RICORDARE. IMPARARE. PREVENIRE
AMBASCIATORE D’UCRAINA IN ITALIA
Nel mese di Novembre di quest’anno commemoriamo in Ucraina ed in tanti altri paesi del mondo l’ottantacinquesimo anniversario dell’Holodomor – il genocidio degli ucraini del 1932-1933 -. Questa tragedia, una carestia artificiale provocata dal regime sovietico di Stalin è la pagina più triste della nostra storia e uno dei crimini su più vasta scala commessi in Europa. Secondo alcune stime, l’Holodomor (la parola ucraina Holodomor significa “infliggere la morte per fame”) uccise fino a 10 milioni di persone tra il 1932 e il 1933, di cui circa la metà bambini, e vi furono anche casi di cannibalismo. Nel 1932 il governo di Mosca introdusse leggi severissime, tra cui la famigerata legge detta «delle cinque spighe» (che comminava la fucilazione o la detenzione anche superiore ai dieci anni per l’appropriazione da parte dei contadini di grano per uso personale) e il divieto di conservare nei villaggi alcun bene o cibarie. Le “squadre speciali” effettuavano incursioni nelle fattorie per portar via il grano raccolto, senza preoccuparsi che ai contadini rimanesse cibo sufficiente per nutrirsi e senza accertarsi che conservassero sementi per la semina successiva. Tutto ciò, combinato col divieto di commercio e la quarantena armata imposta dalle truppe dell’NKVD ai confini dell’Ucraina, trasformò il paese in un gigantesco campo di sterminio. In pochi mesi l’Ucraina, forzatamente trasformata in granaio dell’Unione Sovietica, viene spogliata del suo raccolto. Nel ricordo dei sopravvissuti torna spesso quello dei carri a cavallo, triste presagio che annunciava l’arrivo delle brigate staliniane preposte alla confisca del grano. La campagna ucraina, una regione storicamente molto fertile, si trasformò in uno scenario nel quale imperversava una terribile carestia. La penuria alimentare colpì soprattutto la popolazione che viveva nelle campagne. Pertanto, la carestia del 1932-1933 in Ucraina non fu causata da un collasso infrastrutturale, né fu un effetto a lunga distanza della prima guerra mondiale, ma fu un deliberato atto politico e una decisione amministrativa. Neppure le autorità centrali si interessarono di sapere il numero esatto delle vittime; anzi, a un certo punto giunse dal centro la direttiva: “è categoricamente proibito a qualunque organizzazione tenere la registrazione dei casi di gonfiore e di morte per fame”. Infatti i soviet di villaggio avevano avuto l’ordine di non indicare la causa della morte nelle registrazioni dei decessi.
Il governo sovietico negò gli iniziali rapporti sull’evento e impedì ai giornalisti stranieri di viaggiare nella regione. Per l’Italia il tema dell’Holodomor non è un tema astratto, l’Ucraina aveva fama in Italia per essere il “granaio d’Europa”. Alcuni riferimenti al pane ucraino da parte di illustri personaggi italiani destano particolare interesse. Mi viene in mente l’eroico volo di Gabriele D’Annunzio su Vienna il 9 agosto 1918 quando il poeta e scrittore italiano lanciava volantini in cui invitava i viennesi a non seguire i generali prussiani perché “la loro vittoria è come il pane dell’Ucraina: si muore aspettandolo”. Suppongo che in quel periodo storico il pane dall’Ucraina arrivasse in Europa con scarsità perché, dopo la proclamazione di indipendenza della Repubblica Popolare Ucraina il 22 gennaio 1918, l’esercito bolscevico russo iniziò una vasta offensiva che fece finire nel sangue la breve sovranità ucraina dell’epoca. Furono i diplomatici italiani degli anni ‘30 ad avere il coraggio di svelare al mondo questi grandi crimini, come fece il Console italiano a Kharkov, Sergio Gradenigo. Egli, tra i primi, raccontò all’Occidente ciò che il comunismo stava causando in Ucraina: l’atroce morte per fame di milioni di contadini ucraini. Questa testimonianza è riportata nel volume “Lettere da Kharkov. La carestia in Ucraina nei rapporti diplomatici italiani 1923-33”, pubblicato dal professor A. Graziosi. In particolare, mi ha impressionato una lettera del Console Gradenigo datata il 31 maggio 1933 con l’oggetto: “La fame e la questione ucraina”. In questa sua missiva il diplomatico italiano afferma: “la fame continua a menar strage cosi imponente fra la popolazione, che resta del tutto inspiegabile come il Mondo rimanga indifferente di fronte a simile catastrofe”, e poi prosegue “non vi è dubbio infatti che questa fame derivi principalmente da una carestia organizzata e voluta per dare una lezione al contadino … Il Governo di Mosca infatti ha predisposto, con una spietata requisizione (della quale ho dato ripetutamente relazione), non una carestia, che sarebbe dir troppo poco, ma la completa mancanza d’ogni mezzo di sussistenza nella campagna ucraina”. Tra le constatazioni che, secondo Graziosi, hanno dettato una tale politica egli menziona la resistenza passiva dei contadini ucraini e il totale e agghiacciante disinteresse da parte del Governo sovietico delle tragiche conseguenze nelle quali degenerava “la lezione”. Colpisce in modo particolare una conclusione di Gradenigo che non lascia dubbio alcuno sulle vere intenzioni del Cremlino di “liquidare il problema ucraino entro pochi mesi, col sacrificio di 10 o 15 milioni di anime. Né questa cifra sembra esagerata. Sono del parere che essa sarà superata e che probabilmente è già raggiunta”. Chiaramente, il Governo Italiano del tempo, informato dai suoi diplomatici, era al corrente della situazione in Ucraina. Gli studiosi riferiscono episodi emblematici durante la Seconda guerra mondiale. Il Regio Esercito, nei volantini lanciati dagli aerei sull’Ucraina, faceva riferimento ai crimini del regime sovietico contro gli ucraini, in particolare dei “milioni di ucraini” fatti morire da Stalin durante la carestia del 1933, da qui la citazione: “Non bastano i milioni di cittadini fucilati, imprigionati, esiliati?”.
Negli ultimi tempi sempre di più i rappresentanti della scienza e dell’arte fanno il richiamo al tema dell’Holodomor. I parlamenti di circa trenta Paesi hanno riconosciuto l’Holodomor come genocidio o crimine contro l’umanità. Negli ultimi dieci anni in diversi Paesi del mondo sono state scritte decine di opere scientifiche, romanzi nonché girati diversi film. Anche in Italia vogliamo far conoscere meglio quanto avvenne in Ucraina nel secondo quarto del Novecento, periodo in cui in Europa in uno scenario fortemente conflittuale si imponevano gli altri tragici genocidi del “secolo breve”. Mi onora particolarmente il fatto che gli artisti contemporanei italiani e internazionali quali Alessio Ancillai, Evita Andújar, Simone Haug e Andrea Pinchi, coordinati dalla curatrice Cristina Meregaglia, abbiano voluto sostenere questa nobile causa prodigandosi con la creazione di opere dedicate alle vittime dell’Holodomor, a tutti loro va il mio sentito ringraziamento. Auspico che questa mostra d’arte contemporanea italiana sia un ulteriore contributo allo studio in Italia del tema dell’Holodomor promuovendo l’interesse scientifico e artistico per questi tragici eventi della nostra storia europea. L’invito per l’Italia è quello di unirsi ai tanti stati, ultimi in ordine di tempo gli USA e il Portogallo, per riconoscere il genocidio ucraino! L’Holodomor non può essere una pagina di storia dimenticata, occorre toglierla dall’oblio per indicare all’alternarsi delle generazioni quella lezione di storia che serve a formare la coscienza dei popoli, al fine di riconoscere il male, difendere la pace, rafforzare la solidarietà internazionale e difendere la giustizia e la libertà.
Yevhen Perelygin
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