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Roma è una bugia

Roma è una bugia
Febbraio 01
16:46 2015

Roma è una bugia
Filippo La Porta
9788858111796
Editori Laterza
€ 12,00 anno 2014 e-book disponibile € 7,99
Copertina:
A Roma, città «Tutto ciò che qui giunge finisce, però non smette di finire», La Porta consegna intera, guarda un po’, anche la propria gioventù ricca di amici, tipi e caratteri, amori, dolori indimenticabili, perché i primi, i più forti e laceranti, e così una parte di se stesso che ‘non smette di finire’ e di fare male in qualche parte del corpo. Il libro, veicolato in semplicità come l’oscillare del proverbiale carattere romano «tra lo stupore dell’anvedi e il ruvido disincanto del che tte frega», prova a ri-enumerare un po’ i luoghi comuni della Città Eterna, utili quando non si sa che etichetta appiccicarle addosso, ma li lascia anche prontamente tutti per la strada. Grazie ad uno sguardo sociologico tenuto vivo da esempi concreti e da una poetica che, semplice, sgorga dal ricordo di quelle strade che sono state le prime a vedere lo scrittore giovane, poi mentre diventava uomo, e che lo stesso descrive ad ogni passo ‘disgraziate’ e perciò preziose. L’espediente retorico di creare disvalore attorno a ciò che si ama di più è risaputo ma qui è dosato con cura fra capitoletti dedicati all’osservazione pura della Roma esterna a se stessa, il vecchio quartiere di San Basilio una volta marginale al centro e un GRA che oltre che serpentone, per niente acronimo di Grande Raccordo Anulare, ma figlio dell’ingegner Giulio Gra, è il lungomare sconfinato dei romani (da lì in effetti s’ammirano campagne e casali, s’annusa il vento di Ostia e quando lo si prende si è già liberi in qualsiasi direzione si voglia andare). E poi questa Roma del disincanto, del ‘flaianesco’ ‘A Marzia’ facce ride’, altro luogo comune (?), non ce la fa a smontare proprio tutti: un potente e appassionato Jimi Hendrix resta vivo e vegeto nel mito, perché forse Roma, come raccontava pure Sorrentino, può inglobare nel suo nulla solo i mediocri d’ogni latitudine. Presenti fra le righe Primo Levi, Sandro Penna, Elsa Morante, la libreria Al ferro di Cavallo, ritrovo di scrittori e pensatori, e poi le vie e le piazze protagoniste superbe. Scrive Fiedler, critico e scrittore statunitense a Roma nel 1952: «Tutti avevano deciso di godersi lo sciopero con quel buon umore che incute paura col quale la folla di Roma saluta ogni tipo di disordine» e conclude La Porta, cauto:«Chissà che in questo buon umore con cui si affrontano le calamità della vita pubblica non sia lecito trovare anche le premesse di una preziosa virtù civica». Un libro complesso da gustare oltre le presentazioni semplicistiche, un piccolo forziere di aneddoti sulla Capitale, un’autobiografia accennata, quando ciò che si è vissuto è impensabile separarlo dal dove. (Serena Grizi)

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