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Quasicristalli. L’Avventura di una scoperta

Quasicristalli. L’Avventura di una scoperta
Ottobre 28
16:34 2022

La recensione è già apparsa in Emmeciquadro N°82 di settembre

È noto che i raggruppamenti di particelle elementari che formano la materia (molecole, atomi, ioni) in alcuni casi si dispongono in perfetto ordine costituendo lo “stato solido ideale”, mentre in altri si dispongono in perfetto disordine costituendo lo “stato gassoso ideale”. Si parla di ordine per gli atomi, gli ioni o le molecole quando essi si dispongono statisticamente nei nodi di un reticolo tridimensionale, ottemperando a determinate regole matematiche di simmetria, le quali consentono la ripetizione periodica nelle tre dimensioni dello spazio di una cella elementare, la quale può essere definita come la più piccola porzione del reticolo stesso che ne conserva tutte le caratteristiche geometriche. In tali casi si parla di reticoli cristallini e un solido viene definito come “cristallo”, come accade nei metalli e in maniera macroscopicamente più evidente nei minerali, in cui l’ordine atomico si riflette sulle loro forme esterne regolari. Un caso intermedio fra il perfetto ordine del solido ideale e il perfetto disordine del gas ideale è quello dello stato liquido, che dal punto di vista della disposizione spaziale delle particelle elementari manifesta l’esistenza di embrioni di struttura cristallina, tanto da poter pensare un liquido costituito da isole cristalline immerse in un mare di molecole in moto caotico, costituenti un gas reale ad elevata densità. Per lungo tempo si è creduto che la disposizione degli atomi (o degli ioni o delle molecole) nei solidi “reali”, pur con alcune imperfezioni (dislocazioni), potesse seguire soltanto il modello ideale del reticolo cristallino periodico. Invece, straordinarie scoperte hanno recentemente costretto a “ridefinire” lo stato solido. Nel 1982 Daniel Schechtman, solidificando una lega metallica di alluminio-manganese (Al80Mn20), è riuscito a produrre in laboratorio il primo materiale solido in cui gli atomi si dispongono ai vertici di un reticolo “quasi periodico” e che quindi è stato chiamato “quasicristallo”. Dopo di esso molti altri quasicristalli artificiali sono stati realizzati in laboratorio, ma non si pensava che potessero esistere in natura. Nel 2009, invece, Luca Bindi, allora docente del Dipartimento di Scienze della Terra all’Università di Firenze e ricercatore del CNR, assieme al fisico statunitense Paul J. Steinhardt, ha scoperto il primo quasicristallo naturale (icosaedrite Al63Cu24Fe13) in un campione di roccia raccolto sui monti Koryak in Russia. Esso è risultato di origine extraterrestre, essendo parte di un meteorite che ha impattato la Terra circa 15000 anni fa e formatosi 4,57 miliardi di anni fa. La medesima struttura geometrica di reticolo quasiperiodico si trova anche nelle tassellature scoperte dal fisico, matematico e cosmologo Roger Penrose e da Robert Ammann nel 1974, che consentono di riempire un piano in maniera quasi periodica con particolari figure geometriche. Inoltre, nel febbraio 2007 Peter J. Lu, dottorando in fisica all’Università di Harvard, e Paul J. Steinhardt hanno dimostrato che i celebri mosaici geometrici islamici, detti  girih, dal XV secolo in poi erano ottenuti riproducendo su tutta la superficie da decorare una macrotessera formata da cinque tessere elementari, secondo una struttura molto simile alla celebre tassellatura di Penrose. Dunque, le strutture quasi periodiche che si ritrovano nei quasicristalli, nelle tassellature di Penrose e nei mosaici islamici costituiscono un esempio straordinario di intreccio tra natura, scienza e arte.

Il libro di Luca Bindi Quasicristalli. L’avventura di una scoperta ci fa ripercorrere le diverse fasi della scoperta del primo quasicristallo naturale, spiegando a un pubblico non specialista cosa sono i quasicristalli e perché sono così importanti dal punto di vista teorico e pratico. Il libro è certamente un magnifico esempio di divulgazione scientifica, che conferma le eccezionali doti di divulgatore scientifico del suo Autore, che già in varie occasioni ho avuto il piacere di apprezzare. Però, il pregio maggiore del libro credo debba cercarsi altrove. È fuori discussione la capacità di Luca Bindi di presentare in maniera semplice e comprensibile anche a un pubblico generico concetti e risultati scientifici tutt’altro che banali e semplici, come quelli relativi ai quasicristalli. Tuttavia, si può sempre trovare un bravo divulgatore che, in caso di necessità, possa sostituirlo. Laddove, invece, Luca Bindi è assolutamente insostituibile è indicato nel sottotitolo del libro: l’avventura di una scoperta. Il libro, infatti, non spiega soltanto in modo semplice e  chiaro cosa sono i quasicristalli, ma contiene il racconto dettagliato del cammino avventuroso e travagliato che ha portato alla scoperta del primo quasicristallo naturale, che soltanto Luca Bindi poteva rivelare, essendone stato il principale protagonista. Questo racconto è prezioso, perché costituisce un raro esempio di cosa significhi fare scienza. L’approccio usuale alla scienza avviene attraverso testi divulgativi o specialistici, che hanno tutti in comune, sia pure a diversi livelli di approfondimento, la caratteristica di presentare i risultati scientifici nella loro fredda sistemazione razionale, offrendo l’immagine della scienza nel suo punto di arrivo di oggi che – è bene ricordarlo –  è sempre temporaneo e mai definitivo. Essi ignorano, invece, tutto ciò che ha consentito di arrivare a un certo risultato scientifico, cioè ignorano l’iter della ricerca scientifica, nascondono la scienza nel suo farsi, ovvero non dicono nulla su cosa significhi fare scienza, nel senso così bene espresso dal filosofo spagnolo José Ortega y Gasset.

Il racconto di Luca Bindi ha il sapore di un intreccio romanzesco, ma in realtà fa capire al grosso pubblico quanto il cammino della ricerca scientifica sia avventuroso e irto di difficoltà, di momenti di grande sconforto alternati a momenti di grande entusiasmo. Questo pregio non è da poco, perché ha una duplice valenza: far comprendere appieno il valore di un risultato scientifico attraverso l’aspetto storicistico, come giustamente poneva in evidenza Federigo Enriques, e presentare la ricerca scientifica veramente come frutto dell’attività dell’uomo, con le stesse caratteristiche di un’opera artistica o umanistica, rivelando quindi quel volto umano della scienza che, come diceva il grande Bruno de Finetti, è quasi sempre ignorato per un incomprensibile «falso pudore».

Luca Nicotra – Direttore responsabile di «ArteScienza», del «Bollettino di Filosofia delle Scienze Umane» e del «Periodico di Matematica». Ingegnere e giornalista scientifico. Presidente dell’Associazione culturale “Arte e Scienza”, accademico onorario della “Nuova Accademia Piceno Aprutina dei Velati” e dell’”Accademia di Filosofia delle Scienze Umane”; luca.nicotra1949@gmail

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