Roma, gli artisti ed altri viaggiatori – 4
Goethe è arrivato a Roma in incognito. Il suo viaggio in realtà fu una vera fuga. Il lavoro come ministro a Weimar aveva soffocato la sua creatività. Sentì egli la necessità di cambiare pelle. L’Italia era sempre stata il suo sogno, l’Italia classica della Magna Grecia e dei Romani. Tuffandosi in quell’ambiente classico sperava di poter rinascere come artista. Preparava questa fuga di nascosto, nessuno doveva sapere quando e per dove sarebbe partito. Il 3 settembre 1786, alle tre di notte, partì con la carrozza della posta, senza salutare nessuno.
All’inizio viaggiava sotto un falso nome, non voleva essere riconosciuto, voleva godersi l’Italia senza dover rendere conto a nessuno. Per molto tempo nemmeno sua madre e i suoi amici più stretti avevano notizie di lui. La città però gli presenta presto anche gli aspetti meno nobili, il 24 novembre scrive: “Quattro persone sono state assassinate nel nostro quartiere nelle ultime tre settimane. Oggi un egregio artista, uno svizzero a nome Schwendimann, artista di medaglie, è stato aggredito, proprio come il Winckelmann. L’assassino, col quale s’era azzuffato, gli ha inferto 20 coltellate e al sopraggiungere degli sbirri lo scellerato si è suicidato. Ciò che del resto qui non si usa: l’omicida al solito ripara in una chiesa e buonanotte”.
Vicino a via del Corso c’è l’ospedale San Giacomo, sulla cui chiesa il Gregorovius nel 1856 riferisce un caso di immunità ecclesiastica tipico della cultura della società papalina: “Un ladro si era rifugiato a san Giacomo sul Corso ed ivi sedeva vicino ad un altare, coprendosi il viso con le mani. Curiosi si aggiravano nei pressi e due sbirri davanti alla balaustra della cappella, vestiti in borghese, stavano in agguato ma non lo potevano arrestare. Il ladro rimase così, mi dissero, fino a sera. Durante la notte i frati lo lasciarono scappare”. Come si vede il Potere della Chiesa aveva i suoi punti deboli nella Chiesa stessa. Goethe è impegnato nella revisione dell’Iphigenie, aggiunge una scena al Faust e continua a lavorare all’Egmont e qui a Roma riceve nel novembre 1987 l’amico pianista Christoph Kayser il quale aveva già cominciato a comporre le musiche di scena dell’Egmont: ” …comparve ben presto da noi e ricevette cordiale accoglienza nel cenacolo d’artisti che aveva posto il suo quartier generale al Corso, di fronte a palazzo Rondanini”. Ma ci sono difficoltà oggettive nell’organizzare il lavoro: “…ci vollero parecchi giorni prima che trovassimo un pianoforte, che questo fosse provato ed accordato, che venisse insomma messo a punto come ostinatamente voleva e pretendeva l’artista, sempre fertile di nuovi motivi per obiettare ed esigere”. Kayser però coinvolge sempre più Goethe nella sua stesura musicale: “Kayser portò seco la sinfonia introduttiva dell’Egmont, dando nuova esca alle mie aspettative in tal senso, che in quel momento erano più che mai rivolte, per necessità e per predilezione, verso il teatro in musica. Egli infatti sta lavorando, da quell’emerito artista che è. Le musiche continuano a progredire; non le ho ancora sentite tutte, ma mi pare che ciascuna risponda assai bene allo scopo”. E la presenza del pianista stimola di continuo lo scrittore: “La presenza di Kayser elevò ed accrebbe in noi l’amore per la musica, che fin allora s’era limitato alle esibizioni teatrali. Egli non si lasciava sfuggire le festività religiose e ci sollecitava ad accompagnarlo per ascoltare le musiche solenni proprie di tali ricorrenze”.
Sempre su via del Corso, non lontano dalla casa al n° 18 si trova la chiesa di San Carlo al Corso ove il 7 marzo 1788 è presente Wolfgang ad una cerimonia funebre per la morte di un cardinale: “Oggi si tennero le esequie del cardinal Visconti nella chiesa di S. Carlo. Poiché alla messa funebre interveniva il coro della Cappella pontificia, non mancammo d’assistervi. Venne cantato un Requiem per due soprani, la cosa più inconsueta che si possa udire… non c’era organo né altro accompagnamento musicale”.
Solo musica sacra allora fra i suoi diversivi? Certamente no. La casa del Corso si trasforma, ad esempio, anche in un piccolo teatro ambulante quando viene organizzata su due piedi una esecuzione cui presenzia una amica di Goethe, Angelica Kauffmann grande pittrice svizzera residente a Roma e potente musa locale della cultura cittadina del tempo: “… per motivi che non abbiamo indagato ella non andava mai a teatro, anche se noi, appassionati come siamo di spettacoli, non ci stancavamo di decantarle la spigliatezza e la bravura degli artisti e l’efficacia della musica del nostro amato Cimarosa”, allora alcuni cantanti “sapendoci loro fedelissimi amici e tenaci applauditori, si dissero disposti a venire una volta a far musica e a cantare nella nostra casa. Potemmo così invitare a una decorosa serata Madame Angelica, suo marito, il consigliere Reiffenstein, i signori Jenkins, Volpato e altri. Si svolse così uno splendido concerto in una bellissima sera estiva, con folti gruppi di gente che si riunivano sotto le nostre finestre e ogni volta acclamavano i cantanti, neanche si fossero trovati a teatro”. L’iniziativa infatti attira molti passanti diversi: “… una grande carrozza giardiniera, occupata da un’orchestra di dilettanti che si divertivano a girare per la città la notte, si fermò giù nella via e, dopo aver tributato vivi applausi alle esibizioni della sala, fece udire, cantata da una robusta voce di basso e accompagnata da tutti gli strumenti, una delle arie più popolari della nostra opera… Fu così che l’attenzione del Corso si concentrò di colpo sulla nostra dignitosa ma tranquilla dimora”. La casa di Goethe al n. 18 di via del Corso è oggi l’unico museo tedesco fuori del territorio germanico.
1 Brani tratti da Viaggio in Italia – pubbl. 1816- 1817
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