Rêve dans la rue bleue (Sogno nella via blu)
Rêve dans la rue bleue (Sogno nella via blu)
Gianfrancesco Iacono
9788897364726
Nulla die Edizioni
€ 21 e-book disponibile NO
Solo il sogno, e relative cadute nel sonno profondo, può rendere accettabile una realtà tanto viva e tanto consunta da sembrare, spesso, non degna di essere vissuta. Anche se si sta nella città dell’anima, Parigi, si è sfuggiti ad altri destini già pronti per noi, si attraversano strade come fosse sempre la prima/l’ultima volta, per poi svenire morti di stanchezza. A sentir parlare di sogno, da un autore della generazione che ha letto i fantasy chissà che ci s’aspetta.
Stare a Parigi come ci sta il protagonista di questo romanzo (che non racconta niente per carità!) e i suoi, verrebbe da tornarsene subito a casa perché fra i problemi globali e la povertà multilingue, stanzini in affitto e giornate di solo lavoro, non è che ci sia da stare allegri. Ma mentre le forze finiscono e poi tornano, la vita si popola di presenze, di amici, le strade, invitanti e faticosissime per estensione e frequentate come si camminasse per il sud d’Italia invece che per la Ville Lumière, bella ma fredda, fanno la storia. Le anonime cose della prima condivisione con l’amico Arthur, l’edicola angusta ‘come una bara’ dove lavora con Julius, fanno presto interno balzachiano; prendono vita per quel che gli compete e senza montarsi la testa, perché quest’epoca, come quella, è barocca, popolata, sozza, sfranta, e opulenta assieme (con le dovute differenze di contesto, linguaggio e finalità del raccontare). Anche Amandine, Aurore e Quinquin, e perfino il gatto Bertrand, sono persone, bestie/Parigi: ombre oniriche ubicate nella mente del protagonista che è tutt’uno, invece, col blu mediterraneo (che diverticolo: o c’è il blu o ci sono le strade, i caffè per discettare d’arte o vagare, spiare…). Il sogno è un ottimo mezzo, però, anche per provare a reinventarsi il romanzo che in tempi post moderni, se si ama raccontare il minuto che scorre, è cosa assai ardua. Iacono, come un buon cuoco non lesina ingredienti, anzi li mette su una grande tavola tutti assieme, mostrandoceli in un’unica inquadratura che confonde, nelle prime pagine, le idee tanto da farci desiderare quasi di chiuderlo questo bel libro che poi si svela pian piano. Echi di tante letture, qualche mania generazionale (è giovane ma appartiene ‘già’ a qualcosa), lo stile fluido che si fa leggere con trasporto. Proust con le sue ‘fanciulle infiorate’, come divaga il protagonista, c’è già stato, e c’è stato anche Céline di Viaggio al termine della notte e Guignol’s Band (Londra protagonista) – mai nominato mai – in quasi trecento pagine, ma chi echeggia più di lui in questo viaggio strampalato per la città europea che più città non si può? Potrebbe stare l’autore fra i ‘realisti isterici’ qualche anno più grandicelli, anche se in questi prevale la nevrosi (D.F. Wallace) e una partecipazione più schietta al mondo oltre sé stessi (Z. Smith, D. Eggers). L’attitudine ombelicale è mitigata da uno sguardo del protagonista che va a sbirciare i moti della banlieue o che per qualche ora è anche capace d’impegnarsi nel riconoscere la fatica di vivere di qualche altro cialtrone incontrato per caso; assieme a quella sud ombelicale, a volte nevroticamente insistita, caratterizza un titolo fra quelli, non molti a dire il vero, destinati ad essere riscritti per tutta l’esistenza. Dismettendo per strada i tanti autori indossati, classici e moderni, fino ad arrivare alla sostanza, ciò che fa davvero di questo autore ciò che è: bravo. Non annoverabile fra molti stitici esordienti nostrani, troppo occupati a chiedersi cos’hanno provveduto a lasciargli i padri per aprirsi qualche strada da sé. Opera finalista per la regione Sicilia al Premio letterario ‘La Giara’, 2012. (Serena Grizi)
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