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Ricordo di Donato Farina (Dani)

Maggio 15
11:05 2023

Il celebre scrittore Domenico Rea definiva Dani “l’ultimo esemplare di signore ottocentesco”. Infatti, Donato Farina, spentosi pochi giorni or sono all’età di 96 anni, è stato un personaggio sui generis. Generoso, semplice e cordiale. Il suo sorriso metteva a proprio agio chiunque. Era affettuosissimo: per questo la sua vasta famiglia (moglie, fratelli, nipoti, cognati, cugini) lo amava circondandolo di attenzioni e premure.

Egli era un viticultore e vinificatore di pregio, inventivo, energico e ricercato. Le sue floride terre stanno a Vallepozzo, vicino Pavona, frazione di Albano.

Lo conoscevo da quando ero adolescente. Un uomo alto, sosia di un celebre attore americano, aveva studiato agraria e praticava sperimentazioni di innesti con vitigni antichi: un poeta della Natura. Elegante nei modi, egli scriveva su giornali di settore ed era un punto di riferimento per molti “iniziati” al sacro lavoro  dell’agricoltura. Però, la sua caratteristica era quella di essere un lettore intelligente di libri aperti al mondo. Si aggiornava in continuazione non solo sui problemi inerenti al suo operare. La sua passione era l’ecologia, che per lui non restava pura curiosità, ma proiezione di un impegno in prima persona: “Cominciamo noi a curare la Terra, a rispettarla, senza attendere che lo facciano i politici. Chi cura le piante e gli ortaggi, sa che madre Natura è generosa, ma non può dare troppo, mentre l’uomo chiede a lei più di quanto lei stessa possiede. Arriverà il giorno in cui il terreno diventerà sterile nonostante i concimi chimici e l’aria sarà irrespirabile”. La sua vigna e il suo orto erano giardini di poetica fattura, un modello da imitare.

Venne con me diverse volte a Scala, dirimpetto a Ravello sulla Costiera Amalfitana, dove ero il segretario del Premio omonimo, ed egli riportava su un mensile molto letto nei Castelli, a suo tempo, lo svolgimento dei lavori della Giuria tecnica. Così divenne amico di Domenico Rea il quale, quando veniva ai Castelli, faceva tappa obbligata e piacevole alla mensa di Dani, dove gustava alcune sue specialità elevate a potenza dai suoi vini, specie il rosso. Ma Rea non era il solo personaggio famoso che frequentava quel piccolo maniero divenuto una specie di “caffè letterario con osteria”.

Adesso, alla luce del ricordo, rivedo alcune riviste in cui campeggia la sua foto mentre parla di ecologia, come, ad esempio, un pagina che riporta la nostra partecipazione a Fucecchio (patria di Indro Montanelli) a una riunione di studiosi della viticultura. Era un uomo saggio, che non ha mai alzato la voce né imposto le sue idee: il “signore dell’Ottocento”, appunto, così definito da Domenico Rea.

Dopo i suoi lavori in campagna, partecipava agli incontri culturali, a Roma, al CIAS club UNESCO, alle librerie dove si presentavano le novità editoriali, e all’Opera perché appassionato della lirica. Su questo settore si intendeva bene con Paolo Pinto, musicologo, caposervizio del quotidiano “Il Popolo” e autorevole scrittore di storia dell’Ottocento.

Gli ultimi tempi ci telefonavamo spesso, e ho nell’animo il rimpianto di aver rimandato troppo l’ultima visita al suo “castello” brunito dagli anni e aperto al verde delle viti. Come sarebbe bello se i morti ci ascoltassero: saprebbero di non essere vissuti invano e di aver messo nei cuori il buon seme della vita e dell’amore!

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