Rottamatori, sfasciacarrozze e sensi di colpa
La condanna ad accontentarsi del meno peggio e l’inversione del senso di colpaPer parità tratteremo una questione di sinistra e una di destra: le arcinote primarie e l’affare del signor B. (per quanto riguarda il senso di colpa). Le primarie del PD potrebbero benissimo essere dell’ormai ex PDL, tanto sono amplificate e caricate di aspettative salvifiche. Stavolta c’è più scelta, ma, come spesso accade in altre occasioni dell’intero panorama della politica italiana, pare che anche ora siamo condannati (volendo parteciparvi) ad accontentarci del ‘meno peggio’. I tipi sono affatto diversi, e questo già dice che scegliendo si perderanno almeno due caratteristiche o pregi che dir si voglia.
Renzi, il più accreditato per la vittoria sia alle primarie sia alle future elezioni, è un motorino che parte in quarta, piace, ha battute e slogan pronti, vuol rottamare e cambiare tutto (manco a farlo apposta è toscano e ‘bartaliano’) ma ha il difetto di correre la maratona da sprinter, è iperattivo come un personaggio di Verdone (infatti vuole fare il sindaco, il segretario, il premier … al papato ci sta pensando, anche se manca qualche requisito) e quindi è portatore sano, per ora, di berlusconite; che è una malattia latente, che trasforma i riformatori in sfasciacarrozze e che quando ti svegli è tardi per la cura. Cuperlo è a modino, intelligente e circostanziato ma sa un po’ di cellophane – conserva sotto vuoto tutti i crismi del partito – ed ha l’appeal politico di un gelato al gusto di formaggino mio. C’è poi Civati, affascinante e rosso, pure coerente, grintoso e preparato; peccato che sia l’identikit del perdente di successo. Tutti e tre sono ben laureati e niente affatto superficiali, tuttavia nessuno convince appieno. Ecco siamo messi così, per il meglio si deve aspettare. Vedremo se il voto dell’8 dicembre rappresenterà questa incertezza o se, come è più probabile dopo la dirompente sentenza della Corte Costituzionale, i partecipanti premieranno il candidato più attrezzato al futuro scontro elettorale.
E veniamo al senso di colpa. Nel nostro strano Paese si verifica spesso, per induzione, l’inversione del senso di colpa. Può accadere che si vergognino i contribuenti onesti e gli incensurati, perché un po’ scemotti e paurosi. Può accadere che nella valutazione delle cose si salti di palo in frasca o addirittura che si cambino le carte in tavola. Può accadere che il reo diventi vittima in base allo stravolgimento della realtà e ad una stiracchiatura di comodo di argomentazioni giuridiche. Potremmo sbagliare, naturalmente, ma sembra che la ratio della cosiddetta legge Severino sia semplice, e le sue disposizioni di carattere esclusivamente morale e di salvaguardia della onorabilità del Parlamento e di altre istituzioni nelle quali non devono sedere condannati in via definitiva oltre il limite dei due anni. E per questo, come buon senso vuole, è stata applicata già in numerosi casi. In realtà dovrebbe essere una legge ‘disapplicata’, intendendosi che alla condanna dovrebbero seguire immediate dimissioni o rinunce spontanee. Invece nel noto caso di Berlusconi, la sua applicazione, neppure tanto veloce, ha determinato il ribaltone del senso di colpa, insinuato leggero come un venticello di rossiniana memoria. Così si chiude il cerchio: il reo è vittima, gli altri persecutori che debbono pentirsi della loro cattiveria.
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