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Riflessioni sul «caso Englaro»

Aprile 30
23:00 2009

La vicenda di Eluana Englaro ha alimentato in Italia un ampio dibattito, mediatico prima, politico-istituzionale poi, sui temi legati alle questioni di fine vita. Una parte dell’opinione pubblica, prevalentemente vicina alla Chiesa cattolica e all’area politica di centro-destra, si è dichiarata contraria all’interruzione della nutrizione artificiale (mediante sondino nasogastrico), considerata equivalente all’eutanasia. Un’altra parte del Paese, anch’essa vicina alla Chiesa cattolica e all’area politica di centro-sinistra – ma con una prevalenza laica – si sono dichiarati favorevoli al rispetto della ricostruita volontà della diretta interessata pur in assenza di un formale testamento biologico. Uno dei punti principali di divergenza nel dibattito ha riguardato la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione alla donna, ossia se considerarle alla stregua di un trattamento sanitario, e quindi una terapia, o alla stregua di un sostentamento vitale di base, e se la loro eventuale sospensione potesse essere effettuata da terzi in mancanza di una diretta ed esplicita volontà del paziente.
Fatta questa premessa, non si capisce da quali principi il centro-destra tragga le sue certezze. Non certo dall’insegnamento della Chiesa. Così infatti sta scritto nel Catechismo della Chiesa Cattolica (Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1992, p. 561 n. 2278): «L’interruzione di procedure onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all’accanimento terapeutico. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente».
Letto questo passo, viene il sospetto che i parlamentari della maggioranza, che si presentano come rispettosi del dettato ecclesiale, non abbiano letto e meditato il catechismo. Con una nota sul numero di aprile di MicroMega monsignor Giuseppe Casale, arcivescovo emerito di Foggia, afferma: «Per la famiglia Englaro, non c’era il rifiuto della vita. C’era la reazione contro un accanimento che non apriva ad alcuna prospettiva di guarigione. Il ricorso alla magistratura si è reso necessario per la mancanza di una legge che regolamentasse, nel rispetto della volontà del paziente, i momenti finali della vita». Pertanto non si chiedeva la morte. Non si voleva uccidere una vita. Come ha scritto un filosofo cattolico (Giovanni Reale), si rifiutava «l’abuso da parte di una civiltà tecnologica totalizzante, così gonfia di sé e dei suoi successi, da volersi sostituire alla natura». Neanche io vorrei vivere attaccato alle macchine come Eluana. Anche per me chiederei di staccare la spina. In attesa dell’abbraccio del Padre che mi attende.
Il mio punto di vista è che la legge si risolva in uno spot elettorale per le prossime europee: prevale lo stimolo a “far qualcosa” sulla qualità di ciò che si fa. Oggi, più che in altri tempi, la comunicazione è messa alla prova con nuove sfide. Dietro i media spesso si nasconde un progetto per egemonizzare culturalmente un Paese. La comunicazione è intesa come strumento di potere. Parlare di comunicazione di massa significa parlare di persone su larga scala, di conseguenza non possiamo trascurare l’uso che ne fanno i partiti nella loro comunicazione politica. Potere e informazione, due elementi che se usati male sono alla base di qualsiasi tipo di strumentalizzazione e che ogni stato democratico dovrebbe scindere, rendendoli autonomi ed indipendenti tra di loro. Da qui l’appannaggio. Nei media l’opinione pubblica è considerata la molla che spinge all’azione, nella realtà invece i cittadini subiscono le decisioni della politica, sia che le gradiscano o meno. Su questa vicenda i media hanno contrapposto laici e cattolici, come se fossero due fazioni inconciliabili. E’ evidente che dietro questa scelta si nasconde una regia frutto del pensiero unico, con l’obbiettivo di dividere e mettere in contrapposizione le componenti di cultura cattolica. Purtroppo non accade spesso che il mondo dell’informazione si preoccupi di rappresentare la ricchezza e la complessità, prevale la semplificazione e la contrapposizione.

*Laureato in Scienze Sociali presso la Pontificia Università Gregoriana – Roma

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