Sabbia del deserto, di Eliana Rossi
L’ultima fatica letteraria della scrittrice Eliana Rossi è la silloge poetica Sabbia del deserto (UniversItalia editrice) che raccoglie quaranta poesie scritte nell’arco di tempo che va dal 2005 al 2008, seguendo a ruota la pubblicazione della raccolta di liriche Sulla scia del vento. «Considero questi due libri – chiosa l’autrice – uno complementare dell’altro. Il viaggio introspettivo e quelli fisici, nei vari luoghi che ho visitato, si completano nella creazione di un quadro di vita in cui la quotidianità non è mai banalità o ripetitività, ma è osservazione minuziosa dell’afflato vitale di cui sono pregni i momenti della nostra esistenza.
Una realtà considerata come un viaggio in cui non è importante la meta, ma il percorso con le sue tappe, i suoi contatti, le strade non sempre pianeggianti che ci fanno cadere e nel risollevarci ci si sente ogni volta un poco più forti, si acquisisce maggiore coraggio e determinazione. Il titolo del libro è ripreso dalla poesia “Sabbia del deserto”, che vuole essere un omaggio ad un luogo considerato impervio che, al contrario, è inaccessibile solo ai nostri rigidi schemi mentali abituati al paesaggio antropomorfo con tutte le sue restrittive conseguenze di un’esistenza vissuta serrata in città di cemento e a fronteggiare l’altro come l’acerrimo nemico. Il deserto è ampio spazio in cui l’occhio non trova alcun ostacolo al suo sguardo, è silenzio assoluto che fa affluire alla mente il flusso ininterrotto dei pensieri, è benessere interiore che trova alfine ristoro e pace sui suoi passi. Come l’altro volume anche questo è arricchito da alcune illustrazioni curate da mia figlia che frequenta l’Istituto d’Arte “Paolo Mercuri” a Marino e ogni volta mi meraviglio di fronte alla sua sensibilità, al suo saper cogliere perfettamente l’essenza della poesia». Si legge nella prefazione del libro: «Il viaggio intrapreso si snoda tra l’esplorazione di luoghi sconosciuti, che arricchiscono lo spirito con la conoscenza di popoli dai lineamenti solcati da profonde rughe che mettono in evidenza la loro lotta giornaliera con un ambiente arido e ostile come quello del deserto, e l’introspezione psicologica alla ricerca di quei piccoli segni, di quei deboli richiami che permettono di individuare gli errori, i fallimenti della società in cui si vive. Gli insignificanti gesti quotidiani che ci accompagnano durante la giornata, alla luce del dono della vita, acquistano nuova valenza, fregiandosi di un aureo bagliore che li ammanta di vitalità e unicità. L’uomo occidentale, spogliandosi dalle sue corazze di pregiudizi, perbenismo, ipocrisia, falsi ideali, rinviene nella semplicità del ciclo della natura l’inebriante oblio in cui il suo spirito si discosta dalla sofferenza quotidiana […]»
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