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Ricordo di Francesco Bracciale

Ricordo di Francesco Bracciale
Marzo 04
15:56 2020

Uno non sa come nascano le amicizie. Ed è raro che si ricordi l’occasione del primo incontro con una persona con la quale si divideranno interessi e pensieri, attratti da naturale simpatia e comprensione. Forse non ti accorgi, durante il corso dell’amicizia che si consolida, che quella persona comincia a far parte di te, pensi a lei quando hai un problema che ti assilla e gli chiedi consiglio. Ma quando egli ti lascia, per decreto crudele di Natura, allora, all’improvviso, emergono tutte quelle sensazioni larvate, non interrogate, che univano due esseri. Si crea un vuoto; senti una mancanza improvvisa. E sai che non potrai sostituirla. Ecco: questo è il sentimento di perdita che mi ha preso dal momento che ho saputo della morte di Francesco Bracciale.

La nostra era l’amicizia dell’affetto, della simpatia e dell’intelligenza. Può sembrare strano, ma se dovessi tracciare la sua biografia, non potrei dire altro che questo: un saggio, magnifico direttore di un centro culturale di Grottaferrata, “Il Domenichino” (che ora è curato con sapiente impegno da Luciana Preparata). Conoscendo così poche cose della vita di un amico, come puoi usare un termine tanto alto del cuore umano: amicizia? Questo viene spontaneo domandarsi, ed è legittimo. Tuttavia, dai numerosi dialoghi avuti con lui, e per sola affinità elettiva, posso con sicurezza descrivere l’uomo in sé, pur ignorando la sua carriera esistenziale.

Francesco era una persona saggia, equilibrata, intelligente. Qualcuno potrebbe – superficialmente – obiettare: tutto qui? In un mondo in cui ormai si mette in dubbio il nostro altituonante timbro della specie (homo sapiens sapiens), l’equilibrio nel giudizio, nell’agire, insomma il buon senso e la saggezza sono qualità rare. L’intelligenza è la causa di esse, o anche la conseguenza: dipende dalle scuole di pensiero. Ma a queste innegabili virtù di Francesco, bisogna aggiungere la gentilezza, la cortesia (sempre più introvabile nella violenza di oggi a tutti i livelli), la lungimiranza. E quest’ultima qualità fa parte integrante della Cultura. Ecco perché era nata una limpida Amicizia fra noi. Ogni qualvolta ci incontravamo (ero io ad andare più spesso a Grottaferrata), ne tornavo come rasserenato dai nostri discorsi, venati anche di umorismo, perché l’uomo intelligente stempera la visione della vita con l’ironia, il sorriso (cosa che manca ai truci detentori della verità, ai grandi inquisitori, ai moralisti ad oltranza). Devo confessare che non ho mai pensato che ci lasciasse così all’improvviso. La notizia mi ha preso alla sprovvista. Non ho accettato la sua scomparsa. E solo ora che manca sento quanto fossimo legati, quanto io mi fossi affezionato a lui come a un compagno di viaggio. Quando, all’Università della Terza Età diretta da Luciana Preparata, nello stacco delle mie lezioni, con Francesco salivamo al piano di sopra della biblioteca per il caffè (seppure quello della macchinetta automatica), era un momento di relax costruttivo, ed era divenuto quasi un rito. Ma di cosa non parlavamo con Francesco? Non lo trovavi impreparato su nulla, non fosse altro che per la sua lucida visione della vita! È proprio vero che si muore un po’ per volta: ogni persona cara che se ne va, si porta via una parte di te, e la campana che suona, suona per tutti!

Io non cerco le memorie: sono esse che vengono prepotenti dentro di me, come la voce, il viso, le espressioni di Francesco. Un uomo raro. Un amico fidato e generoso. Una di quelle persone di cui tu non hai bisogno di approfondire il dettato di vita, perché possiedi la cosa più importante: la realtà dell’anima.

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