Roma. Il PCI Lazio, ad attivarsi contro l’approvazione dell’Autonomia Differenziata
Roma. Il PCI Lazio, chiama compagni e cittadini ad attivarsi da lunedì 29 nei territori della regione contro l’approvazione dell’Autonomia Differenziata
Bruno Barbona, Segretario regionale del PCI Lazio, in considerazione delle varie iniziative e appuntamenti promossi unitariamente e dalle singole forze politiche e sociali, sottolineando che il PCI è stato fin dall’inizio coerentemente critico con tali scelte, ha rilasciato la seguente dichiarazione: “In occasione dell’approvazione del disegno di legge sull’autonomia differenza legge di iniziativa del governo all’ordine del giorno della Camera per il 29/04/2024, già approvata in Senato nella seduta del 23/01/2024, il Partito Comunista Italiano è mobilitato nella stessa giornata per creare occasioni di incontro – unitariamente o anche solo del PCI – e mettere al centro la pericolosità della tenuta del Paese, rendendo i cittadini diversi per regione di appartenenza con diversi diritti acuendo il divario tra nord e sud tra regioni ricche e regioni povere il governo succube di Salvini approverà il Dl Calderoli cambiando di fatto i diritti costituzionalmente garantiti.”. Ricordiamo che l’autonomia regionale differenziata proposta dal Ministro Calderoli, già approvata al Senato e attualmente all’esame alla Camera dei Deputati, sfascia l’Italia, la riporta alla dimensione degli staterelli preunitari e delle dominazioni straniere. 23 materie oggi esclusiva dello Stato o concorrenti Stato – Regioni potranno essere scelte, come un menu a la carte, da ogni Regione, per ottenerne l’esclusiva potestà legislativa e amministrativa. Materie che comprendono le norme generali sull’istruzione, il paesaggio, il patrimonio storico e artistico della Nazione, l’ambiente, la biodiversità, ma anche la sanità, le autostrade, i porti e gli aeroporti, la protezione civile, la produzione e distribuzione dell’energia e molte altre. Si trasferiscono così poteri senza responsabilità, impedendo di disporre di quell’angolo visuale nazionale e sovranazionale che oggi è indispensabile per affrontare la complessità. Saremo un Paese Arlecchino ripiegato su sè stesso, incapace di guardare al futuro, che conterà sempre meno nella Unione Europea. Ma l’autonomia differenziata riguarda anche i diritti dei cittadini, delle persone: non è solo la secessione dei ricchi, ma anche una guerra tra poveri, che emargina il Mezzogiorno e le aree interne del Centro e del Nord. Non sono serviti a fermarlo i presìdi, le iniziative e le manifestazioni che da anni si sono svolte in tutta Italia con Comitati, Associazioni, Sindaci, forze politiche e sindacali; non sono state considerate le numerose prese di posizioni, fortemente critiche, di autorevoli costituzionalisti, economisti, docenti ed esperti; e neanche le preoccupazioni espresse da importanti Istituzioni come l’Ufficio parlamentare di Bilancio, la Banca d’Italia, la Commissione europea, la Confindustria e lo SVIMEZ, il quale ultimo ha valutato in 90 miliardi di euro lo stanziamento necessario a colmare i divari già oggi esistenti tra Nord e Sud. Il PCI, che ha sostenuto dall’inizio questa giusta battaglia contro la catastrofe ed è parte attiva dei Comitati NO AD, fin dal 2018. Il PCI continuerà coerentemente a battersi in tutte le sedi e con tutte le sue energie contro un disegno eversivo che vuole smembrare il nostro Paese, delegittimare il ruolo del Parlamento in rappresentanza del popolo sovrano, e le funzioni del Presidente della Repubblica, superando così surrettiziamente la Costituzione antifascista, democratica e repubblicana e i suoi più profondi valori. Infatti a Giorgia Meloni l’elezione diretta del Presidente del Consiglio serve per essere pienamente legittimata, per andare oltre la Costituzione del 1948, democratica ed antifascista, riducendo drasticamente ruolo e poteri del Presidente della Repubblica e riducendo il parlamento a guardia pretoria del capo del governo: o ne approva le decisioni o va a casa. La legge elettorale indicata nella modifica della Costituzione garantirà al Presidente del Consiglio una maggioranza di parlamentari, strettamente dipendenti dalla sua elezione, difficile che possa esserci un successore senza nuove elezioni. Avere la maggioranza dei parlamentari senza ottenere la maggioranza dei voti farà impallidire la legge truffa del 1953, che almeno scattava con la maggioranza dei voti. La destra vuole modificare la Carta del 1948 per fondare una nuova Repubblica e vuole un’altra Costituzione. Il progetto è contraddittorio, pericoloso, ma ha un obiettivo chiaro: chiudere l’epoca della Costituzione democratica ed antifascista del 1948 fondata sulla divisione dei poteri. L’alternativa alla capocrazia è pretendere la possibilità per elettrici ed elettori di eleggere direttamente tutti i 600 parlamentari, dicendo basta ai nominati dall’alto, moderni vassalli, per ridare al parlamento la centralità che la Costituzione gli attribuisce e contrastare l’astensionismo.
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