Ricordo del filosofo Bruno Fabi
A circa un anno dalla scomparsa, nella primavera scorsa, la Città di Camerino, nelle Marche – presente il Sindaco Dario Conti – ha voluto ricordare la figura e l’opera di un suo illustre figlio: il filosofo, poeta, narratore, pittore S. E. Bruno Fabi, romano di adozione da innumerevoli decenni. L’occasione è stata la presentazione di una testimonianza sul personaggio, scritta da Aldo Onorati e pubblicata da Anemone Purpurea, dal titolo Incontro con Bruno Fabi, il filosofo che ha capovolto l’assunto di Hegel. Procuratore Generale Onorario della Corte Suprema di Cassazione e Cavaliere di Gran Croce al merito della Repubblica, Fabi è noto negli ambienti culturali soprattutto per essere stato il fondatore del movimento filosofico dell’Irrazionalismo Sistematico. Dopo i saluti del sindaco, la parola è passata al Prof. Aldo Onorati (editore anche de Il Tutto e il Nulla e di Delirium), per un commosso profilo del personaggio. Quindi è stato invitato il Presidente della Magistratura, S. E. Zucconi, il quale ha tracciato un ricordo professionale e umano dell’amico scomparso. Poi si sono succeduti al microfono: il Dott. Francesco Landolfo, dirigente della Procura Generale presso la Corte Suprema di Cassazione del Ministero della Giustizia e Cavaliere del Lavoro al merito della Repubblica, il quale fu stretto collaboratore del Fabi; il Prof. Filippo Ferrara e il sottoscritto che si sono soffermati rispettivamente sugli aspetti sociologici del pensiero del Maestro e su quelli più strettamente filosofici. Intermezzi musicali al pianoforte con letture di pagine in prosa e di poesie dello stimolante Autore camerate hanno arricchito la serata. L’avvocato Giuseppe La Rosa, nel corso delle ricordanze, unitamente ai suoi personali ricordi di Fabi, si è diffuso in un’attenta disamina del testo di Onorati. Pagine scorrevoli e profondamente commosse, quelle che lo scrittore laziale dedica all’illustre personaggio, da lui conosciuto e frequentato assiduamente nell’ultimo periodo della sua lunga esistenza (1916-2009). Vita ricca di saggezza e spesa in una generosa visione dell’esistenza, quella del Fabi, che Aldo Onorati coglie in un ritratto singolare e inedito, con una messe di spunti che amplia a raggiera le riflessioni contenute nei suoi stessi libri. Ne esce un sapido affresco della società attuale e della cultura contemporanea, dove i grandi temi dell’Irrazionalismo Sistematico affiorano in pagine vivaci, fuori dalle impalcature filosofiche. Il punto cruciale, da cui si dirama una serie sterminata di riflessioni audaci e inedite, disseminate nei tanti dialoghi e nelle dissertazioni conviviali fra l’autore del libro e il personaggio che ne costituisce l’oggetto è quello che l’estensore di queste pagine definisce fin dalle prime battute Pessimismo. Termine da intendersi come «disincanto e disillusione razionalistica», liberazione dalle panacee e dalle ideologie d’ogni tipo che promettono sul piano umano paradisi impossibili: «Eppure l’uomo, dimentico del passato, crede indistintamente a coloro i quali promettono l’optimum, senza capire che se l’uomo interiore non cambia, sono inutili i mutamenti di partito, di religione, di motti e bandiere, nazionalità e padroni». Da questa considerazione basilare, ne nascono altre, tutte insistenti sul disordine, sull’ingiustizia, sulla violenza, sul raggiro e sull’assurdo che regnano fra gli uomini a dispetto delle pretese razionalistiche, che vanamente tentano di sclerotizzare in formule astratte e statiche la complessa vitalità del reale. «Il reale è irrazionale»: questo l’assunto fondamentale di Bruno Fabi, attorno al quale si è anche costituito un movimento di pensiero che capovolge i noti postulati hegeliani. Due sono, secondo questa impostazione filosofica, le significazioni dell’irrazionale. Da un lato, sul piano superficiale, con questo termine ci si riferisce alla follia figlia dello schematismo e dei pregiudizi razionalistici, ovvero al Caos che regna incontrastato nelle insensate società umane; dall’altro all’Ordine misterioso e intelligente, sensato e imperscrutabile che dal profondo governa gli eventi dell’uomo e del creato. Pagine succose il testo dedica alla società italiana dei nostri tempi: al malcostume, all’autolesionismo e all’individualismo imperanti; alla spudoratezza e alla furberia; all’euro, alle tasse, agli extracomunitari, alla destra e alla sinistra, alla massificazione, alla sporcizia, al successo che arride ai mediocri e alla dimenticanza cui vengono sottoposti i grandi. Tutto è in funzione dell’Apparire dimenticando l’Essere. Ed ecco il nocciolo: «Per conquistare la potenza del denaro, il quale serve di sicuro, ma in proporzione strettamente necessaria, poiché in quantità enorme non viene goduto neppure dalla stessa persona che lo accumula, l’uomo butta via la vera ricchezza, che è l’esistenza in sé, la conoscenza, l’amore per il mistero. […] Fuori del singolo individuo, ogni espressione è astratta».
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