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Gennaio 16
14:52 2009

I – 12021 d.C.

La Lira era pronta.

Poteva lasciare l’orbita R24 attorno alla Terra. Prima però era necessario che tutti gli aspiranti avessero completato il test fisio-psicologico.

I non idonei sarebbero stati scartati ed il loro imbarco sarebbe stato rimandato ad una partenza successiva.

Idor aveva da poco concluso su Triste il ciclo di esperienze relativo al VI livello di apprendimento.

Il colloquio finale era stato durissimo, i tre saggi l’avevano coinvolto in discorsi e dissertazioni che non avrebbe mai creduto di essere in grado di sostenere. Alla fine i giudizi dei due androidi e dell’umano erano stati concordi e molto benevoli, tanto che l’interprete valutante gli avevo concesso 12350 crediti. Con quella cifra il giovane aveva deciso di trascorrere un proficuo periodo di orientamento professionale su alcuni mondi della Confederazione Repubblicana.

Idor raggiunse il ponte 127 della Lira continuando a seguire il cícero che nel precederlo si premurava di aprire per lui ogni porta. In base alle indicazioni fornitegli dalla sfera d’acciaio che lo guidava Idor capì che la sala test era ormai prossima. Tra breve sarebbe stato sottoposto agli esami richiesti dal governatorato di Altair per essere riammesso quale cittadino dei pianeta orbitante intorno alla stella Ceti, il suo pianeta natale ed anche quello da lui scelto per trascorrere il primo periodo di orientamento.

La sala test non era più grande di un cubicolo terrestre da circumnavigazione ma al contrario di quest’ultimo era completamente spoglia con le pareti bianche, rigide e riscaldate.

– Un tempo, tanti millenni fa, la Terra era abitata da molti uomini di razza diversa… Una voce che sembrava scaturire dal centro della stanza iniziò a raccontare con tono pacato e rassicurante una storia molto vecchia.

Le luci abbassarono gradualmente la loro intensità fino a spegnersi del tutto.

La stanza rimase completamente buia, mentre la voce continuava a narrare con toni dolci e concilianti:

– … Tra una città e l’altra vi erano territori scarsamente abitati … .

Idor sapeva bene che quel racconto aveva lo scopo di distrarre e deconcentrare il suo sistema nervoso in modo da prepararlo al sondaggio psicologico.

li suo corpo fu sollevato da un campo anatomico facendo presa sulla tuta che indossava e che tra le altre funzioni aveva anche quella di polarizzare le molecole superficiali della sua epidermide.

«Senza una tuta termomagnetica oggi non è possibile neppure sottoporsi ad un test psicofisico» pensò, poi fu comple- tamente coinvolto da quella che sembrava essere una storia di pura fantasia.

In realtà, dopo aver fornito uno spunto iniziale, il sistema di test si limitava a stimolare il cervello dell’esaminando, che praticamente cominciava a sognare stabilizzandosi in uno stato di trance.

Idor si ritrovò in una stanza sconosciuta, arredata da strani e ingombranti oggetti. Si rese conto di avere indosso vari indumenti dalle fattezze strane e dai colori spenti. Riconobbe qualcuno degli oggetti per averlo studiato durante le esperienze storiche condotte nel primo anno del Il livello.

L’oggetto penzolante dal soffitto svolgeva la funzione dei pannelli luminosi, mentre i parallelepipedi appoggiati al pavimento erano analoghi agli attuali letti ma avevano anche degli schienali e probabilmente sorreggevano i corpi privi di tuta magnetica anche di giorno. Attraverso una porta che si poteva aprire solo con la forza fisica si accedeva ad una camera dove gli odori erano talmente intensi e acri da provocare nausea. In un angolo era ben evidente un rudimentale dispensatore di bevande. mentre quasi tutta la parete era ricoperta da una struttura delimitata con pericolosi spigoli sporgenti.

– Stefano! – una voce sottile, ma sicura, lo spinse a voltarsi – Ma come?! Dobbiamo uscire tra cinque minuti e tu sei ancora in pigiama e vestaglia.-

Era una donna, un viso conosciuto a cui non riusciva però ad attribuire alcun nome. Aveva le guance arrossate e i lineamenti marcati: gli ricordava gli ologrammi che aveva visto più volte nei musei di storia e che riproducevano i terrestri dei primi millenni.

– Un attimo e sono pronto – si sentì rispondere.

Tolse la vestaglia, poi il pigiama, poi … Ricordò ogni cosa, come in un lampo. Riconobbe Sandra, la “sua” Sandra, i suoi lunghi riccioli, i suoi occhi scuri e profondi. Si infilò i pantaloni, indossò la camicia, riaprì la lampo dei pantaloni, abbottonò la camicia, la fece aderire al corpo. richiuse la lampo. indossò una maglia …

Quanti accessori invece di una semplice e comoda tuta termo-magnetica.

 

II – 2021 d.C.

Stefano raggiunse Sandra sulle scale dopo essere uscito a sua volta dall’appartamento.

– Beh. fortunatamente hai recuperato il tempo perduto, non vorrei arrivare troppo tardi all’ambulatorio; tu devi fare solo la radiografia ma a me tocca fare la fila per la richiesta delle analisi –

Sandra era un po’ contrariata e non glielo nascondeva.

– Vedrai che arriveremo in tempo e riusciremo ad evitare attese troppo lunghe.

Infatti arrivarono all’ambulatorio di zona con notevole ritardo a causa del traffico caotico della città.

– Mentre tu ti metti in coda per le analisi, io attendo la chiamata per la radiografia – disse Stefano, indicando i due diversi punti di attesa.

– No, fammi compagnia – gli chiese Sandra con uno sguardo accattivante.

Fecero le due file insieme come era sempre accaduto in occasioni analoghe. Stefano e Sandra vivevano insieme da oltre dieci anni ed avevano una figlia di nome Corinne. La bambina era dalla zia. in un’altra città. era stata mandata là da quando Stefano aveva cominciato improvvisamente ad accusare forti dolori sotto le costole.

Sandra nascondeva con difficoltà la sua preoccupazione; il marito era dimagrito in modo impressionante negli ultimi mesi e, adesso, quei dolori … Inoltre c’erano altri sintomi e tutti preoccupanti.

Uscirono dall’ambulatorio dopo un paio d’ore. La spensieratezza di alcuni mesi prima era solo un vago ricordo, purtroppo i sintomi che Stefano accusava e la serietà dei diversi esami condotti dallo specialista a cui si erano rivolti, nonché i primi risultati delle analisi, convergevano verso una diagnosi impietosa.

Nei primi anni dopo il 2000, con la vaccinazione polivalente contro l’AIDS e i farmaci antitumorali guidati uniti alla preparazione immunitaria, c’era stata l’impressione che tutte le principali patologie a prognosi infausta fossero state sconfitte ma la comparsa delle neo- formazioni immunoresistenti aveva dato altro filo da torcere ai medici.

I sintomi erano tardivi, e quando le neoformazioni venivano individuate era ormai troppo tardi per reciderle o attaccarle con terapie radianti. Probabilmente era stata la stessa selezione immunitaria a favorire la formazione dei nuovi tessuti maligni la cui velocità invasiva era l’arma più difficile da combattere.

Sandra e Stefano conoscevano bene la situazione ma nessuno dei due aveva avuto finora il coraggio di parlarne.

– i risultati li ritirerò io dopodomani, in mattinata – disse Sandra, per rompere il pesante silenzio che li assaliva ogni tanto negli ultimi giorni.

– Si; andrò dallo specialista la sera stessa … Speriamo che vada tutto per il meglio – ribattè Stefano con poca convinzione nelle sue speranze.

L’indomani passò senza che intervenissero novità particolari. Stefano si recò in laboratorio come al solito. Gli piaceva dedicarsi alla sua attività di matematico e non se la sentiva di assentarsi per lunghi periodi.

Le cinque ore di attività le passò completamente assorto nell’estensione di un algoritmo. Provava ripetutamente la sequenza principale utilizzando il terminale vocale. Comunicare a voce le istruzioni di correzione ed inserimento faceva risparmiare molto tempo nell’edizione di un programma.

Quella notte i dolori e la crescente preoccupazione gli impedirono di prendere sonno. Non volle svegliare Sandra ma fu più volte sul punto di piangere e non solo a causa delle fitte.

Il mattino seguente andò lui stesso a ritirare i risultati degli esami ma non li volle guardare, autorizzò semplicemente la loro divulgazione sulla rete medica riservata. Nel pomeriggio si recò con Sandra dallo specialista.

Il professar Renzi richiamò dal suo terminale i recenti risultati degli esami a cui Stefano si era sottoposto, produsse alcune stampe e alcuni grafici. Li studiò pensieroso. Quindi si rivolse ai due coniugi che aveva di fronte.

– Dalle vostre anamnesi risulta che volete essere messi entrambi al corrente dello stato di salute di uno di voi due, anche quando si tratti di brutte notizie. Purtroppo vi devo comunicare che i miei primi sospetti si sono rivelati completamente fondati. Il Prof. Stefano Lassia è affetto da una grave forma di neoplasia ad alto rateo dì diffusione e diversificazione. Lo sviluppo del male, come accade purtroppo quando è possibile identificarlo, è ad uno stadio avanzato. Se volete conoscere i particolari potete richiederli al vostro terminale usando il vostro codice personale. Diffonderò una comunicazione dettagliata per via riservata.

– Dottore, cosa è ancora possibile fare ? – domandò Sandra, che, seppure con le lacrime agli occhi, tra i due sembrava l’unica in grado di parlare.

-Mi dispiace. non vi voglio illudere inutilmente. Sono pochi anni che è stata scoperta la natura delle neoformazioni immuno-resistenti e finora non è stato ottenuto nessun risultato terapeutico, neppure in forma sperimentale, in nessuna parte della Terra.

-E … Quanto tempo mi rimane ? – trovò la forza di chiedere Stefano, con un filo di voce, mentre davanti a sé vedeva passare le immagini della vita trascorsa fino a quel momento: una vita che gli pareva troppo breve.

 

III – 12021 d.C.

Idor si ritrovò in piedi al centro della sala test, la luce alla massima intensità, le pareti bianche, il cicero a mezz’aria di fronte a lui.

Era confuso, sentiva la testa svuotata. ma ricordava chiaramente il sogno fatto e poteva ancora provare l’angoscia vissuta in quel corpo non suo. Qualcosa poi l’aveva impressionato in modo particolare ma non riusciva a focalizzare o a ricordare bene di cosa si trattasse. Gli tornavano però alla mente tanti dettagli. Lo spazio individuale, ad esempio, già molto limitato in quei piccoli ambienti era ulteriormente ridotto da ingombranti mobili e accessori dei quali ricordava forme e funzioni.

li cicero continuava intanto a mostrargli la strada da seguire: si fermò all’interno di una cabina dove lo attendeva un alto ufficiale della Lira. L’elevato grado era individuabile dai simboli attaccati sulla parte sinistra del torace dell’uomo che ora gli stava di fronte.

– Sono il Capitano John Ritter, sono il comandante di questa nave ed ho la responsabilità dell’esito dei test d’imbarco. Sono abituato a dare il benvenuto a bordo ai candidati che hanno superato le prove fisio-psicologiche.

Dopo aver indicato a Idor un campo anatomico che si presentava come una nuvola gialla trasparente ma che era molto comodo per sedersi e rilassarsi, il Capitano continuò a parlare.

– Sei risultato idoneo all’imbarco e pertanto anche alla cittadinanza di Altair. Ti sarà assegnato un alloggio sulla Lira nel quale vivrai per quasi un anno, fino all’arrivo sul secondo pianeta della stella Ceti.

-sono contento ed emozionato – disse Idor che fino ad allora aveva solo ascoltato con gli occhi lucidi ma attenti.

Da quando era arrivato sulla Terra all’età di sei anni era la prima volta che gli capitava di lasciare il sistema solare.

– I particolari dei viaggio li potrai chiedere al computer di bordo, il suo nome è Lira naturalmente – lo avvisò il Capitano Ritter

– Buon viaggio e … Buona fortuna.

– Grazie e arrivederci – salutò Idor, gesticolando con la mano destra, mentre guadagnava l’uscita per raggiungere la sfera metallica che aveva già ripreso a fluttuare lungo il corridoio principale dei ponte 127.

Il maggiordomo magnetico lo lasciò in una cabina del ponte 302. Il suo alloggio era il n. Al3. “A” stava per abitazione anche se l’interno non rivelava la particolare destinazione del locale. La porta d’ingresso a scorrimento verticale immetteva in una sala molto ampia, che a sua volta era in comunicazione diretta con altri tre ambienti tramite altrettante porte a scorrimento orizzontale.

La stanza d’ingresso era apparentemente vuota e in penombra.

Idor pronunciò le parole “A13, luce” e il pannello luminoso si accese con un’intensità via via più elevata stabilizzandosi alla nuova richiesta dell’occupante: “Basta così, grazie”.

La luce scaturiva da pannelli situati tra la parte alta delle pareti e il soffitto, con i quali formavano angoli di 45′.

Con le spalle rivolte alla porta d’ingresso Idor ordinò l’apertura della porta di fronte a lui, sulla parete alla sua destra si trovavano le altre due porte ancora chiuse.

Si protese attraverso la porta aperta per controllare le condizioni della stanza. Riconobbe facilmente la camera di sterilizzazione ed evacuazione, individuando le sonde fisse di pulizia per mani e piedi, il box per la sterilizzazione corporea e la tazza di riciclaggio dei residui alimentari.

Le altre due porte conducevano rispettivamente alla cucina e al complesso di ibernazione.

Alla camera da letto si arrivava attraversando il box di sterilizzazione corporea della prima stanza.

La camera da letto era l’unico locale nel quale un adulto entrava completamente nudo; pertanto doveva essere perfettamente sterile.

Idor ritornò nella camera di evacuazione, si tolse la tuta appendendola all’apposito sostegno, entrò nel box di sterilizzazione e ordinò l’accensione dell’irradiatore.

Avvertì il leggero solletico dovuto alla pioggia ultrasonica. Poi fu la volta dei raggi UV che colpirono ogni piega della sua spessa epidermide, sterilizzando lo strato morto superficiale della pelle. Ordinò quindi l’apertura della porta della camera da letto, la stanza che nei millenni aveva subito i minori cambiamenti. Il mobile principale era ancora il letto tradizionale, anche se i materiali da imbottitura dei materasso erano cambiati più volte e lenzuola e coperte non erano ormai più necessarie grazie agli efficientissimi sistemi di condizionamento dell’aria.

Idor notò che nella camera della sua cabina era presente un solo letto piuttosto spazioso e che le pareti erano predisposte per la visione.

Si stese sul letto e ordinò la trasmissione delle odierne proiezioni di cabina.

La parete di fronte a lui si illuminò di immagini e scritte che presentavano i vari programmi disponibili, mentre il letto sprofondava per alcune decine di centimetri nel pavimento in modo da consentigli una visione migliore.

Scelse di assistere ad un film storico ambientato nel XXI secolo; la trama lo interessava moltissimo.

Aveva appena seguito la prima mezz’ora dei programma quando fu assalito dal ricordo del sogno fatto durante il test fisio-psicologico.

Stentava a credere che si fosse trattato solo di un sogno, ma nello stesso tempo si rifiutava di accettarlo come realtà. Qualcosa lo tormentava ma non riusciva ancora a focalizzarlo.

“Il passato non può ritornare” si ripeteva;

ma i particolari che gli venivano alla mente non ricordava di averli sognati, eppure si fondevano così armoniosamente con quell’antico ambiente.

Gli spigoli non arrotondati, la presenza di vita vegetale in condizioni precarie, il numero e la forma degli oggetti, lo strano abbigliamento e …

Ecco cos’era! Quei peli in testa, i capelli, quelli che tante volte lui aveva cercato sulla sua testa giabra, con un gesto automatico che gli aveva provocato tante derisioni.

Dunque erano esistiti ed avevano proprio le caratteristiche che le sue mani sembravano conoscere o… Ricordare.

La forte attrazione verso quella donna.

Non esisteva nulla del genere nel 121′ secolo.

La famiglia, intesa come nel periodo a cui si riferiva il sogno, non esisteva più da diverso tempo. I neonati venivano allevati nelle grandi famiglie e non conoscevano i loro genitori ma solo il pianeta d’origine. In una tale situazione non aveva senso mantenere un legame definitivo con una donna. I rapporti dovevano giustamente essere molteplici e liberi.

Quello che aveva sentito per Sandra in quello strano sogno non l’aveva provato per nessuna donna dei secolo attuale.

Già non erano sentimenti di oggi. Ma poteva un essere umano del 121′ secolo avere in sogno sensazioni che erano state proprie degli uomini dei primi millenni ?

Si alzò di scatto a sedere sul letto. Gli occhi scuri e profondi di Sandra gli chiedevano di approfondire la cosa e non poteva dire di no a quelle sfere che ricordavano le video proiezioni dei due freddi pianeti di Reda, la stella agli antipodi galattici di Sole.

L’unica maniera per chiarire i suoi dubbi era quella di contattare gli esperti di storia e psicologia che aveva conosciuto sulla Terra. Né sulla Lira, né tantomeno su Altair avrebbe potuto trovare le risposte ai suoi perché.

– Al3 comunicazione con Triste della Terra

– Nome e stirpe o codice dell’interlocutore, prego – gli domandò una carezzevole voce di donna

– Alvaro di Bigor.

Un suono lieve ma deciso attirò la sua attenzione verso lo spazio olografico sferico che si era formato di fronte al suo viso ad un paio di metri di distanza. Dopo alcuni secondi nella sfera fu visibile la testa del professor Alvaro che l’aveva guidato nelle esperienze storiche del quinto livello, affascinandolo in modo indimenticabile.

– Salve Idor, ancora sulla vecchia Terra ?

– No: sono sulla nave Lira, in partenza per Altair.

– A cosa devo la tua chiamata ? Posso esserti d’aiuto ?

– Si, Alvaro, volevo approfondire l’esame di usi e costumi delle popolazioni dei XXI secolo – disse Idor, rompendo ogni indugio.

Chiese quindi chiarimenti a riguardo di ogni particolare che gli veniva alla mente ripensando al sogno fatto. La sua descrizione era talmente dettagliata che Alvaro. vincendo a malapena lo sbigottimento, era costretto a consultare spesso la sua nutrita biblioteca. Alla fine Idor ebbe la conferma che il suo sogno era stato l’esatto spaccato della vita di una coppia del XXI secolo, seppure in una situazione particolarmente drammatica.

– Anche la patologia che mi hai riferito era tipica di quel periodo. Le neoplasie immunoresistenti sono state completamente sconfitte solo verso la fine dei XXI secolo e le prime diagnosi di questo male risalgono appunto all’inizio dei terzo millennio – gli confermò Alvaro con modulazioni acute della voce a sottolineare il suo stupore e il suo entusiasmo per il dettaglio dei fatti riportati.

– Si direbbe che tu abbia vissuto in prima persona avvenimenti tipici di quel lontano periodo, ancora più remoto in quanto precedente al Grande Conflitto del 2193. Dopo quell’olocausto nucleare l’umanità ha dovuto ricominciare da meno di zero, ma fortunatamente molte testimonianze dei passato sono arrivate fino a noi quasi intatte e …

– Si è trattato di un sogno. Sicuramente. Solo un sogno, stimolato probabilmente dal test psicologico a cui sono stato sottoposto – intervenne Idor, interrompendo il professore, nel tentativo di tranquillizzare soprattutto se stesso.

Alvaro non era però completamente convinto dell’origine onirica. Volle sapere quanto Idor conoscesse dei XXI secolo prima di quel sogno e se non fosse per caso appassionato di film storici ambientati in quel periodo.

La comunicazione durò più di due ore e alla fine Alvaro convinse Idor a rivolgersi alla professoressa Consuelo di Altair docente di psicologia avanzata al 6′ livello nel college di Nyork sulla Terra. L’avrebbe chiamata prima lo stesso Alvaro per metterla al corrente di tutto. Idor avrebbe potuto mettersi in comunicazione con lei dopo che il professore lo avesse avvisato che tutto era a posto.

Fu la professoressa Consuelo a chiamare Idor direttamente, alcune ore più tardi.

La comunicazione lo sorprese in cucina, mentre era intento a sorbire una soluzione nutritiva sapientemente dosata dal sistema alimentare di bordo.

Preceduto da un tenue segnale acustico e con un’attenta scelta della localizzazione. l’ologramma si presentò di fronte ai suoi occhi. Il viso magro e segnato dall’età avanzata della professoressa non gli era nuovo, non aveva ancora avuto occasione di conoscerla personalmente, ma aveva sentito parlare più volte dei suoi studi.

– Salve Idor – la voce roca di Consuelo lo distolse completamente dal suo pasto.

– Salve – rispose, aspettando poi che fosse la professoressa ad iniziare il discorso.

– Alvaro mi ha parlato della tua esperienza onirica…La mia impressione è che il tuo non sia stato un semplice sogno. Nella mia esistenza ha incontrato molti casi simili e ritengo che il dettaglio delle descrizioni che hai fatto ad Alvaro denunci l’intervento di esperienze che non sono solo tue.

– Come fa ad essere così certa di quello che dice senza avermi neppure visto fino ad ora ?!

– Beh. ho esaminato le tue conoscenze interrogando il computer di Triste. Comunque, non hai tutti i torti, per avere l’assoluta certezza di quello che dico dovrei esaminarti nel mio studio o, ancor meglio, in un centro attrezzato come il nostro Istituto di Ricerche Psicologiche.

Consuelo non riusciva a nascondere il suo entusiasmo, era chiara la sua intenzione di usare Idor per approfondire qualche ricerca o confermare una teoria. D’altronde lui stesso voleva capire il significato di quel sogno.

– Credo che dovremo rassegnarci a lasciare insoddisfatta la nostra curiosità. lo sono sulla nave Lira, ho già superato il test d’imbarco e sto per partire alla volta di Altair – comunicò Idor cercando di dissuadere la sua interlocutrice e se stesso.

– Questo non è un gran problema. lo posso richiedere il tuo sbarco per motivi di ricerca e mantenerti a spese della federazione fino al termine degli esami necessari.

– Non so … Ci penserò. E’ difficile rinunciare a questa partenza dopo averla attesa per tanti anni. Poi, per un semplice sogno … Addio professoressa.

Interruppe la comunicazione, senza dare a Consuelo la possibilità di ribattere e rimase a fissare lo spazio vuoto dove prima era la sfera olografica. Due mani invisibili gli stringevano lo stomaco e lui cominciava a capire chi poteva essere il loro proprietario.

 

IV – 2021 d.C.

No, non era possibile continuare a commiserarsi pensando alla crudeltà dei fato e all’imminenza dell’esito finale. Erano passati quasi dieci giorni dal verdetto del medico e Stefano era ancora in preda al panico. Da quando Sandra aveva presentato per lui le dimissioni dal Centro Progetto Software per motivi di salute, si era tappato in casa e non voleva ricevere nessuno.

Erano ormai le due di notte. Lei dormiva al suo fianco come sempre ed aveva un sonno agitato, la stanchezza degli ultimi giorni aveva vinto la sua resistenza. Le notti erano lunghe, Stefano le passava pensando, piangendo e, molto raramente, vivendo incubi orrendi. Era indispensabile trovare una soluzione, non poteva finire così, Sandra e Corinne avevano ancora bisogno di lui.

Smise di pensare per poco più di un istante e quello fu sufficiente perché il sonno avesse la meglio. Si addormentò di colpo ma si svegliò appena un’ora dopo, alzandosi di scatto a sedere sul letto. Fissò il viso di Sandra, i suoi occhi chiusi. Ascoltò il respiro affannato della moglie e poi il suo, ancora più agitato. Sul comodino una vecchia foto di lei e della figlia. Sentì l’intestino annodarsi, poi il nodo salì verso lo stomaco, percorse l’esofago e si sciolse sui suoi occhi lasciando scivolare grosse lacrime sul viso.

Un fazzoletto era sempre al suo fianco ma non lo prese.

Si alzò in piedi lentamente; Sandra non si mosse neppure. Uscì dalla stanza senza fare il mínímo rumore. Si recò nella sala rimanendo al buio, muovendosi nella penombra. Aprì la porta a vetri della terrazza. La tapparella a mezza altezza gli permise di uscire chinandosi leggermente.

Da quella parte si poteva vedere il verde della periferia quando il sole illuminava l’atmosfera. Ora era una distesa scura, scarsamente rischiarata da tre quarti di luna e una miriade di stelle…

Quante stelle?! Che immensità! E loro, gli uomini, così piccoli, insignificanti. Probabilmente erano una semplice piccola pedina senza futuro oltre la vita. Magari uno sbaglio della natura: una colonia di batteri destinata a svilupparsi e a distruggere o a essere distrutta dal sistema immunitario dell’Universo.

– Qualunque sarà la fine della razza umana, quando arriverà io sarò finito da molto tempo; anzi io sarà finito tra ben poco tempo – disse ad alta voce – Forse è meglio farla finita subito, adesso!

– No !! Aspetta! – gridò Sandra alle sue spalle – Non puoi, non ci puoi lasciare così! Non ti è concesso di decidere da solo della tua vita.

– La mia vita finirà comunque tra breve.

– No, dobbiamo tentare altre strade. Oggi non ci sono possibilità di guarigione per te, ma un domani troveranno sicuramente una cura.

– Già, un domani, quando i miei giorni saranno finiti da un pezzo.

– Non dire così – lo zittì Sandra. mettendogli l’indice sulle labbra – Tu puoi aspettare fine a quel domani. Il modo c’è ed è stato abbastanza sperimentato da essere sicuro. Mi sono informata; io sarò accanto a te. Ci sveglieremo in un futuro non lontano e continueremo la nostra vita insieme, come abbiamo fatto fino ad oggi.

– Stai parlando di ibernazione, vita sospesa ?!

– Si. In questi giorni non ho pensato ad altro.

– Ma non è sicuro e sarà molto costoso.

– E’ sicuro! Molti sì sono già fatti ibernare e fino ad oggi non sono stati segnalati insuccessi. Nei prossimi anni saranno svegliati i primi ibernati della storia. Sai, gli ammalati di tumore che nel XX secolo hanno avuto il coraggio di sperimentare questa tecnica. In quanto al costo … Ce la faremo.

– Cosa intendi dire con ‘ci sveglieremo …’ ?

– lo mi ibernerò accanto a te. Ma ora torniamo a dormire. Ne abbiamo bisogno tutti e due. Domani ti spiegherò i particolari.

Così dicendo lo accompagnò in camera da letto. Stefano non parlò più. La sua espressione era cambiata. Il terrore aveva lasciato il posto alla speranza. Si stese nel letto, si girò sul fianco sinistro, chiuse gli occhi e il rumore del suo respiro confermò a Sandra che si era un po’ calmato e il sonno l’aveva aggredito. Fu subito coinvolto in sogni nitidi e assurdi che si protrassero per tutto il resto della notte e per buona parte dei mattino successivo.

– Una camminata, un po’ di svago, ecco ciò che ci vuole – disse senza troppa convinzione.

Lo sguardo di lei, rivolto al mare non era dei più incoraggianti, ma glielo doveva dire e glielo disse.

Doveva cambiare qualcosa di quell’istante troppo pesante.

Lei era Luisa, Wilma, Sandra …

Lei era tutto ciò che il matto impegnarsi in sentimenti gli concedeva… E guardava il mare.

– È un po’ agitato oggi – accennò lui e continuò

– Nonostante tutto si potrebbe fare una nuotata.

Lei non assentiva.

Lei non dissentiva.

– Scaviamo un buco nella sabbia – tentò ancora lui

– Le sabbiature sono sempre salutari.

L’acqua gelida giunse a sfiorare le sue caviglie con un rivolo malvagio di schiuma biancastra.

Lei si era voltata verso la collina, ora, con un piede faticosamente costretto sotto le natiche, in una posizione alquanto scomoda.

– Sei contrariata? – chiese in tono canzonatorio; ma con il suo silenzio continuava ad essere lei a canzonarlo.

Lui si alzò, non senza difficoltà, lasciandola lì nella sabbia e camminò verso il mare, fino a quando i suoi occhi non videro che immagini sfuocate.

Aprendo la bocca il gusto fortemente salato del mare provocò in lui un vago senso di nausea. Poi, a poco a poco, sonnolenza, incapacità di reagire e sete; sete di acqua salata e fame di pesci.

Ancora, con convinzione le gridò:

– Vieni anche tu è bellissimo.

Ma le onde sonore si trasformarono in candide bolle d’aria.

Si sentì tirare i capelli, ma la testa non voleva seguirli. Fino a quando la dolorosa tensione non vinse ogni peso e ridiede colore alle immagini nel suo cervello.

Colore e nitidezza.

Tra i suoi capelli le mani bagnate di lei.

Davanti a lui sabbia, sabbia gialla.

 

V – 12021 d.C.

L’immensa biblioteca di Nyork era a disposizione di Consuelo. Da molti decenni ormai lei era impegnata nel tentativo di scoprire qualche dato più concreto su quel sentimento esclusivo che aveva caratterizzato gli albori della storia dell’uomo.

Erano ormai diversi millenni che il rapporto intimo tra individui di sesso opposto era considerato un semplice scambio di piacere. Lentamente le Grandi Famiglie che si occupavano dell’allevamento dei neonati avevano guadagnato un posto di primo piano nella società, fino a sostituirsi al nucleo famigliare.

Il processo storico era descritto dettagliatamente nei testi archiviati, a disposizione di studiosi di varie discipline.

Nell’epoca attuale gli incontri tra individui erano molto rari ed accuratamente motivati. Le comunicazioni, sebbene molto frequenti. consentivano normalmente di vedere solo i visi. mentre la distribuzione e la sintesi automatiche di cibi e bevande e la disponibilità immediata di generi di vario uso permettevano l’isolamento completo nel rispetto del massimo agio fisico.

Uno dei pochi motivi per cui gli individui sentivano ancora la necessità di incontrarsi era legato all’attrazione tra i due sessi che non era stata alterata artificialmente proprio per mantenere qualche forma di incontro fra esseri umani.

Consuelo stava appunto pensando di passare la serata con un bel maschio quando l’ologramma raffigurante la testa di Idor le apparve a circa un metro dal naso. Fortunatamente il lieve segnale acustico avvisava i destinatari dell’arrivo di una comunicazione in modo non traumatico.

Gli occhi del giovane erano lucidi, la sua bocca serrata, una riga chiara di pianto gli percorreva lo zigomo destro dall’alto verso il basso. Lo sguardo di Idor era diretto verso un punto indefinito della stanza, ma Consuelo sapeva bene che anche lui, come lei, poteva vedere solo la testa dei suo interlocutore e non il luogo in cui questo si trovava o il resto del corpo.

La sua commozione era tale che il ragazzo non riusciva ad iniziare la conversazione.

– Qualcosa non va? Hai ripensato alla mia proposta?! – disse Consuelo, rompendo il silenzio che cominciava a diventare imbarazzante.

– Ora mi sembra di ricordare – parlava con voce alterata dall’emozione.

– Chi c’è lì con te?! – chiese lei pensando che lo sguardo e le parole dei giovane fossero diretti verso qualcun altro nella stanza.

– Ricordo tutto! – esclamò Idor girandosi finalmente verso di lei

– Io l’ho conosciuta, ho vissuto con lei – continuava con tono ed atteggiamento quasi deliranti.

– Ma di chi stai parlando ? Chi è questa lei?

– lo ho vissuto sul pianeta Terra un’altra vita, diverse migliaia di anni fa!

– Non diciamo assurdità … Raccontami tutto dall’inizio.

Il racconto del giovane fu piuttosto lungo e dal contenuto tutt’altro che credibile. Secondo Idor quella che stava vivendo era almeno la sua seconda esistenza: aveva già vissuto all’inizio del terzo millennio e ricordava ogni particolare della sua precedente esperienza terrena.

– Come fai … – Iniziò Consuelo interrompendo il racconto di Idor, ma non concluse la sua domanda in quanto si era già risposta mentalmente e sapeva benissimo che i suoi ricordi, come le aveva già descritto Alvaro di Bigor, per quanto incredibili, non potevano essere frutto della sua immaginazione. Nella narrazione infatti tutto combaciava alla perfezione, addirittura il ritmo stagionale e le condizioni climatiche corrispondevano a quelle presumibilmente esistenti poco dopo il 2000, ben diverse da quelle attuali a causa della processione dell’asse terrestre e dell’aumentato riflesso radiativo dall’atmosfera al suolo.

– Benissimo – concluse Consuelo parlando senza interruzioni per non dare ad Idor il tempo di pensare

– Contatterò immediatamente il Consiglio Locale e il Comando della Lira. In breve tempo sarai su Nyork. Chiariremo tutta la faccenda nel nostro Istituto. A presto caro amico.

– A presto… – rispose Idor con poca convinzione, ma ben consapevole del fatto che quello era l’unico modo per tornare sulla Terra alla ricerca dell’unica cosa di cui non aveva parlato alla professoressa: il messaggio di Sandra.

 

VI – 2021 d.C.

L’incontro preliminare con il gruppo del Centro di Animazione Sospesa di Londra (CASL) era stato molto interessante ed aveva fornito nuove informazioni sia a Stefano che a Sandra.

Il gruppo era presieduto dal direttore del centro, il professar Adam Alban. Il tipico scienziato manager ormai al culmine della sua carriera dopo decenni di studi e risultati sul problema del- l’ibernazione umana. Gli altri interlocutori di Sandra e Stefano erano due psicologi, i dottori Walter Glisson e Patricia Green e due medici, i dottori Franco Alimonti e Genevieve Curi. Tutti avevano esperienza pluriennale sul problema dell’ibernazione sospesa e, a parte il prof. Alban, erano stati scelti per affrontare la particolare situazione dei due clienti.

Dopo il primo incontro il caso di Sandra e Stefano era stato ritenuto meritevole di attenzione. Lo stato fisico di Stefano, senza ombra di dubbio, era minato da un male incurabile, mentre la compagnia di Sandra avrebbe favorito la condizione psicologica di entrambi e il loro reinserimento nella società che li attendeva al risveglio.

I problemi da affrontare dopo aver avuto la certezza dell’ibernazione erano molteplici e il più importante aveva anche un nome: Corinne.

La ragazza sarebbe stata privata dei suoi genitori probabilmente per sempre; per lei papà sarebbe ugualmente morto e, per di più, avrebbe portato con se, in un aldilà irraggiungibile, anche la mamma. Sandra ci aveva pensato a lungo senza trovare una soluzione che la convincesse completamente. L’indomani avrebbero dovuto firmare l’accordo, poi il soggiorno finale presso il deposito glaciale di Vostok sarebbe iniziato dopo due settimane circa.

La mattina successiva il prof. Alban irruppe nella stanza facendosi preannunciare da due lievi colpi sulla porta d’ingresso. Stefano era nella stanza da bagno, mentre Sandra stava di fronte allo specchio per adattare il suo aspetto alle esigenze della giornata che li spettava, ricca di incontri.

– Buongiorno Sandra. Dov’è suo marito ? – domandò il professore – Ho buone notizie per la vostra famiglia, o almeno spero che lo siano.

– Stefano è in bagno. Aspettiamo che ci sia anche lui. Se si tratta di buone notizie è meglio sentirle insieme. Da troppo tempo le notizie per noi sono troppo crudeli.

– D’accordo – convenne il prof. Alban.

Stefano uscì dal bagno proprio in un momento in cui sia la moglie che il professore erano silenziosi. – Salve professore.

– Salve. Sto per comunicarvi una possibile soluzione al problema della giovane Corinne. Il gruppo d’esame ha concluso che è possibile fin d’ora assicurare a vostra figlia una futura ibernazione, da iniziare quando vorrà lei. Potrà seguirvi nel viaggio temporale, così vi sveglierete ancora tutti insieme in un domani speriamo non troppo lontano.

La notizia parve buona anche a Stefano e Sandra. L’espressione distesa dei due convinse il professore che era giunto il momento per confermare i programmi della giornata: tra quindici giorni gli occhi che lo guardavano con gratitudine si sarebbero chiusi in un freddo abbraccio per un lungo periodo di sonno artificiale.

Gli ultimi giorni, prima della lunga separazione, la famiglia riunita li passò in un centro vacanze sull’Atlantico. Si erano apparentemente rilassati ma i dialoghi erano stati ridotti al minimo e la tensione era tale da essere evidente anche ad un estraneo. La partenza per Vostok fu quasi una liberazione. Corinne sarebbe rimasta con la zia, mentre Stefano e Sandra si apprestavano ad affrontare un destino ignoto ed in parte affascinante.

Alban li convocò circa un’ora dopo il loro arrivo.

– Ben tornati. li vostro giaciglio è già pronto, tutte le prove e le verifiche sono state concluse con esito positivo.

E’ un contenitore a due posti come avevamo concordato. Prima di darvi le ultime indicazioni vi volevo informare dello svolgimento di un particolare esperimento. L’equipe del Dott. Alimonti vuole dimostrare in modo scientifico che il cervello dopo l’ibernazione ricomincia la sua attività al punto esatto in cui l’aveva lasciata. Per questa dimostrazione si è pensato di condurre molte prove diverse una delle quali, se voi siete d’accordo, vi coinvolgerebbe.

– Di cosa si tratta ? – chiese ansiosa Sandra.

– Dovrete sottoporvi semplicemente ad una seduta ipnotica di brevissima durata durante la quale sarete costretti a memorizzare una frase di vostra scelta. L’ibernazione inizierà immediatamente dopo, cioè esattamente tra tre giorni e due ore.

– Va bene – disse Stefano.

– Si, anche per me – convenne Sandra.

– D’accordo. Dopo la cena di questa sera non dovrete assumere più cibi solidi per nessun motivo fino al momento dell’ibernazione. Il resto vi sarà comunicato al momento giusto. Se volete seguirmi…

Dopo lunghi ripensamenti Stefano e Sandra decisero la frase che avrebbero dovuto memorizzare. Si trattava del cosiddetto Patto Temporale stipulato fra due streghe del ‘300, tratto da un romanzo letto recentemente da entrambi i coniugi. Nessuno dei due ricordava esattamente le parole, ma la circostanza raccontata era molto singolare e per qualche verso assomigliava alla loro situazione.

– Ricordi la trama? chiese Sandra al marito.

– Certamente! – esclamò lui, iniziando il racconto – Le due streghe vengono condannate al rogo dall’inquisizione anche per il loro reciproco amore contro natura; ma prima di morire tra le fiamme. invocano Lucifero affinché conceda loro di reincarnarsi in un futuro lontano. Per ritrovarsi stipulano appunto il Patto Temporale nel quale viene citato il luogo in cui dovranno lasciare i reciproci messaggi al loro ritorno in vita. Il patto è, più o meno, questo:

“Quando la luce del Sole illuminerà nuovamente il mio viso, allora ritroverò il cerchio di archi preistorici e sulle sue pietre inciderò a fuoco la data e la frequenza dei miei pellegrinaggi, nonché il nome del villaggio in cui mi potrai trovare. amore mio”

– Bene – lo interruppe Sandra che era stanca di perdere gli ultimi momenti per decidere sul contenuto di quella frase – Memorizzeremo la frase che hai appena citato con una piccola modifica. Ricordi quella bella ed enorme statua con copricapo dell’isola di Pasqua?

– Certo, e allora ?

– La nostra frrase sarà:

“Quando la luce dei Sole illuminerà nuovamente il mio viso, allora marchierò il costato di pietra dei gigante di Pasqua, così che tu mi possa ritrovare, unico amore mio”

Due giorni dopo si salutavano con un teso “arrivederci” prima di chiudere gli occhi per un lungo sonno senza sogni.

 

VII – 12021 d.C.

Consuelo lo attendeva sul ponte di arrivo dello spazioporto di Nyork.

Sulla Lira il comandante Ritter l’aveva congedato con molta freddezza e con uno sguardo carico di rimproveri. Probabilmente era la prima volta che vedeva un passeggero lasciare una nave migratoria dopo aver superato il test d’imbarco. Nonostante tutto nessuno l’aveva trattenuto, La studiosa originaria di Altair doveva essere molto influente.

Questa fu anche l’impressione che ebbe vedendola in carne ed ossa; una figura imponente e un aspetto tutt’altro che spiacevole a dispetto dell’età non più giovane.

– Ben tornato sulla Terra – lo salutò la donna che era in compagnia di due robusti giovanotti, probabilmente allievi di sua fiducia accorsi a vedere il fenomeno.

– Ben trovata – rispose Idor, aggiungendo immediatamente – Scusatemi ma ho urgente necessità di utilizzare un’unità di evacuazione. Il breve viaggio di ritorno deve avermi fatto uno strano effetto.

– Non preoccuparti, è comprensibile, con tutte le emozioni degli ultimi tempi … Le unità pubbliche dello spazioporto più vicine sono dietro quell’angolo.

Idor lo ricordava bene, più volte durante il periodo di studio passato a Nyork aveva usato quelle unità per scherzare con i suoi amici di corso, ma Consuelo non poteva saperlo.

Il locale d’accesso era molto grande ed aveva ben sette ingressi che mettevano in comunicazione con punti opposti dello spazioporto, il posto ideale per far perdere le proprie tracce.

Non aveva nessuna intenzione di seguire Consuelo e di fare da cavia per i suoi esperimenti; voleva al più presto rispettare il suo antico patto ora che se lo era ricordato.

Entrò nell’atrio di accesso alle unità di evacuazione e ne uscì immediatamente utilizzando una porta che, come ben ricordava, conduceva direttamente al posteggio degli aerotaxi. Nessuno lo aveva seguito e la sua borsa con gli effetti personali, molto pochi come per tutti gli individui della sua epoca, era con lui; lo seguiva fedelmente volando a mezz’aria, collegata magneticamente alla sua tuta.

La studiosa di Nyork doveva essere stata presa alla sprovvista dalla sua esigenza corporale e non aveva pensato a farlo sorvegliare, cosa che sicuramente avrebbe fatto se lui avesse aspettato di essere sistemato in un appartamento dell’istituto di ricerca dove sarebbe stato portato.

– All’aeroporto. Imbarco per i voli terrestri – disse al pilota automatico dell’aerotaxi.

Dopo alcuni minuti era davanti al banco dell’accettazione. Arrivò a Santiago in poche ore, non vi era ancora stato in questo secolo ma ricordava qualcosa di quando la città era capitale del Cile, uno stato che non esisteva più da millenni.

Fu fortunato, il servizio di navette automatiche individuali disponeva ancora di due mezzi gli altri erano in viaggio. Noleggiò una delle due navette e la programmò per raggiungere la sua meta: Pasqua, la vecchia Isola di Pasqua.

L’isola era poco più di uno scoglio, ma la piattaforma, per quanto semplice e poco evidente nel suo mimetismo azzurro trasparente, indicava l’esistenza del parco archeologico.

Idor scese dalla navetta e si accodò alle poche persone che lo precedevano. La piattaforma non era altro che il 10% visibile di una struttura quasi completamente sommersa. Il primo locale era un ampio atrio dove ci si poteva ristorare e si potevano acquistare ricordini o documentazioni sulle ricchezze storiche di quella che un tempo era l’isola di Pasqua.

Entrò nel locale in cui ci si preparava per l’immersione. Quella che consentiva di avvicinarsi maggiormente ai monumenti. Dopo dieci minuti poggiava i pesanti scarponi sul vecchio suolo dell’isola, ormai sommerso.

Un’incisione su una statua, per giunta oggi sommersa, che idea balzana, come poteva essersi conservata nel tempo. Come avrebbe fatto poi lui a incidere il suo messaggio?! Ogni statua era circondata da un’atmosfera inerte stabilizzata ed era controllata da occhi elettronici armati di folgoratori. Si poteva guardare, anche avvicinarsi, ma un minirno tocco avrebbe causato l’immediata reazione dei controllori.

Un sogno, niente più, non era possibile verificare che si fosse trattato di qualcosa di diverso e non era neppure possibile rispettare il famoso patto.

La loro statua era laggiù, accanto a quel grosso masso levigato.

Era perfettamente immacolata ma… Sulla superficie della roccia adiacente era ben leggibile un’incisione in perfetta lingua italiana del XXI secolo:

“23/2/12001. ancora insieme. Sira n. EE122G98K5”.

li numero corrispondeva ad un abitante dei pianeta Eridani della stella Epsilon.

Sira doveva essere la sua Sandra.

Ben presto si sarebbe rimesso in viaggio verso le stelle, all’inseguimento di un sogno cominciato tanti secoli prima.

 

VIII – 2193 d.C.

Bollettino di guerra del Centro di Sopravvivenza di Vostok.

La follia ha preso il sopravvento.

Tutte le fonti di energia sono state distrutte.

Le animazioni sospese non ancora interrotte in attesa della fine del conflitto, sono state interrotte bruscamente.

Tutti coloro che sono stati ibernati successivamente all’anno 2000 sono irrimediabilmente morti.

 

IX – 12022 d.C

Si ritrovò nella cabina letto del cargo merci. li suo risveglio dall’animazione sospesa significava che erano ormai prossimi al sistema della stella Epsilon.

Il pilota e proprietario del cargo, il signor Paul Donatien, l’aveva ospitato dietro forte ricompensa ma quello era stato l’unico modo per raggiungere la sua destinazione senza essere fermato da Consuelo o dai suoi scagnozzi. Fortunatamente aveva ancora un po’ di crediti, residuo della cospicua borsa di studio guadagnata.

Lo sportello trasparente della cuccetta ibernante era aperto; poteva alzarsi. La voce di Paul lo sorprese mentre si stava stiracchiando.

– Ben alzato. Ce ne hai messo di tempo per risvegliarti se fossimo stati in pericolo avresti corso dei brutti rischi. Lo sapevo che non avrei dovuto prendere a bordo uno studentello. Comunque per tua fortuna tutto è andato per il meglio. Nessuno ha intercettato la nostra velocissima nave e tu sei quasi a destinazione. Potresti ringraziarmi con una mancetta… .

Stai scherzando? Con tutti i crediti che ti ho dato potrai ubriacarti per tutto il tempo della tua permanenza sui prossimi cento pianeti che toccherai. Poi hai portato sicuramente un carico di merce su questa bagnarola che hai il coraggio di chiamare velocissima nave, riuscirai a piazzare anche quello.

– Va bene, va bene. Se vieni nella sala centrale facciamo colazione insieme.

La colazione era costituita da una non ben definita gelatina da accompagnare con un liquido dolciastro contenuto in un recipiente opaco.

“Disgustosa” pensò Idor, ma preferì chiedere:

– Manca molto per arrivare su Eridani?

– Non più di un paio di giorni.

– E’ possibile mettersi in comunicazione con i suoi abitanti?

– Sarebbe possibile ma dovremmo chiedere il collegamento tramite uno dei satelliti orbitanti ed è una cosa che non ho alcuna intenzione di fare. Quando contatti uno di quei satelliti ti addebitano subito una miriade di tasse che non ne hai idea. Poi se posso preferisco passare inosservato il più possibile. Non ho solo amici da questa parte dell’Universo.

– Già perché dalle altre … – ironizzò Idor ripensando a come avevano dovuto scappare dalla Terra e a come era stato difficile imbarcarsi su quella carretta.

– Nessuno ha chiesto il tuo commento. Ora ti lascio, dovrò passare un po’ di tempo nella cabina di pilotaggio. Ci vediamo qui tra quattro ore circa per il pranzo.

– Che succulenta prospettiva – disse Idor allontanandosi verso il cubicolo dei servizi igienici.

Atterrarono su Eridani dopo cinque giorni di disagi.

Paul lo salutò senza convenevoli ed anche lui fu parco di complimenti. Non era stato uno dei suoi soggiorni migliori, ma in compenso era stato sicuramente il più caro.

All’ufficio immigrazione non gli furono di grande aiuto nella ricerca della donna di nome Sira.

Il pianeta era stato colonizzato solo da pochi decenni e l’organizzazione lasciava un po’ a desiderare. Tutto ciò che ottenne fu un recapito di almeno dieci anni prima. «Meglio di niente» pensò.

Nel giardino della casa che corrispondeva a quell’indirizzo, una donna di circa trent’anni leggeva un libro tradizionale, sorretta da un campo anatomico.

Attirò la sua attenzione e mostrando un appunto su un pezzo di carta le chiese:

– Mi scusi. abita qui una certa Síra. il cui numero d’identificazione è quello scritto su questo foglio?

– Si. È l’identificativo di mia madre – disse la donna. con uno sguardo interrogativo – Perché la sta cercando?!

– Sono un suo vecchio amico. Ma cosa intende lei dicendo mia madre?

– Intendo proprio quello che ho detto. Sira mi ha avuto in un parto tradizionale. Io e lei siamo vissute qui insieme, come facevano le famiglie terrestri dei primi millenni. Questo fino a circa dieci anni fa quando … Mi dispiace, mia madre è morta nel 12012. Un tragico incidente.

 

“Solo un numero e un viso sconosciuto. Un tempo avevi lunghi capelli e occhi profondi… Sei proprio tu?!”

L’anfora era riposta in una delle tante urne di presentazione.

Il suo contenuto era quanto restava del corpo cremato di una donna che aveva lasciato la vita dopo appena cinquant’anni.

Di Sira esistevano registrazioni vocali. immagini tridimensionali e numerosi scritti.

La figlia di lei Dela gli aveva permesso di visionare e leggere tutto quello che era rimasto, ma apparentemente non c’era nessun messaggio per lui e quasi niente lasciava pensare che Sira avesse ricordato di essere stata o che fosse mai stata la sua Sandra.

Neanche alla figlia Sira aveva mai confidato nulla che potesse far pensare ad una sua precedente esistenza. Dela non era neppure a conoscenza dell’incisione fatta dalla madre nel parco archeologico di Pasqua.

Solo nella riproduzione tridimensionale di una vecchia recita di Sira all’età di trent’anni Idor riconobbe il crudele intervento del fato, o per lo meno gli parve di riconoscerlo. Dela gli fece vedere quella proiezione dove la madre pronunciava solo i versi seguenti:

“Vecchia, triste sorella; forse un giorno, in un’epoca lontana ti rivedrò ma sono certa che allora questo crudele destino mi impedirà di riconoscerti”.

– Quando ero bambina mia madre diceva sempre che questi erano i versi conclusivi di un romanzo, introvabile ormai da millenni, che un bel mago le aveva letto in sogno.

Già, Idor lo ricordava bene quel romanzo e sapeva anche che alle due protagoniste Lucifero aveva concesso ripetutamente la reincarnazione, in epoche sempre diverse, ma senza consentire loro di rivedersi. Le due poverette riuscirono a trovare l’una le tracce del passaggio dell’altra ma non si incontrarono mai più.

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