RITRATTI IN CONTROLUCE, 2013 – Per Serge Latouche felice o serena, purché sia decrescita
Controluce – Anno XXII N. 4 APRILE 2013
Un ritratto che non è il tutto ma l’istantanea di un personaggio
di un momento, di una città, di un’ idea…
…quanto è stato fatto rispetto al 2013, cosa è cambiato, cosa è stato ripensato?
(Serena Grizi) Frascati – Martedì 12 marzo presso le Scuderie Aldobrandini si è svolto il primo incontro della Rassegna ‘Frascati-Ambiente 2013’ voluta da Altern@tivamente e Italia Nostra Castelli Romani. Tema: ‘Cos’è la decrescita serena: come uscire dalla crisi’, relatore Serge Latouche economista e filosofo. Ai più attenti non sarà sfuggito che la decrescita, secondo l’economista Maurizio Pallante dovrà essere felice, e per Latouche, per maggior accortezza o minor ottimismo, serena, ma insomma, purché decrescita sia. Non sfuggirà neppure il valore consolatorio di questi aggettivi poiché pare che per proporre ad un popolo di cittadini ‘in fasce’ un concetto che sembra pendere verso la rinuncia, lo si debba accompagnare con aggettivi che coccolano l’orecchio. È anche vero che non a tutti si può raccontare la verità nuda e cruda anche se ‘a-crescere’ e fare propri i concetti di ‘abbondanza frugale’, ‘prosperità senza crescita’ significherebbe recuperare molto delle nostre radici e affrontare meglio il presente. Non si capisce se per la solita esterofilia tutta italiota o per la sibillina promessa di avere una soluzione pronta per uscire dall’attuale stallo economico, la platea accorsa è stata almeno quattro volte quella contenibile dall’Auditorium ed il triplo di quella ritrovatasi per Pallante (recente ospite incompreso a Ballarò). I punti proposti per realizzare ‘l’utopia concreta’* sono otto, le 8R, e a prima vista semplici, Rivalutare, Ricontestualizzare, Ristrutturare, Rilocalizzare, Ridistribuire, Ridurre, Riutilizzare, Riciclare: «In una proposta organica – chiarisce l’economista – che si configura più come orizzonte di senso che come programma politico». Eppure Latouche scrisse un vero programma per le politiche francesi, in dieci punti fra i quali: recupero di un’impronta ecologica uguale o inferiore alla grandezza del pianeta, impronta al momento completamente fuori controllo in molti Stati, compresa l’Italia; rilocalizzazione delle attività produttive abbandonando il ‘globale’ molto dannoso in termini economici, ribadendo il concetto di maggiore circolazione di idee, minor circolazione possibile di merci, e zero circolazione di capitali. Restaurare l’agricoltura contadina; agire sulla qualità produttiva, secondo fabbisogno, e lavorare meno investendo nella produzione di beni relazionali più che di consumo. Ridurre lo spreco di energia. L’ottavo punto, più esplicitamente anticapitalista secondo Latouche: «Ridurre molto le spese pubblicitarie poiché la pubblicità genera frustrazioni che incitano all’acquisto, colonizzando completamente l’immaginario», suggerendo come stimolo a ragionarci su, gli scritti del pubblicitario pentito Frédéric Beigbeder (suo il divertente libro Lire 26.900 – Feltrinelli, N.d.r.). Per concludere con un altro punto fra i dieci: mettere una moratoria sulle innovazioni tecnico scientifiche poiché molte sono finanziate da grandi società transnazionali, e a loro utili, per mero interesse economico. Lungi dal voler riportare qui l’acceso dibattito ricco d’interventi e considerazioni, qualche dubbio ci resta. Riguardo la teoria: se l’esempio è quello di una stanza (il mondo) che non può essere riempita all’infinito (le nostre produzioni) la domanda drammatica che resta nell’aria è: se sono troppe le cose che produciamo è perché siamo troppi noi, diminuire le merci è solo un palliativo nell’attesa di che? L’altra domanda: in un sistema dominato dal PIL che la decrescita nella nuova visione sostituisce con il Fil (Felicità interna lorda), ammesso che tutti incondizionatamente si diventi virtuosi (acquisti a km zero, meno consumo, riuso, abbondanza frugale), sapendo, però, che nell’incremento del Pil trovano alloggio anche le attività delittuose (truffe, omicidi); ammesso che nemmeno il sentimento religioso è riuscito a debellare il male, ma ammesso anche che fra le attività delittuose la decrescita decrementerebbe le ecomafie etc., quale sarebbe nel Fil il posto riservato ai delitti ambientali, ai delitti per interesse etc. che, non abbiamo dubbio, continuerebbero? E poi: parte della platea ha contestato le domande sulle condivisioni fra M5S e teoria della decrescita, ma è chiaro che ci sono convergenze, Latouche stesso ha ammesso i suoi rapporti con Beppe Grillo. Non sembra, però, che ci sia tutta questa informazione riguardo cosa c’è nel M5S oltre Grillo: qual è la sua storia, il fatto che negli ultimi venti/venticinque anni migliaia di persone hanno fatto politica attiva dell’utopia concreta in attesa di questo cambiamento. Buona parte della platea accorsa all’incontro anche da altre province del Lazio, aveva ascoltato Latouche molte volte, ne conosceva le teorie e nessun dubbio ci tocca riguardo il fatto che già le applichi per quanto possibile. Però: quando qualche neofita ha provato a porre domande, considerate ingenue dagli esperti, o solo a manifestare la sua gratitudine al relatore, è stato contestato. Eppure sono proprio i ‘nuovi’ aderenti quelli che dovrebbero contare, chi conosce a menadito questa teoria dovrebbe considerarsi un edotto al servizio degli altri. Anche in questi comportamenti fatti di piccole intolleranze, forse dimostrativi di nulla ma antipatici, si può riconoscere quanto siamo lontani da una comunicazione ecologica, poiché la decrescita vuole rappresentare un cambiamento radicale, oltre che economico, anche nella concezione dei rapporti umani e sociali. Questa economia di pace è fatta di piccolissime cose che andrebbero diffuse soprattutto fra chi non le ha intuite.
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