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“Salvador, 26 anni contro”

“Salvador, 26 anni contro”
Maggio 01
02:00 2007

Il 27 aprile, sul grande schermo italiano esordirà il film di Manuel Huerga: “Salvador, 26 anni contro”. La storia è tratta dal libro di Francesco Escribano: “Compte enrere. La Història di Salvador Puig Antich”.
Salvador Puig Antich (interpretato dal bravissimo Daniel Bruhl), giovane militante del MIL, Movimento Ibèrico de la Liberaciòn, è stato l’ultimo prigioniero politico ad essere giustiziato in Spagna con la garrota, durante gli ultimi anni della dittatura franchista. Agli inizi degli anni Settanta, in Spagna, un gruppo di estrema sinistra, composto da giovanissimi militanti spagnoli e francesi, organizza la nascita del Movimento Iberico de Liberaciòn. Il MIL, con una serie di rapine in Catalogna, finalizzate a finanziare l’ala più militare del movimento, dà filo da torcere alla Polizia. Da principio, il successo delle azioni irriverenti, provocatorie e spettacolari, esalta le coscienze dei militanti del MIL, dando ai giovani combattenti una sensazione di euforica invulnerabilità. Ma, una mattina del settembre del 1973, gli agenti della Brigata Socio-Politica tendono una trappola a due militanti del movimento. Durante l’arresto esplode un conflitto a fuoco, in cui perde la vita un giovane ispettore di polizia. Uno dei militanti è Salvador Puig, ferito gravemente, e accusato dell’assassinio dell’ispettore. Dopo un lungo periodo passato in ospedale per ristabilirsi, Salvador Puig viene trasferito nel carcere di Modelo, fino al momento del processo. Il 20 dicembre 1973, l’ETA uccide il capo del governo franchista, l’Ammiraglio Carrero Blanco. Questo attentato farà cadere ogni possibilità di grazia per Salvador Puig, condannato a morte, dopo un processo sommario e ridicolo, nonostante la famiglia e tutta l’opinione pubblica si adoperasse per l’annullamento della sua condanna a morte. Il 2 marzo 1974, alle ore 16, Salvador Puig Antich, a soli 26 anni, viene giustiziato con la garrota. Ci vorranno 45’ perché esali l’ultimo respiro. La sua morte crudele e senza senso segna, per molti anni a venire, una generazione che tutt’oggi ancora si chiede se non avrebbe potuto fare di più per evitare un’esecuzione tanto terribile, quanto inutile.
Manuel Huerga, con questo film ha voluto portare sullo schermo una storia che facesse presa su ogni tipo di pubblico in tutto il mondo. Senza falsi sentimentalismi, senza scene strappalacrime, Huerga confeziona un messaggio che trova la sua massima esplicazione nella scena cruda e reale del momento dell’esecuzione, negli istanti insopportabili che precedono questo momento, la lotta senza arresto della famiglia, delle sorelle, del legale di Salvador Puig.
Durante la conferenza stampa tenutasi a Roma il 12 Aprile, presso l’Hotel Majestic in via Veneto, Huerga ha detto che un film come “Salvador 26 anni contro” è una denuncia alle miserie che il passato franchista ha prodotto nella storia della Spagna, alla pena capitale, rito macabro ancora presente nella nostra società civilizzata. Bisogna sottolineare – ha detto il regista spagnolo – l’importanza di raccontare eventi realmente accaduti, e raccontarli con il rigore di una documentazione attendibile, su fatti avvenuti in un periodo recente della Spagna che a tutt’oggi, anche se vive un momento di forte apertura riformista, non ha abbandonato la scelta politica legata alla destra franchista. E quindi a maggior ragione vanno ricordati fatti delittuosi avvenuti sotto il Dittatore Franco. Questo agire nell’ambito della cinematografia – sostiene Huerga – ci permette di recuperare un’ambientazione sociologica che fa presa su una memoria collettiva condivisa nel pubblico, sia da quanti hanno direttamente vissuto quel periodo della storia, sia dai giovani di oggi che possano, attraverso le scene proposte, identificarsi con il protagonista, “ribelle”, ma con una causa, una forza interiore di azione per combattere ingiustizia, mediocrità e conformismo.
La storia di Salvador Puig purtroppo continua a ripetersi in tutti gli angoli del mondo, sia in forme altrettanto crude e violente, sia per tutto ciò che fa riferimento al vitalismo del protagonista. Manuel Huerga così propone questo film straordinario. Con un’alta capacità registica, non fa inutile e triste spettacolo mostrando il rito forcaiolo, ma ci pone in modo crudo di fronte a questa pratica assurda. Così, al di là della spettacolarizzazione della morte del giovane Salvador, e ancor peggio degli ultimi momenti che hanno preceduto la sua fine, la domanda che ci pone è: ma che senso ha? E la risposta che si fa strada è: è solo per giochi, sporchi giochi politici! L’esecuzione di Salvador Puig, ancora oggi non trova una ragione per essere stata compiuta, e rinforza il concetto che la pena capitale è un rito assolutamente inutile.
Il film è questo. Una forte, esasperata denuncia contro la pena di morte, espressa con tutte le regole che espongono con compiutezza il punto di vista della regia, filtrato attraverso la visione di un osservatore invisibile, che con il suo “sguardo” permette di seguire azioni, comportamenti e fatti realmente accaduti, e di penetrare nello spazio-tempo della diegesi. La narrazione diventa discorso, captata dalla mdp, che coniuga tutte le possibili funzioni del racconto, tanto che lo sguardo del regista riesce a pieno ad identificarsi con lo sguardo dello spettatore.
Presentato al Festival di Cannes 2006 nella sezione “Un Certain Regard”, al World Film Festival di Montreal 2006 in “Focus on World Cinema”, premio Goya e premio Ondas 2006, tutto in questo film è cinema. Crudo, realista, nel rispetto delle unità dei codici che lo compongono.

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