Sandro Penna raccontato da Enzo Giannelli
Chi, se non una persona cara, può parlare di Sandro Penna? Un uomo della valenza di Enzo Giannelli, che ha condiviso con il grande poeta ogni istante della sua vita, per un lungo periodo di tempo. E l’intento dello scrittore, poeta e critico multiforme Giannelli è proprio quello di offrire al lettore, attraverso le pagine de L’uomo che sognava i cavalli – La leggenda di Sandro Penna (A.Curcio Editore), uno spaccato della vita quotidiana del leggendario autore, cogliendone le sfumature più varie, i suoi momenti più intimi, le sue tensioni, le malattie immaginarie, il suo affetto per gli animali e i vari pettegolezzi. L’opera è stata presentata il 27 marzo u.s., dai docenti di Letteratura italiana Cristiana Lardo e Fabio Pierangeli nel corso del seminario di Letteratura italiana, appunto, presso l’Università di Roma Tor Vergata. Nel suo discorso introduttivo la professoressa Cristiana Lardo ha tenuto a precisare che «un insperato colpo di fortuna ha portato l’autore di L’uomo che sognava i cavalli nell’aula T12 A della facoltà di Lettere dell’Università Tor Vergata. Un colpo di fortuna, una biografia su Sandro Penna scritta dal suo migliore amico. E scrittore, anche lui. Il corso di Letteratura italiana, in questo semestre, si intitola Il vero e il verisimile. La biografia letteraria nel Novecento. Il lavoro, ma potremmo anche dire “il gioco”, è vedere come una vita vissuta davvero – la biografia di qualcuno – diventi, quando il biografo è uno scrittore, un vero e proprio romanzo. Con tutte le implicazioni del caso, quando il personaggio è scrittore a sua volta, delle molteplici rifrazioni e del gioco di specchi. L’insperato colpo di fortuna è stato che Enzo Giannelli biografo di Penna è venuto a parlarne agli studenti, lui in persona, prestandosi alle domande accumulate durante il corso, con le risposte che erano finora mere supposizioni. E abbia prevalso il gioco di rifrazioni, o piuttosto l’amicizia, abbiamo tutti imparato che ancora una volta la letteratura si è rivelata essere una questione di affetto, di delicatezza e di calore.» Il professore Fabio Pierangeli ha rivolto, invece, alcune domande all’autore, ponendo soprattutto l’attenzione al Penna poeta, uomo sensibile e schivo della vita mondana.
Pierangeli: «Chi sono i poeti? Maestri di vita dal fascino ambiguo, cattivi maestri di saluto e cosa si impara dai grandi poeti se non la disperazione?»
Giannelli: «Da almeno una decina d’anni Sandro Penna viveva appartato, ai margini del mondo civile e letterario. Non riceveva nessuno. I pochi contatti che aveva con l’esterno erano rappresentati da qualche telefonata agli amici, raggiungendo quel suo antico sogno espresso in due versi leggendari: “Io vivere vorrei addormentato/ entro il dolce rumore della vita”. Un giorno mi sorpresi a dire una sua poesia e lui mi guardò come se stessi sproloquiando dicendomi: – Ma cosa stai dicendo? – Una poesia che hai scritto tu – gli risposi. – Ma non l’ho scritta io, è venuta fuori da sé. Molte poesie le ho sognate, lo sanno tutti. La prima poesia che ho scritto è quella che fa: “La vita… è ricordarsi di un risveglio…”, non l’ho scritta io, l’ho detto un milione di volte. Io ero in riva al mare, mi ero addormentato con un giornale in mano, quando mi sono svegliato ho trovato quei versi scritti in un angolo del quotidiano.»
P.: «Ma bisogna diffidare di chi ti dice sempre che sei bravo, probabilmente non legge le tue cose…»
G.: «I critici non capiscono niente – diceva Sandro Penna – meno capiscono, più scrivono, più fanno elogi. I critici rendono incomprensibili anche le cose più semplici. Pensa a quella Fernanda Pivano, la scolara di Pavese, che tenta di spiegare i giovani poeti americani. Dicono un sacco di cose difficilissime, ma dopo le sue prefazioni, sono ancora più difficili, non si capisce proprio più niente. Quelle poesie per capirle, andrebbero lette sull’altalena. Io le chiamo le poesie dell’altalena.»
P.: «La poesia è la sua disperazione…»
G.: «La poesia nasce dal malessere, se stai bene non ti viene in mente di scrivere poesie. Penna era un uomo ingenuo e non era cattivo, perché non era smaliziato. Era uno spirito libero e nella sua ingenuità, si divertiva, giocava con tutti gli argomenti. La sua diversità l’ha sempre vissuta alla luce del sole e si diceva “mostro da niente”, perché non si considerava.» Sono pagine che invitano alla lettura, perché in ognuna è presentato un aspetto di Penna e lo stile di Giannelli è fresco, brioso, scorrevole, al punto che passa con disinvoltura dalle polpette al pomodoro all’analisi di Saba, Moravia, Pasolini, Proust, Wilde, Siciliano e molti altri ancora.
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