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Roma, torna sui media la "mafia Rom". Realtà o informazione distorta?

Giugno 30
14:07 2009

E’ un’informazione parziale, che presenta al pubblico una realtà falsata, inducendo – ovviamente – il lettore a pensare che i Rom, a Roma, siano capaci di dare vita a una forma di criminalità organizzata autonoma, venendo così a costituire un nuovo pericolo per la sicurezza. Per comprendere correttamente la notizia bisogna proseguire nella lettura del pezzo e interpretare, fra le righe, la verità: “Le ordinanze di custodia cautelare sono state emesse dal gip di Roma su richiesta della direzione distrettuale anti-mafia della capitale”. Et voila, ecco che si presenta una versione diversa del fatto di cronaca: non si tratta di “emergenza Rom”, ma di mafia, di italianissima mafia, nella fattispecie ‘ndrangheta, che gestisce integralmente il traffico di stupefacenti a Roma e utilizza le fasce sociali più vulnerabili, emarginate e indigenti per i suoi traffici, fra cui i Rom. Vincenzo Macrì, sostituto procuratore della Direzione nazionale Antimafia, ha recentemente sottolineato l’inadeguatezza dei media, di fronte alla mafia: “L’errore dei mezzi di informazione è quello di dare al fenomeno della criminalità organizzata una visione minimalista e regionale. Il fenomeno della ‘ndrangheta riguarda la democrazia e l’economia dell’intero sistema-Paese”. Macrì ha sottolineato come la drangheta (cui i Rom arrestati a Roma sono asserviti) abbia il pieno controllo dello spaccio, nelle città che controlla, per un giro di affari totale che raggiunge i 44 miliardi di euro (pari al 2,9% del prodotto interno lordo italiano). Mentre giornali e telegiornali presentano i Rom come boss mafiosi, fomentando odio razziale e distorcendo la verità, le ‘ndrine controllano il mercato illecito e i loro tentacoli afferrano e muovono tutto, dall’economia alla politica. Il giornalista de La Repubblica e i suoi colleghi avrebbero dovuto presentare in maniera differente la notizia. Per esempio così: “Un altro colpo alla ‘ndrangheta: 54 arresti. La criminalità usava Rom, disperati e minori per il traffico”. Vi è da augurarsi che l’informazione arrivi presto ad adottare modelli di obiettività, con una visione a 360 gradi dei fatti, soprattutto quando riguardano le mafie. Seguendo tale codice, il giornalista avrebbe posto in rilevo come la mafia italiana recluti le sue manovalanze dove esistono emarginazione, persecuzione e degrado sociale. Quindi avrebbe sottolineato come repressione e “cattivismo” abbiano esteso a dismisura tali risorse a cui ‘ndrangheta, camorra e cosa nostra possono attingere. Ed ecco allora che, evitando di raccontare la solita storiella degli “zingari boss”, il cronista avrebbe collegato questa operazione a quella del 26 giugno scorso, quando il G.I.C.O. di Catanzaro, insieme alle unità investigative di altri capoluoghi di provincia, ha colpito un cartello di narcotrafficanti in cui agivano in sintonia, a Roma e nel Lazio, ‘ndrangheta e camorra. Il cartello si avvaleva, come è tipico della criminalità organizzata (che è una vera e propria multinazionale), di contatti e collaborazioni in Colombia, Spagna, Nordafrica. Al vertice, elementi appartenenti ai clan della ‘ndrangheta reggina dei Commisso-Mazzaferro di Marina di Gioiosa Jonica e Cataldo di Locri, al clan camorristico Bianco-Baratto di Napoli Fuorigrotta, alle cosche calabresi trasferitesi a Roma. Di questo “carro” criminale che percorre quasi indisturbato “tutte le strade che portano a Roma”, i Rom che si dedicano allo spaccio sono davvero l’ultima ruota…

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