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Ritratti di Fotografi:Gianni Berengo Gardin

Ritratti di Fotografi:Gianni Berengo Gardin
Giugno 27
22:00 2015

ritratti-Gianni-Berengo-GardinGianni Berengo Gardin nasce nel 1930 a Santa Margherita Ligure, e inizia a occuparsi di fotografia nel 1954, dopo aver vissuto a Roma, Venezia, Lugano e Parigi. Inizia la sua carriera di fotografo presso il mondo di Mario Pannunzio, dedicandosi al reportage, all’indagine sociale, alla documentazione di architettura e alla descrizione ambientale. Negli anni successivi collabora con le maggiori testate nazionali e internazionali, con il Touring Club Italiano e con l’Istituto Geografico De Agostini.

Il suo modo caratteristico di fotografare, il suo occhio attento al mondo e alle diverse realtà, dall’architettura al paesaggio, alla vita quotidiana, gli hanno decretato il successo internazionale rendendolo molto richiesto anche nel mercato della pubblicità, Procter & Gamble e Olivetti hanno usato più volte sue immagini nelle loro campagne.
Nel 1963 ottiene il World Press Photo, nel 1995 vince il Leica Oskar Barnack Award, è presente tra gli 80 fotografi scelti da Henri Cartier-Bresson nel 2003 per la mostra “Les choix d’Henri Cartier-Bresson”. Gardin ha pubblicato 250 libri fotografici ed esposto in più di 200 mostre personali.
Gianni Berengo Gardin vive a Milano e fà parte dell’agenzia fotografica Contrasto.
ritratti-Gianni-Berengo-Gardin-1Per Gardin la documentazione è il DNA della fotografia, ” io lavoro per lasciare ai posteri un archivio delle cose che scompaiono: tradizioni, paesaggi, architetture”. Per Gardin l’uso del colore distrae dai contenuti che si vogliono trasmettere, d’altra parte il mondo in cui si è formato(fotografia, cinema, televisione), è in bianco e nero, “non potevo non continuare in bianco e nero”.
La fotografia documentativa per Gardin non può essere modificata; anche il minimo cambiamento altera una foto trasformandola in un’immagine. Non si può spacciare per realtà qualcosa di artefatto.
Sempre a proposito dei nuovi media fotografici Gardin dice “Sono un sostenitore della pellicola, anche se recentemente ho provato – e tutti per questo mi hanno molto criticato – una digitale[…]. Ora continuo a fotografare con le mie Leica M7 e M6 a pellicola[…]trovo che il digitale sia comunque troppo metallico, troppo freddo, tutte cose che non cerco nella fotografia. Credo che la pellicola sia ancora più plastica e, soprattutto, generi un negativo. Avere un negativo, qualcosa di concreto in mano, per me è un gran vantaggio. Con il digitale non sappiamo se tra 50 anni esisteranno ancora gli strumenti per leggere le nostre fotografie o se saranno completamente cambiati i supporti e tutto sarà perduto[…].
ritratti-Gianni-Berengo-Gardin-2Indubbiamente il digitale è stato una rivoluzione e, come in tutte le rivoluzioni, in essa c’è il bene e il male. Proprio recentemente mentre lavoravo a Venezia notavo che ormai tutti fotografano e quasi tutti fotografano male, a caso, tanto per fotografare, tanto perché hanno un mezzo, e fotografano le cose più stupide! Sia ben chiaro è loro pieno diritto, tutti possono fare quello che vogliono, però indubbiamente la fotografia ha avuto una grande diffusione che spesso a mio parere ha portato a poco[…]. La fotografia è un mestiere come gli altri e si deve studiare per anni osservando le opere dei grandi maestri e non le proprie o degli amici su Facebook”.
Obiettivo di Gardin è fare buone foto e non solamente belle foto, le foto formalmente perfette sono spesso prive di contenuto, le buone foto invece, anche se tecnicamente imperfette, raccontano certamente qualcosa. E per raccontare il percorso del nostro Paese negli ultimi cinquant’anni Berengo Gardin raccoglie scatti dai sui tanti reportage, come quelli sugli ospedali psichiatrici, il movimento del ’68, la vita dei rom, in circa 250 libri. Il libro con centinaia di foto, permette di sviluppare un racconto approfondito sfaccettato, molto meglio che un semplice reportage fatto di pochi scatti.
ritratti-Gianni-Berengo-Gardin-3Le foto di Venezia riportate in uno degli ultimi lavori sono quelle delle gigantesche navi da crociera che traversano la laguna e sfiorano Piazza San Marco quasi per colpire con una emozione di pochi minuti il turista mordi e fuggi, quanto tempo è passato dalla foto della Piazza innevata solcata da un volo di piccioni?
“…Quel muro bianco che sembra un cielo e invece è pieno di oblò, appiccicato alle case veneziane grigie con le loro finestre gotiche: è il pittoresco ribaltato. Volevo che fosse un effetto di shock anche per i veneziani che sanno a memoria la loro città”.
Un’auto degli anni ’60, vista da dietro, col mare che si infrange su una spiaggia della Scozia e all’interno una coppia che, immaginiamo, stia assaporando il paesaggio invernale, è forse la sua foto più famosa; ma Gardin ne preferisce un’altra, scattata a Venezia su un vaporetto affollato di persone, ognuna delle quali sembra voglia parlarci di sé.
Ma cosa vedranno i posteri nell’archivio di Gardin? Forse oltre all’impegno e alla maestria dell’autore, le sue foto testimonieranno se siamo riusciti a difendere il nostro patrimonio culturale e paesaggistico o come siamo riusciti a distruggere tanta bellezza in così poco tempo.

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