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“Religio”

“Religio”
Novembre 17
14:54 2013

1 sec. d.c. Lari in terracotta. Napoli Museo NazionaleFormazione della tradizione religiosa romana. (Dal volume “Lares et Urbs”)
Caratteri generali. La religione romana è incentrata su due fondamenti: culto della natura, per se stessa e nelle sue molteplici manifestazioni. Nella molteplicità di numi che costituivano il mondo divino si deve riconoscere la personificazione e l’espressione del cielo o della terra, da soli o nei rapporti che si riferiscono a speciali fenomeni della generazione e della produzione;  culto degli antenati, che si ritenevano persistere nell’ambiente fisico-affettivo della famiglia e rimanevano legati alla casa in cui erano vissuti, albergando nelle profondità dello spazio di essa.

Se favorevoli, essi prendevano il nome di Penati o Lares; se temibili, quello di Larve o Lemurie. Tutte le manifestazioni della divinità (naturali e domestiche, primitive e più evolute) erano genericamente denominate Mani (“buoni”), distinti in due grandi categorie: Manes superi o celesti, Manes inferi o infernali. Ai primi si sacrificava perchè proteggessero, ai secondi perché non nuocessero.

Il culto dei Mani era continuo durante tutto il corso dell’anno: davanti al larario, che rappresentava le divinità tutelari della famiglia ed era presente in ogni casa, ardeva perenne il sacro fuoco di Vesta; e non passava giorno che, ad ogni pasto, non si facessero offerte di cibi e bevande. Per l’esercizio della religione privata o familiare, non vi erano regole fisse, ed ognuno vi soddisfaceva in quelle forme e con quelle invocazioni che stimava migliori: ogni cittadino, o meglio ogni capofamiglia, era sacerdos sui, sacerdote di se stesso.

Quanto al culto pubblico, sebbene fosse del pari continuo, esso era specialmente costituito da una serie di cerimonie compitalizie (che avevano il loro centro nei compita = crocicchi, con importanti riflessi amministrativi avendo valore di censimento), lustrali (di purificazione) ed espiatorie, che si svolgevano durante il corso dell’anno. Esse andavano di pari passo col culto prestato all’universa natura nelle successive sue manifestazioni celesti e terrestri, specialmente dedicato, secondo le diverse stagioni, a quelle divinità di vario nome che si consideravano presiedere a ciascuna di quelle manifestazioni, ma che, nell’essenza loro, non erano se non diverse personificazioni della “Terra Madre” contemplata in un dato momento, ovvero un’emanazione di essa applicata a qualche particolare fenomeno naturale.I Romani furono sempre perfettamente consci delle proprie origini e della confluenza nella propria tradizione di elementi e contributi di popoli diversi. Il carattere composito della nascita e dello sviluppo di Roma, che (caso più unico che raro nella storia del mondo) si configura fin dalle origini come città (urbs) più che come popolo, è adombrato da alcuni racconti – a cavallo fra storia e mitologia – su cui concordano la maggior parte degli autori latini.

Dalle nebbie delle origini all’arrivo dei Pelasgi, dall’età dell’oro di Giano e Saturno al fatidico sbarco di Enea, fino alla celeberrima saga dei sette re di Roma, un mosaico di genti contribuì alla progressiva formazione della Religione romana, intorno ad un nucleo appartenente alla più pura tradizione indoeuropea: a questo nucleo, nonostante i potenti influssi delle altre culture, il popolo romano, grazie al sapere custodito dai suoi collegi sacerdotali, si mantenne sempre fedele.

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