Renzi: La sinistra che non cambia diventa destra
Il progetto di riforma della legge elettorale e della carta costituzionale di Renzi e Berlusconi è stato criticato da diversi intellettuali che hanno sottoscritto l’appello dal titolo “Verso una svolta autoritaria”. A scriverlo sono stati i costituzionalisti del movimento “Libertà e Giustizia”, che vorrebbero risposte alle domande: Cambiare, ma per andare dove? Quali traguardi raggiungere? Si vuole cambiare la Costituzione: con quale delle due opzioni: più autorità in alto o più partecipazione dal basso? Renzi ha commentato in modo caustico: «Ho giurato sulla Costituzione, non sui professoroni». Ma sintetizziamo per punti quanto hanno detto i cosiddetti “professoroni” nel rispondere al premier.
Renzi non è legittimato a mettere mano pesantemente alla Carta Costituzionale, perché ha avuto solo il consenso delle primarie ed è al governo senza essere stato eletto.
In questa legislatura Renzi si trova un Parlamento di nominati dai partiti, delegittimato dalla sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato sia il “super-premio” di maggioranza sia l’assenza di preferenze, contenute nella legge elettorale detta Porcellum.
Nella campagna elettorale del 2013 nessun partito della maggioranza ha proposto agli elettori le riforme costituzionali che oggi si vogliono approvare in fretta e furia.
La trattativa sui contenuti delle riforme si è svolta fuori dalle Camere parlamentari, tra i due capi-partito Renzi e Berlusconi, allo scopo di raggiungere i 2/3 dei voti in Parlamento ed evitare così la consultazione popolare con il referendum.
Il progetto di riforma costituzionale è nato con il governo Letta quando la banca J.P. Morgan, leader dei servizi finanziari mondiali e artefice di grandi fusioni bancarie, ha redatto un rapporto nel quale si afferma che la nostra Carta costituzionale è obsoleta. Poche settimane dopo Enrico Letta ha ripreso il rapporto di J.P. Morgan quasi alla lettera e ha dato un’accelerazione sulle riforme.
Oggi Renzi teme che gli esperti costituzionalisti facciano uscire la verità, mentre si vogliono tenere all’oscuro gli italiani sulla svolta autoritaria in atto nella nostra Repubblica parlamentare. Un potere unico che prima o poi agirà sulla magistratura per ridimensionarne i poteri di controllo.
L’Italicum non solo non supera i difetti del Porcellum, ma ne crea altri peggiori, perché può dare più deputati al partito che prende meno voti.
Si è partiti dal voler riformare la legge elettorale per passare a una grande riforma costituzionale che travolge l’intero sistema: prima il Senato, poi il Titolo V (Regioni, Province e Comuni), infine la forma di governo, che diventerebbe un premierato forte, dando al premier il potere di revocare i ministri e di imporre al Parlamento un termine di 60 giorni per approvare i disegni di legge governativi, pena la loro approvazione senza modifiche. E questo dopo che per anni si è fatto ricorso in modo eccessivo al voto di fiducia dei decreti legge governativi senza dibattito parlamentare.
Per risparmiare sui costi è sufficiente dimezzare il numero dei deputati e dei senatori.
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