima del 1200 il santuario appartenesse all’Abbazia di Santa Maria di Grottaferrata. In seguito appartenne alla diocesi di Albano e successivamente ad un ordine di Suore Agostiniane. Nei primi decenni del 1300 fu nuovamente consacrato e fatto oggetto di numerose donazioni, ma si trovò anche al centro di una controversia tra le suore e il libero Comune di Velletri verso il 1370, controversia della quale s’ignorano le conclusioni. In seguito ad una guerra tra i militi di papa Eugenio IV e le famiglie baronali, nella fattispecie i Savelli, signori del luogo, Albano fu rasa al suolo insieme a Castelgandolfo e il Borghetto di Grottaferrata, e per il santuario iniziò poco dopo un lungo periodo di abbandono. Poi nel 1600 fu acquistato dai Monaci Girolamini insieme ad alcuni edifici circostanti e fu restaurato: poco distante venne istituita la sede del seminario vescovile. Nel 1700 il Santuario della Rotonda fu concesso agli Scolopi; trascorso il periodo dell’occupazione francese, con la relativa soppressione degli ordini religiosi, nel 1798 furono recuperati tutti i preziosi del Santuario, che fu restituito al clero diocesano nel 1801. Alla Madonna della Rotonda, incoronata nella Cattedrale di San Pancrazio, il popolo albanense chiese più volte intercessione in seguito alle epidemie di colera del 1837 e 1867 (durante quest’ultima morì il Cardinale Lodovico Altieri, attivamente impegnato a prestare soccorso ai malati), alle siccità, al terremoto del 1850, alle grandinate ed altre calamità naturali. Qualche anno più tardi fu realizzata la nuova facciata del Santuario e ristrutturato il pavimento. Più volte la Madonna, il cui dipinto ha caratteri bizantineggianti, eseguiti però con una tecnica occidentale, venne incoronata. Nuovi restauri nel 1919 permisero di recuperare le quattro nicchie laterali decorate con affreschi trecenteschi; altri lavori permisero nel 1933-34 di riportare il monumento all’originario aspetto: fu consolidata la cupola, abbassato il pavimento a livello romano – 3,30 metri sotto il piano stradale – sistemata l’abside e le nicchie laterali. In seguito ai bombardamenti della II guerra mondiale, l’edificio subì danneggiamenti e di nuovo fu oggetto di altri restauri che conferirono al Santuario l’aspetto architettonico attuale. Nel 1960 furono effettuati interventi per eliminare l’umidità che danneggiava le opere d’arte e nel ’79 furono eseguiti gli ultimi lavori di restauro agli affreschi trecenteschi presenti nelle nicchie laterali, ad opera della Soprintendenza ai Monumenti per il Lazio. Con altri occhi e nuova memoria si osserverà ora questo luogo sacro nel quale la Storia e l’Arte hanno inciso profonde trasformazioni: uno dei tanti in Italia che tutti dovremmo conoscere e valorizzare, senza trascurare la possibilità che questo campo offre, di creare nuovi sbocchi professionali per i giovani.

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