Raccontare Marino…… Storia e Archeologia
Comune di Marino, 26.10 km² di estensione, 43.000 abitanti ca. tra il centro storico e le frazioni di S. Maria delle Mole, Frattocchie, Cava dei Selci, Castelluccia, Due Santi, Fontana Sala. Territorio che costituisce un perno tra la Campagna Romana e le pendici dei Castelli Romani, Comune ospite di due parchi, il Parco dei Castelli Romani e il Parco Regionale dell’Appia Antica ed ora un terzo, nato nel 2016, il Parco Archeologico della Via Appia Antica con competenze su tutti i siti archeologici lungo la direttrice della Via Appia Antica, che attraversa il territorio comunale da nord a sud. Un territorio, quello del Comune di Marino, che vanta secondo uno studio della Provincia di Roma (aggiornato al 2010) ben 204 presenze archeologiche, al netto delle numerose scoperte effettuate dalla Soprintendenza* negli ultimi 6 anni che hanno restituito evidenze archeologiche importanti quasi ad ogni operazione preventiva di scavo. Un territorio sottoposto a 31 leggi di vincolo su resti archeologici e architettonici, emanate tra gli inizi del ‘900 fino al 2010. Territorio con presenze archeologiche, architettoniche e artistiche uniche al mondo sia nel centro storico, che nelle frazioni, come il Mitreo (ancora chiuso) con la rappresentazione del ciclo del Dio Mitra, considerato da tutti gli studiosi la più importante raffigurazione al mondo del ciclo mitraico, la città sepolta di Bovillae nella frazione di Frattocchie, con la sua area archeologica centrale (in una proprietà privata) con i resti dei carceres (stalli dipartenza dei cavalli) del circo, uniche strutture architettoniche di un circo romano superstiti in tutto l’Impero Romano, la Via Appia Antica, regina viarum che attraversa la più popolosa delle frazioni, S. Maria delle Mole.
E non dimentichiamo anche tutte le testimonianze storiche del Medioevo e del Barocco e le immense risorse naturali (oltre ai parchi suddetti), come il Barco Colonna e il Bosco Ferentano, le Cave di Peperino sfruttate sin dall’epoca romana che costituisco uno dei più spettacolari monumenti dell’opera umana, mai valorizzate come meritano.
La lista sembra infinita, in un territorio che merita di essere amato e soprattutto rispettato, preservandolo, tutelandolo, e attuando tutte le misure necessarie tese ad una valorizzazione che possa ingenerare un’offerta turistica obiettiva e degna dei tesori che custodisce. Un territorio, che merita di essere apprezzato, scoperto dai turisti quanto riscoperto dalle persone che ci vivono.
Un territorio, la cui impronta storico-artistica, deve essere diffusa, ad appassionati e specialisti attraverso uno studio ed un racconto che tenga sempre la barra dritta in direzione dell’etica, della professionalità, e dell’onesta intellettuale.
Ed è proprio riferendomi a questi concetti che ho voluto focalizzare l’attenzione su un articolo apparso nel Giornale della Provincia, dal titolo “Marino. Un nuovo tratto di strada romana” che invece di raccontare e di comunicare al pubblico la bellezza e la ricchezza storica, archeologica e artistica del nostro territorio, in modo trasparente, propone una lunga serie di notizie errate e di interpretazioni storiche bizzarre e senza fondamento. L’articolo parte subito con una serie di inesattezze: “Un altro tratto di strada romana incombe sui lavori (ripresi) per l’apertura del MC Donald di Frattocchie. Ad incappare nella nuova scoperta archeologica stavolta sono stati gli operari dell’Acea impegnati tra via del Sassone e via delle Castagnole di sotto alla realizzazione dell’allaccio fognario che dovrà servire al fast food di prossima apertura”, unica notizia vera è l’esecuzione dei lavori da parte dell’Acea (ma sotto la sorveglianza della Soprintendenza*) avvenuti nei primi giorni di Agosto, in Vicolo del Torraccio a Frattocchie per l’allaccio fognario relativo al Mc Donald’s di prossima apertura. Mentre il ritrovamento di un tratto di strada romana è notizia che non risponde a verità, poiché durante i lavori di scavo non sono state rinvenute testimonianze di alcun tracciato stradale antico.
L’articolo continua, riguardo ai lavori del Mc Donald’s “di prossima apertura e già dal mese di Gennaio finito al centro della cronaca per il ritrovamento di un importante sito archeologico che comprende le mura perimetrali dell’antica Bovillae”, senza nulla togliere all’estrema importanza del ritrovamento nell’area dell’ex Staff, durante i sondaggi preliminari all’edificazione del Mc Donald’s, di una strada romana perfettamente conservata e di alcuni muri di contenimento, una grossa frottola evidente è quella delle “mura perimetrali dell’antica Bovillae”, in primo luogo perché le uniche strutture murarie rinvenute sono quelle di contenimento attinenti alla strada romana, in secondo luogo perché le fonti storiche dimostrano la totale inconsistenza dell’ipotesi.
Altra ipotesi del tutto a casaccio: “Villa di Tito Sestio Gallo dove attualmente sorge il convento dei frati trappisti”; l’identificazione della villa di T.S. Gallo nel comprensorio dei Frati Trappisti, tra l’XI e il XII miglio della Via Appia è totalmente sballata perché anche qui tutte le fonti convergono invece sulla reale posizione del fondo e dell’eventuale villa di T.S. Gallo, oltre Bovillae, presso il XIV miglio della Via Appia.
L’articolo prosegue: “Secondo fonti della Soprintendenza che, come di prassi vigila i lavori in zone ritenute sensibili dal punto di vista archeologico, si tratta di un percorso che collegava l’antica Castrimoenium (Marino) alle ville di Bovillae”, anche qui la notizia è senza fondamento poiché basterebbe già il buon senso a giudicare come prassi totalmente fuori luogo la rivelazione di interpretazioni archeologiche da parte della Soprintendenza a chicchessia, soprattutto è erroneo pensare che chi ha effettuato il sondaggio archeologico, possa comunicare dati certi prima di un’eventuale pubblicazione o prima di una presentazione di risultati. Nell’articolo poi viene citato l’autore di così “fantasiose” ipotesi: “Non sono dello stesso avviso i numerosi appassionati di archeologia del territorio, assai numerosi ai Castelli Romani. Tra di essi spicca la figura vivace e irruenta fino all’entusiasmo di Marco Bellitto da tempo impegnato alla scoperta di possibilità in campo archeologico fino ad oggi non contemplate dagli studi accademici”, il Deus Ex Machina di tutte le ipotesi dell’articolo è proprio Marco Bellitto, che ci conduce subito e con leggerezza attraverso uno degli argomenti più gonfiati degli ultimi anni, la mitica e così denominata “Via Francigena del Sud”, nome completo che esiste solo nei tour delle agenzie turistiche e nei siti delle associazioni che fanno scorrazzare pellegrini e viaggiatori a piedi dal sud a Roma e viceversa. Sia chiaro, qui non stiamo mettendo in dubbio la storicità di un movimento di fede, di flussi di pellegrini dall’età tardo-antica e per tutto il Medioevo soprattutto in direzione della Terrasanta, quello che rimane dubbio è un nome di battesimo forzato e pendente verso un discorso più commerciale e turistico che storico. E prosegue ancora con ipotesi a vanvera sulla Via Francigena: “ritiene di poter affermare che proprio il tratto di strada che sta venendo alla luce ora fosse il collegamento tra l’Appia Antica e la Via Francigena del Sud”, ulteriore mostruosità al pari delle “mura di Boville”, poiché se è vero che è esistito un itinerario di pellegrinaggio verso sud e verso la Terrasanta (detto oggi commercialmente “Via Francigena del Sud”) non poté esistere contemporaneo all’Appia (soprattutto nel nostro territorio), fu proprio l’Appia Antica l’asse preferenziale di cammino e di pellegrinaggio tra Roma e il Sud, almeno fino al XIII secolo, fino a quando pian piano un tracciato alternativo da Roma passante per Marino, diverrà definitivo nei secoli XVI e XVII con il nome di Strada Postale, con itinerario Roma-Marino-Velletri, e alternativo all’Appia Antica come direttrice verso Sud.
Si prosegue poi alzando il tiro delle sparate e delle inesattezze: “Ed è probabilmente a quest’ultimo filone che la convinzione dell’appassionato Bellitto va ad attaccarsi. In fondo – ci dice concludendo il discorso – i pellegrini dovevano pur passare e proprio sotto il pascolaro di Castel Gandolfo, qualche anno fa fu ritrovato il cadavere di un pellegrino con un gruzzolo di monete d’argento probabilmente diretto in Terrasanta e lì vicino ci sono i resti di una chiesetta dedicata a S. Arcangelo”, ma analizziamo i dati reali, nel 2008 durante alcuni lavori commissionati dal Comune di Marino per la posa di una conduttura fognaria in zona Monte Crescenzio, la Soprintendenza ha rinvenuto una serie di strutture di epoca romana, e al di sopra dello strato di abbandono di uno di tali ambienti è stata scoperta una sepoltura medievale di un uomo con un gruzzolo composto da 15 monete riconducibili al primo periodo feudale della Francia capetingia (X-XI sec.). La prima ipotesi è che questa sepoltura possa essere messa in relazione ad una chiesetta di S. Angelo (e non S.Arcangelo come citato nell’articolo) attestata dalle fonti ecclesiastiche fino al X secolo e che il possesso da parte della salma di monete francesi e la totale assenza di monete italiane ci conduce verso l’identità del viaggiatore proveniente dalla Francia, che con tutta probabilità si tratta di un pellegrino. Ma a differenza dell’ipotesi citata nell’articolo: “In fondo- ci dice concludendo il discorso – i pellegrini dovevano pur passare”, possiamo affermare che, se questo era un pellegrino diretto verso sud o verso la Terrasanta, sicuramente sapeva dove passare perché nel X-XI sec. (arco temporale nel quale è morto il pellegrino) era ancora attiva come direttrice di cammino e di pellegrinaggio verso sud la stessa Appia Antica, che correva a 700 metri dalla tomba del pellegrino.
L’analisi di questo articolo ci impone delle riflessioni. Il testo, così come è costruito, le notizie non verificate, le ipotesi a caso senza alcun fondamento scientifico, la facilità con la quale si incasellano eventi storici senza un criterio ci porta a due considerazioni: in primo luogo riteniamo che l’Archeologia come la Storia siano discipline rigorose, soprattutto nella metodologia di studio, nella comprensione delle fonti bibliografiche, archivistiche e materiali (stratigrafia archeologica, reperti, ecc.) e necessitino nel loro percorso di ricerca di una grande onestà intellettuale di fondo, perché entrambe perseguono il fine nobilissimo della ricostruzione della cultura materiale antica la prima, e dei fatti storici la seconda, in sostanza la nostra impronta nella Storia; in secondo luogo, comunicare dati e notizie non vere, riguardo la Storia e l’Archeologia del nostro territorio significa non amare il nostro territorio, così deturpato e così bisognoso di un racconto con le carte in regola. Tutto ciò, inoltre, lancia un pericoloso messaggio, soprattutto alle nuove generazioni, che si può dissertare su tutto, che si può dire e scrivere tutto e il contrario di tutto, senza studio, senza sacrificio, senza il tempo, e soprattutto senza il dubbio che è e rimane il senso e il motore di ogni onesta e trasparente attività di ricerca sia in campo umanistico sia scientifico.
Tutto il resto è vanità o interesse personale.
*Soprintendenza: si intende la Soprintendenza Archeologia del Lazio e dell’Etruria meridionale
Marino, 18/8/2016
Marco Cavacchioli
marco.cavacchioli@gmail.com
Non ci sono commenti, vuoi farlo tu?
Scrivi un commento