ROCCA DI PAPA: TRAGICO SAN VALENTINO DI GUERRA
Era felice Giuliana quel 14 febbraio del 1944. Lei era una bella ragazza mora, non ancora ventenne: era nata il 29 ottobre 1924 a Rocca di Papa, in una casa in via XX Settembre, poco distante dall’antica Piazza Vecchia. Era la terza figlia di un’affettuosa famiglia, i Giansanti, provata da un grande dolore: con loro aveva pianto quattro anni prima, nel novembre del 1940 per la dolorosa perdita del fratello Luigino, arruolato nell’Artiglieria Ferrara e mandato a spezzare le reni ai greci…
Era giovane, Giuliana: le lacrime s’erano pian piano asciugate, mentre nel cuore di tutti restava aperta quella grande ferita, ma la vita andava avanti…
Quattro anni dopo, i primi di gennaio del ‘44, lei si era fidanzata: lo aveva scritto al marito della sorella, Vincenzo che era in guerra. Una lettera vergata a quattro mani, proprio insieme a lui, al giovane Salvatore. Trascorreva quei giorni come trasognata: lavorava all’Annona, occupandosi del razionamento, della distribuzione di tessere alimentari per il consumo e il rifornimento dei viveri; gli uffici comunali si trovavano in uno stabile su quello che oggi è il ripido Corso della Costituente, subito sotto la Chiesa dell’Assunta, proprio nella piazzetta dove Massimo D’Azeglio nell’Ottocento conobbe Carletto il caffettiere e la bella Carolina, sua moglie.
Quel tragico lunedì di febbraio del 1944 Giuliana era andata regolarmente al lavoro, rinunciando a malincuore ad accompagnare Salvatore al matrimonio di un suo amico, in una trattoria ai Campi di Annibale.
Non le importava, l’avrebbe rivisto nel pomeriggio, magari tutto elegante dopo la festa: era da poco rientrata, aveva salutato nonna Lucia, mamma del papà e le sue due cuginette Fernanda e Anna Maria, di 12 e 4 anni, figlie della zia Emma e dello zio Giuseppe, fratello del padre e s’era seduta a rammendare le calze.
Bionde, vezzosette, tanto felici di stare con la nonna a Rocca di Papa, da qualche giorno le bambine erano arrivate da Napoli, dove invece erano rimasti i genitori, che là lavoravano e che per sicurezza, temendo bombardamenti e atti di guerra, le avevano affidate ai parenti di Rocca per stare più tranquilli.
Fu un attimo: s’udì nel cielo il cupo rombo dei motori delle Fortezze Volanti e subito dopo dei sibili assassini. Un boato spaventoso si portò via quella sprizzante gioia di vivere, accomunando nella morte tutte quelle creature. Erano le 14.00 di quel tragico 14 febbraio 1944.
Dalla casa ridotta in macerie papà Giovannino estrasse con la forza della disperazione il corpo senza vita di sua figlia, sua madre, e delle due piccole creature…
Il destino era tornato a infierire e a colpire, dilagando ovunque dolore e disperazione, replicando a quattro anni di distanza la grande tragedia di una figlia che muore, anche lei non ancora ventenne, come il primogenito Luigino.
Salvatore, pur rifacendosi una vita, portò per sempre nel suo portafogli la foto della sua Giuliana: furono proprio la moglie – donna eccezionale e di grandissima umanità e forza – e la figlia, quand’egli se ne andò colpito da un male incurabile, a confidarlo ai parenti della giovane, sfortunata ragazza.
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