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Recensire libri al tempo del web

Dicembre 07
15:12 2012

La recensione è morta, lunga vita alla recensione? Ni: infatti, sembrano finiti i tempi delle riviste, alcune famose, che recensivano tutte le novità editoriali, mandate in soffitta dalle testate elettroniche che tentano di stare dietro alle centinaia di uscite librarie settimanali, come alla miriade di case editrici medio piccole che per far fronte alla crisi del libro si sono moltiplicate. Così, anche la recensione web può arrancare a causa della velocità che brucia notizie e perché, a volte, dietro la facciata non c’è una solida struttura (un gruppo di lavoro o esperienza e passione o la scelta precisa di un genere cui dedicarsi). Il risultato è molta offerta on-line, spesso commerciale, per l’utilizzatore per il quale, però, scegliere può presentare la stessa difficoltà del tentare di orientarsi in una libreria multipiano senza sapere cosa cercare: bel lavoro per chi ha gli strumenti base, improbo per il lettore neofita o occasionale.

Di sicuro una certa ‘scuola’ sta andando in pensione: il recensore, non parliamo di critico (il discorso si complicherebbe portandoci alla radice di chi o cosa sceglie ciò che troveremo in libreria), non si erge da un podio dal quale racconta ad un pubblico attento e disciplinato cosa leggere, ammesso che sia mai stato così, ma simula di mettersi in fila con tutti gli altri davanti agli scaffali ed ai banchi più invitanti della libreria, sfoderando i propri strumenti selettivi nel giusto modo, senza strafare. Meglio ancora se ci mette un po’ di verità scrivendo di libri su cui ha operato almeno una lettura ‘tecnica’ oppure, addirittura, una lettura integrale, che significa avvalersi della propria esperienza selettiva arricchendola di continuo. Ne sa qualcosa Alessandro Baricco (Novecento, Castelli di rabbia, Emmaus – tutti Feltrinelli) il quale, rigettando ormai per ovvi motivi il ruolo di enfant prodige affibbiatogli anni or sono, cerca di eludere il pubblico sempre più cattivello dei forum e dei social network scrivendo per ‘La Repubblica’ della domenica, in 50 puntate, i migliori 50 libri letti negli ultimi dieci anni. È arrivato circa a metà di questo progetto intrapreso con umiltà e una punta discorsiva in più, perché anche uno come lui, abituato a leggere in teatro davanti a grandi platee, non disdegna una ‘operazione simpatia’ che dimostri come nella nuova ‘falsa democrazia culturale’ si sia tutti sullo stesso piano (la differenza, non da nulla, risiede nella posizione occupata, come già nel vecchio sistema, o nel numero di ‘amici’ o follower catturati). Resta poi da vedere cosa avranno già assaggiato i lettori della gustosa lista fin qui proposta che spazia dai, relativamente, freschi di stampa come Open di Andre Agassi ai pluripremiati Olive Kitteridge della Strout e Vergogna di J.M Coetzee; da Il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa al Premio Nobel per la letteratura 1968 Kawabata di cui porta all’attenzione del lettore La casa delle belle addormentate. La fretta della rete obbliga a ‘stare sul pezzo’ come si dice in gergo ma recensire un libro, per l’inglese Nick Hornby (Febbre a 90°, Tutto per una ragazza e l’ultimo Sono tutte storie – tutti Guanda), significa raccontare una certa idea del mondo, come dichiara a Enrico Franceschini su ‘La Repubblica’ del 7 novembre scorso: «È sempre meno necessario, sempre meno importante, aspettare che il critico dalla torre d’avorio dica che film vedere o che libri comprare (…) non mi metto dalla parte del critico di professione. (…) Le mie rubriche sui libri sono scritte dal punto di vista di un lettore ordinario, che oltretutto prende i libri come una scusa per dialogare in libertà di un sacco di altre cose. È una specie di diario in pubblico.» Secondo Hornby, l’attuale momento rappresenta la fortuna di forme narrative come la novella, il racconto o romanzo breve (l’instant book, aggiungiamo noi, anche se non è una forma breve, ma una forma di approfondimento ‘lampo’ molto legata all’attualità). Su quest’affermazione riguardante la lunghezza del libro preferita da ciascuno, mettiamo un punto perché aprirebbe immani argomentazioni. Il focus dell’odierno recensore sembra non essere più il fresco di stampa, anche se c’è chi fa benissimo questo mestiere (fra i miei preferiti cito Paradisodegliorchi.com che recensisce anche altro). Questo cambiamento rende nuove libertà a chi ama scrivere di libri: mai, come in questo momento storico, almeno per quel che se ne sa, si sono avuti tanti cataloghi, su supporti tanto diversi, di tutto ciò che è stato scritto sin’ora. Ciò consente nuove esplorazioni e nuovi accostamenti fra opere e scrittori diversi per preparazione culturale, provenienza, stile, con una varietà infinita di combinazioni. Le novità, in genere, restano una grande attrattiva per il lettore, ma il sapere della rete è alimentato ogni giorno da molta informazione, opinionistica, se non proprio critica, di buona qualità frutto di questa impostazione. Marco Malvaldi, sua la quadrilogia dei vecchietti del BarLume (fra cui La carta più alta, vedi recensione sul sito Controluce-libri-suggerimenti di lettura) fa ‘dire’ al suo protagonista Massimo, ‘barrista’ di Pineta, un pensiero dell’anziano Aldo, il quale opta per un originale fai-da-te: «Il nostro tempo su questa terra è limitato. A leggere tutti i libri che sono al mondo io non ce la farò mai. Quindi non voglio perdere tempo a leggere troiate. Allora, se un libro continua ad essere stampato, pubblicato e letto dopo trecento anni da quando è stato scritto, significa che evidentemente dentro c’è qualcosa che vale la pena. Se è uscito indenne da un filtro così lungo, è più difficile che sia un libro inutile». Logica popolare, ma quasi inattaccabile. Utile a chiunque ‘vada per libri’, ma contraria a quella di chi per mestiere propone titoli nuovi tutte le settimane e deve possedere esperienza di lettura, ma anche un buon istinto per poter segnalare quello che ancora non appare in modo evidente come un titolo importante, di quelli che resteranno a lungo sullo scaffale, ma ha tutte le qualità per diventarlo.

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