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Ricerca UILCOM: Governo con lingua veloce e fatti lenti

Ottobre 09
20:10 2014

“La Cgil la deve smettere di fare la prima della classe e di dilettarsi in lotte ideologiche e previsioni metereologiche con i suoi “autunno caldo”, “primavera bollente”. Bisogna “fare” non dire, è in atto la così detta sindrome di Stoccolma per cui ci si innamora del carnefice”.

“E’ in atto – ha continuato – una politica economica che ci porterà al disastro e Renzi ne è l’artefice. In questo governo la lingua è veloce i fatti sono lenti. Non è vero che noi siamo i più allineati, non è assolutamente vero. Dobbiamo incidere sulle scelte economiche di questo governo, perché non siamo contigui alla politica. A Renzi che con la sua grandiosa tecnica comunicativa mi ha chiesto: “lei chi è?”, dico che volevo semplicemente sapere quando mette in pagamento gli 80 euro per tutti gli altri a cui erano stati promessi. L’unica cosa di sinistra che ha fatto sono quegli ottanta euro, se mai li estenderà. Quel Renzi che guida un governo cosi detto di sinistra e che quando dimentica qualcosa chiama Berlusconi per farselo ricordare. Renzi ci ha convocati perché ha paura”.

Al tavolo dei lavori, moderati dal direttore della ricerca Nicola Ferrigni, c’era schierato il mondo sindacale della UIL e UILCOM, ma anche il mondo della politica. Guglielmo Loy, Segretario Confederale UIL; Davide Faraone, deputato e responsabile welfare del pd; Roberta Musu, responsabile nazionale coordinamento Pari Opportunità Uilcom; Giovanni Battista Colombo, Presidente Assografici e Raffaele Del Vecchio, Docente presso la Scuola di Economia Università degli Studi Roma Tre. Più voci in un unico coro che richiama il concetto di famiglia, di genitorialità e di integrazione. Per il deputato del pd Faraone, responsabile del welfare del suo partito, c’è ancora molto da fare in un gioco delle parti che vede tutti coinvolti. “Se questa platea fosse diversa, composta da chi non ha nemmeno il lavoro, avvertiremmo un senso di esclusione da un meccanismo che all’ interno delle aziende, per bene o per male, viene previsto. Tutto sommato per fortuna il sistema tiene e il modello di compensazione con il sistema-Paese viene sopperito dall’azienda e dal terzo settore. Fortunatamente esiste la famiglia come strumento di welfare che dovrebbe invece avere lo Stato. Serve un profondo rinnovamento o rischiamo di far vivere a chi è fuori con fastidio diritti costruiti con fatica. Quindi c’è bisogno che il governo continui per la sua strada che è quella segnata dal jobs act”, ha concluso Faraone.

Chiedono più asili nido aziendali; permessi paternità per la nascita di un figlio; maggiori convenzioni con aziende di trasporto pubblico, esercizi commerciali, teatri e agenzie di viaggi; si dicono abbastanza soddisfatti dei fondi sanitari integrativi ma auspicano maggiori tutele per la famiglia e la genitorialità. Neo-mamme e neo-papà, ma anche single in carriera: un esercito di lavoratori “fotografati” nelle maggiori aziende italiane.

A scattare l’istantanea, è la ricerca sul “Welfare aziendale in un gioco dove nessuno perde e tutti guadagnano”, che è stata presentata stamattina a Roma presso l’hotel Midas, all’interno del IV Congresso nazionale della UILCOM (Unione italiana lavoratori e lavoratrici della comunicazione).

L’indagine, realizzata dalla Uilcom e coordinata da Bruno Di Cola, Nicola Ferrigni e Mauro Pacetti, ha coinvolto oltre 8.000 lavoratori di alcune tra le più importanti realtà aziendali italiane, sia pubbliche che private, un coinvolgimento che rende la ricerca unica nel suo genere, insieme alla proposizione di un nuovo modello di lavoro che ha visto le RSU Uilcom indossare i panni del ricercatore sociale.

«Molte le analogie, ma molte anche le differenze che si sono registrate negli approcci che hanno le aziende in tema di welfare aziendale e che i sindacalisti, trasformati qui in ricercatori sociali come valore aggiunto dell’indagine, hanno fatto trapelare», ha dichiarato Nicola Ferrigni, direttore della ricerca e docente presso la Link Campus University.

Secondo i dati emersi dalla ricerca, quasi un lavoratore su tre può contare sulla presenza di un asilo nido all’interno della propria azienda, mentre il circa il 25% può usufruire di convenzioni con asili nido e scuole.La strada appare tuttavia ancora in salita per il Welfare aziendale in Italia, che si aggiudica proprio dagli intervistati appena un voto di sufficienza (23,1%); ben il 25% del campione, ritiene invece che la qualità dei servizi di welfare offerti dalla propria azienda sia “scarsa”, il 23% la reputa “modesta”; solo il 2,8% degli intervistati la giudica “ottima” e il 23% la valuta “buona”.

Proprio nei giorni in cui la Chiesa è impegnata con i lavori del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia, le risposte degli intervistati riecheggiano l’importanza della famiglia e soprattutto della conciliazione dei tempi di vita con quelli dell’attività lavorativa. In cima alla lista dei servizi di welfare desiderati, infatti, l’asilo nido all’interno della propria azienda (32,8%), e sono ancora gli asili nido, e in generale i servizi pensati e dedicati alle famiglie, ad occupare la vetta di un’ipotetica scala dei servizi di welfare costruita sulla percezione e sulle principali correlazioni con il concetto di welfare aziendale (31,7%).

D’altra parte gli intervistati esprimono le difficoltà riscontrate oggi nella conciliazione tra vita privata e attività lavorativa anche nella valutazione dell’esperienza genitoriale quale ostacolo alla propria crescita professionale e alla propria carriera. Per il complessivo 51,2%, l’esperienza genitoriale comprometterebbe “abbastanza” o “molto” il percorso di crescita lavorativa (con percentuali rispettive pari al 31,5% e al 16,7%).

Ma le criticità si rendono oltremodo evidenti quando si parla delle donne. Tra le soluzioni auspicate in grado di tutelare maggiormente le donne lavoratrici e che hanno raccolto larghissimi consensi, la flessibilità dei turni di lavoro, l’apertura degli asili nido aziendali e l’ampliamento dell’offerta di asili nido pubblici.

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