SAN JEIUNIO, COMPATRONO DI GERACE: FIGURA DI UN SANTO DIMENTICATO
L’ho letto d’un fiato stanotte, questo libro edito da Bibliotheka, immergendomi in un passato fatto di Fede allo stato essenziale, quello di chi viveva di preghiera e meditazione, che saliva a contatto con l’Altissimo semplicemente annullando se stesso, in un silenzio fatto di totale coinvolgimento.
Sto parlando di un religioso che si riallaccia ad antiche tradizioni risalenti al Monachesimo greco diffusosi nel Sud d’Italia, in Calabria, intorno all’anno Mille: San Jeiunio di Gerace.
Un riemergere dal nulla: l’autrice dell’opera storiografica, Lina Furfaro, deve alla sua tenace costanza di ricercatrice la scoperta, la conferma, la ricostruzione documentaria della vita, o meglio com’ella stessa precisa, della testimonianza, di questo asceta digiunatore ( da qui il suo nome, San Digiuno o San Giovanni Digiunatore): da tempo la grotta nella quale Egli pregava, situata tra le colline di Gerace, era ormai coperta di rovi, rifugio di pastori e di greggi.
Vissuto intorno all’anno Mille, geracese, venerato il 25 o il 28 di maggio, del santo si ha memoria per un supposto passaggio a un monastero fondato nei pressi della grotta eremitica che si trova in Contrada Ropolà, monastero del quale si hanno notizie solo fino al XVI secolo; a San Jeiunio si attribuiscono proprietà salvifiche contro il fuoco e le scottature.
Una ricca bibliografia dalla quale sono tratte le fonti, dimostra il lavoro certosino svolto dall’autrice, il tempo trascorso sfogliando polverosi libri – alcuni nella Biblioteca Statale del Monumento Nazionale di Grottaferrata, Abbazia di San Nilo – indagando sulla figura del monaco digiunatore: la sua ricerca spazia dagli studi sulla Calabria bizantina con riferimento ai Santi italogreci, alla Cronistoria della Diocesi di Gerace, ricostruendo – con le opere degli studiosi locali del passato o contemporanei come Giacomo Maria Oliva e la guida del Professor Enzo D’Agostino – , le minuscole tessere di un mosaico che rischiava di svanire, fagocitato dal tempo. Preziosa la collaborazione di Lucia Cusato alla quale si deve l’originalità dell’idea e l’incoraggiamento alla ricerca.
Interessante la documentazione iconografica e documentaria in appendice.
Un’opera che per la Comunità di Gerace – città nella quale nel 1992, dopo tanti secoli è stata riaperto il culto nella chiesa di San Giovannello con il rito greco ortodosso – sarà senz’altro prezioso riferimento alle comuni origini spirituali e culturali tramandate nel tempo.
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